SIMONE CAMALDOLESE
– Miniatore di origine senese attivo nell’ultimo quarto del XIV secolo. Le date di nascita e di morte sono sconosciute, e non possediamo informazioni biografiche al suo riguardo. La sua attività, svoltasi prevalentemente a Firenze e in Toscana, può essere ricostruita in base alle opere firmate, datate o documentate.
Tale ricostruzione prese avvio nel 1846, quando i curatori dell’edizione Le Monnier delle Vite di Vasari (nelle note di commento alla Vita di Lorenzo Monaco) diedero notizia della miniatura firmata, raffigurante la Natività, in un corale della chiesa francescana di Santa Croce a Firenze: «Opus fecit dominus Simon ordinis Camaldulensis» (Firenze, Archivio dell’Opera di Santa Croce, Antifonario B, c. 5v). L’identificazione con il camaldolese «Don Simone Stephani» documentato a Firenze dal 1386 al 1437, proposta da Gaetano Milanesi nella successiva edizione vasariana (1878), va respinta (Labriola, 2012, pp. 77 s.).
Paolo D’Ancona (1914) segnalò la presenza di un’ulteriore firma di don Simone Camaldolese nel colophon di un antifonario vallombrosano della chiesa fiorentina di S. Pancrazio, datato 1381. Il colophon reca l’unica testimonianza nota relativa all’origine senese del miniatore: «domnus Simon de Senis monachus ordinis Camaldulensis» (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Corali 39, c. 235v). Il volume fa parte di una serie di quattro antifonari miniati da don Simone per la chiesa di S. Pancrazio (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Corali 37, 38, 39, 40). La carriera dell’artista ha assunto contorni più definiti grazie alle precisazioni documentarie di Mirella Levi D’Ancona (1962). Don Simone è documentato per la prima volta tra il dicembre 1379 e il febbraio 1380, impegnato nella copiatura di libri per la chiesa dell’ospedale di S. Maria Nuova a Firenze, un’impresa perduta o non identificata.
A un’eventuale fase senese dell’artista, precedente il soggiorno fiorentino, sono stati collegati due codici conservati nell’Archivio di Stato di Siena (Freuler, 2002, pp. 177, 333): Mercanzia 3 (Statuto della Mercanzia, redatto nel 1358) e Campaio 2 (Statuti del Campaio, redatti a partire dal 1361). Quest’ultimo codice era già stato attribuito a don Simone da Miklós Boskovits (1972, pp. 40 s.), con una datazione più tarda, nel 1385-90. Boskovits riconosceva prova dell’attività iniziale del miniatore, prima del 1380, in un graduale del Victoria & Albert Museum di Londra (MSL/1868/5836), destinato a una comunità femminile camaldolese (Watson, 2011). La ricostruzione di questa prima fase nella carriera dell’artista non ha trovato unanimità di consensi (Kanter, 1994). È tuttavia indubbio che, sin dalla prima impresa datata (antifonari di S. Pancrazio a Firenze, 1381), lo stile del miniatore rivela aspetti ornamentali e cromatici di ascendenza senese. La sua formazione dovette svolgersi a Siena in contatto con botteghe di pittori-miniatori quali Niccolò di ser Sozzo e, soprattutto, Lippo Vanni.
Nelle imprese fiorentine del nono decennio del XIV secolo don Simone elaborò immagini equilibrate e semplificate, scevre da preziosità figurative: una cifra stilistica che determinò il suo successo nel dominante contesto artistico neogiottesco. Diversamente dai suoi confratelli artisti don Silvestro dei Gherarducci e Lorenzo Monaco, il suo nome non compare nel registro dei monaci residenti nel principale monastero camaldolese di Firenze, S. Maria degli Angeli, sede di un importante scriptorium. Non sappiamo se egli svolse la sua attività appoggiandosi a uno scriptorium monastico o nell’ambito di una bottega indipendente, al di fuori delle mura claustrali. Del resto, la committenza camaldolese non fu prevalente nella sua attività: l’intervento di don Simone nella monumentale serie di corali per S. Maria degli Angeli è circoscritto alla decorazione di un unico antifonario (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Corali 16) (Kanter 1994).
Fu maggiore l’impegno per i frati francescani di Santa Croce. Oltre al firmato Antifonario B, altri tre corali miniati rivelano la sua mano (Firenze, Archivio dell’Opera di Santa Croce, Antifonari A e D, Graduale P) (Labriola, 1999). È invece ignota la provenienza della miniatura ritagliata da un graduale, con la Resurrezione e le tre Marie al sepolcro, datata 1388 e siglata «D.S.O.K.» («Don Simon Ordinis Kamaldulensis»), in collezione privata a Milano (Freuler, 2013).
La bottega di don Simone fu impegnata anche nella decorazione di codici di contenuto profano, destinati a personaggi di primo piano nella vita politica e culturale di Firenze. Coluccio Salutati commissionò le Genealogie deorum gentilium di Boccaccio (Chicago, The Joseph Regenstein University Library, ms. 100), l’unico libro noto recante lo stemma del cancelliere fiorentino; Lorenzo Strozzi possedeva il codice con il Canzoniere di Petrarca e le Rime di Dante (Manchester, The John Rylands University Library, Italian ms. 1); a suo cognato Palla Strozzi appartennero le Tragedie di Seneca (Padova, Biblioteca del seminario vescovile, ms. 5). Un membro della famiglia fiorentina dei Bini commissionò la Divina Commedia di New Haven (Yale University, Beinecke Rare Book and Manuscript Library, ms. 428); mentre lo stemma dei romani Orsini suggella una Divina Commedia della Biblioteca apostolica Vaticana (Vat. lat. 4776) (Boehm, 1994; Labriola, 2012).
Nel 1388-89 sono documentate due importanti imprese fiorentine: gli antifonari della chiesa di S. Maria del Carmine (Firenze, Museo di S. Marco, invv. 571, 572, 575, 577, 578, 579) e i corali della basilica di S. Miniato al Monte (Levi D’Ancona, 1962). La serie olivetana di S. Miniato è in gran parte smembrata e dispersa (Kanter, 1994, pp. 210-219; Zolotova, 2010). L’intervento di don Simone va riconosciuto in un antifonario tuttora conservato nel monastero fiorentino, da cui è stata asportata la prima pagina con l’Annunciazione (New York, The Brooklyn Museum, X 1015), e nel Graduale inv. 596 del Museo di S. Marco a Firenze, da cui proviene la miniatura ritagliata con S. Lorenzo nel Metropolitan Museum di New York (lascito di A.M. Minturn, 1890; 90.61.2). Per S. Miniato don Simone miniò anche un messale. Il codice, sinora ritenuto disperso, potrebbe essere identificato con il Messale G.III.3 della Biblioteca comunale degli Intronati a Siena (Freuler, 2002, p. 333; Labriola, in corso di stampa).
Dopo il 1389 don Simone non risulta più documentato a Firenze. Nell’ultimo decennio del secolo la sua attività sembra essersi svolta soprattutto tra Bologna e Mantova. Per la chiesa olivetana di S. Michele in Bosco a Bologna miniò due graduali databili poco dopo il 1390 (Bologna, Museo civico medievale, codd. 541, 542) (Labriola, 2006).
Particolarmente consistente fu l’impegno di don Simone al servizio di Francesco I Gonzaga signore di Mantova, come rivela la presenza delle insegne araldiche di quest’ultimo in un gruppo di codici profani miniato dal camaldolese. Lo stemma Gonzaga inquartato con la vipera viscontea (un privilegio di cui Francesco Gonzaga si fregiò tra il 1389 e il 1394) compare nell’Histoire ancienne jusqu’à César, cronaca universale francese miniata in collaborazione con un artista di origine lombarda. Nel margine inferiore del frontespizio un’iscrizione frammentaria reca forse traccia della sua firma «Don Simon» (Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Fr.Z.2 [=223]) (Freuler, 2008). Miniatori di formazione lombarda affiancarono don Simone nell’illustrazione di altri due codici Gonzaga: il volgarizzamento della Prima Deca di Tito Livio e il Polistorio composto dal benedettino Niccolò da Ferrara, con dedica allo stesso signore di Mantova (Torino, Biblioteca nazionale universitaria, N.I.6, N.I.11). Quest’ultimo codice, contenente i primi due libri del Polistorio, conserva la firma del copista Antonio da Modena e la data 1396. Il terzo libro del Polistorio Gonzaga, miniato unicamente da don Simone, si conserva a Cambridge, MA (Harvard University, Houghton Library, Typ 329) (Labriola, 2016).
L’ultimo codice datato di don Simone (1398), miniato insieme a un collaboratore, è la Divina Commedia Tempi 1 (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana), di cui si ipotizza la provenienza dalla chiesa domenicana di S. Maria Novella a Firenze (Dillon Bussi, 1999). Ề tuttavia possibile che anch’esso abbia avuto un’origine settentrionale: una nota manoscritta sul foglio di guardia posteriore ne attesta la presenza a Venezia nel 1441. Don Simone fece probabilmente ritorno in Toscana negli anni intorno al 1400, epoca in cui vanno collocati i corali miniati per chiese delle antiche diocesi di Pistoia e di Lucca: S. Giovanni Fuorcivitas a Pistoia, S. Maria delle Carceri a Prato, i Ss. Stefano e Giovanni a Montopoli, S. Lorenzo a Santa Croce sull’Arno, S. Giovanni Evangelista a Santa Maria a Monte (Diara, 2005). In queste opere don Simone elaborò composizioni più articolate e naturalistiche, ma sempre improntate a ordine e classicità narrativa: un’eredità raccolta intorno al 1425 da Beato Angelico ai suoi esordi di miniatore.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architetti (1568), a cura di una Società di amatori delle arti belle (C. e G. Milanesi - C. Pini - V. Marchese), II, Firenze 1846, p. 213 nota 1; Id., Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori ed architettori (1568), a cura di G. Milanesi, II, Firenze 1878, p. 22 note 1-2; P. D’Ancona, Don S. C. miniatore fiorentino della fine del secolo XIV, in La bibliofilia, XVI (1914), pp. 1-4; M. Salmi, La miniatura fiorentina gotica, Roma 1954, pp. 19-22, 43 s.; M. Levi D’Ancona, Miniatura e miniatori a Firenze dal XIV al XVI secolo, Firenze 1962, pp. 239 s.; M. Boskovits, Su Don Silvestro, Don Simone e la ‘Scuola degli Angeli’, in Paragone, XXIII (1972), 265, pp. 35-61; Id., Pittura fiorentina alla vigilia del Rinascimento, Firenze 1975, pp. 426-430; D.G. Firmani, Don S. C. and manuscript production in late Trecento Florence: a codicological examination, Ph.D. dissertation, University of Maryland, College Park, 1984; B.D. Boehm, in Painting and illumination in early Renaissance Florence, 1350-1400 (catal.), a cura di L.B. Kanter et al., New York 1994, pp. 198-201; L.B. Kanter, Don S. C., ibid., pp. 187-197, 201-219; A. Dillon Bussi, Dante Alighieri (1265-1321), Commedia, in Rara Volumina, VI (1999), 1, pp. 90-92; A. Labriola, Per Don Simone, miniatore camaldolese, in Arte cristiana, LXXXVII (1999), pp. 189-202; G. Freuler, La miniatura senese degli anni 1370-1420, in La miniatura senese, 1270-1420, a cura di C. De Benedictis, Milano 2002, pp. 177-207; Id., ibid., pp. 333-353; A. Labriola, S. C., don, in Dizionario biografico dei miniatori italiani. Secoli IX-XVI, a cura di M. Bollati, Milano 2004, pp. 940-942; V. Diara, Il corale miniato di Santa Maria a Monte, Pontedera 2005; A. Labriola, in Lorenzo Monaco. Dalla tradizione giottesca al Rinascimento (catal.), a cura di A. Tartuferi - D. Parenti, Firenze 2006, pp. 252-254; G. Freuler, in L’eredità di Giotto. Arte a Firenze, 1340-1375 (catal.), a cura di A. Tartuferi, Firenze 2008, pp. 236-239; E. Zolotova, Western European book miniatures of the 12th-17th centuries. Catalogue of illuminated manuscripts in Moscow libraries, museums and private collections, Moscow 2010, pp. 101-103, 373; R. Watson, Victoria and Albert Museum. Western illuminated manuscripts: a catalogue of works in the National Art Library from the Eleventh to the early Twentieth century, I, London 2011, pp. 154-159; A. Labriola, I libri miniati fra Trecento e Quattrocento: innovazioni nella continuità, in Bagliori dorati. Il Gotico Internazionale a Firenze, 1375-1440 (catal.), a cura di A. Natali - E. Neri Lusanna - A. Tartuferi, Firenze 2012, pp. 70-81; Ead., ibid., pp. 250-255; G. Freuler, Italian miniatures from the Twelfth to the Sixteenth centuries, II, Cinisello Balsamo 2013, pp. 584-589; A. Labriola, in Beyond words: illuminated manuscripts in Boston collections (catal.), a cura di J.F. Hamburger et. al., Boston 2016, pp. 242 s.; Ead., Niccolò da Ferrara’s Polistorio (Houghton Library, MS Typ 329): new proposals on don Simone Camaldolese and mantuan artistic culture on the Eve of the Renaissance, in Beyond words: illuminated manuscripts in Boston collections. Atti del convegno internazionale… Boston... 2016, a cura di L. Fagin David et al., Toronto, in corso di stampa.