BOSSI, Simone
Figlio di Fabrizio, se ne ignora la data di nascita. Fu avviato dal padre al normale corso degli studi giuridici e ammesso nel 1564 al collegio dei dottori di Milano. Dopo aver ricoperto cariche minori nell'amministrazione cittadina, venne nominato, il 12 ag. 1574, avvocato del regio fisco ed elevato quindi, da Filippo II, il 29 nov. 1582, alla dignità di senatore. Ebbe accesso successivamente alle supreme magistrature pubbliche dello Stato di Milano: eletto il 29 genn. 1593 a presidente del Magistrato delle rendite straordinarie, chiamato quindi a far parte del Consiglio segreto, cumulò qualche anno dopo anche l'ufficio di presidente del Magistrato delle rendite ordinarie e dello stesso Senato di Milano.
Tra i più rappresentativi "signori della legge" dell'aristocrazia locale, uomo rotto nel maneggio degli affari correnti, il B. portò nella sua attività amministrativa il segno di un magistero più attento alle questioni formali di competenza, di regolamentazione gerarchica fra le varie dignità e i diversi settori dell'apparato burocratico, ormai emarginato d'altra parte dalle decisioni di maggiore responsabilità civile e politica (tipica, in questo senso, la sua memoria manoscritta dal titolo Consilium in causa praecedentiae Praesidum et Senatorum Mediolani), che avvertito e sensibile ai reali problemi di gestione della vita cittadina. Modesto cultore di retorica e di belle lettere, membro dell'Accademia pavese degli Affidati, egli volle cimentarsi anche come scrittore in orazioni di circostanza di carattere celebrativo. La più nota, il componimento steso in latino nel 1598 in lode di Margherita d'Austria, venne raccolta fra le Orazioni e Poemi dell'Accademia Affidata per la Venuta,e Nozze,di Margarita d'Austria con Filippo di Spagna, stampate a Pavia nel 1599. Più interessanti, almeno sotto il profilo storico-amministrativo, le sue allegazioni in materia legale e di procedura giuridica.
Il B. morì nel 1605 e venne sepolto nella chiesa di S. Paolo di Porta Lodovica.
Dei figli avuti da Angela Calvi, va ricordato - oltre a Fabrizio e Girolamo Benedetto (1584-1631), legato pontificio nel 1615 e governatore nel 1624 di Città di Castello, poi di Montalto - Giovanni Ambrogio (1578-1644), cavaliere dell'Ordine di Malta, protagonista di uno degli episodi di violenza che - pur assurti allora quasi a consuetudine fra la giovane nobiltà lombarda - misero tuttavia a rumore nel primo Seicento, per la natura del fatto e la stessa rilevanza del personaggio, gli ambienti responsabili dell'aristocrazia milanese. "Il giovane cavaliere - scrive il Visconti - non solo consumò su di una giovane di Lonate Pozzolo il delitto, che don Rodrigo aveva solamente tentato; ma deve aver usato sulle autorità locali una tale coercizione, che queste - terrorizzate - non osavano parlare. Di modo che il senato venne a cognizione del delitto nel 1609 ossia quattro anni dopo che il crimine era stato commesso. E non basta: poiché non solo vi fu ratto di donna honesta, ma violazione di un monastero, e quindi di luogo immune, con l'aggravante che era un luogo sacro [...]. Il senato milanese - con buona pace dei suoi detrattori - quando venne a conoscenza del misfatto, entrò in grandissimo furore; e l'esser stato il giovine cavaliere, Giovanni Ambrogio, figlio di un presidente del senato non fu motivo per chiuder entrambi gli occhi. Al contrario - informandone il governatore - proponeva che fosse immediatamente - illico - allontanato dallo stato "et Melitam se conferat ad navandam operam militiae cui est adscriptus"".
Fonti eBibl.: Archivo General de Simancas, Estado, leg. 1901; F. Argelati, Bibl. script. Mediolanensium, Mediolani 1745, I, col. 219; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, pp. 1866 s.; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese... di Milano, I, Milano 1889, p. 385; A. Visconti, Doc. relativi all'Ordine di Malta nell'Arch. di Stato di Milano, in Arch. stor. lombardo, n.s., IV (1939), 1-2, pp. 200 s.; G. Vismara, Le istituzioni del patriziato, in Storia di Milano, XI, Milano 1958, p. 280; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s. v. Bossi, tav. II.