AITELLI, Simone
Sacerdote corso originario di San Lorenzo, pievano di Borgo, fu tra i capi della rivolta filofrancese del 1729, insieme con L. Giafferi, A. Colonna, A. Ceccaldi e S. Raffaelli. Dal congresso tenuto dai capi ribelli in Corte, nel gennaio-febbraio 173 I, l'A. fu designato quale emissario del popolo corso per trattare con la Repubblica genovese.
Soltanto nel maggio successivo l'A. riusci ad avere un abboccamento con i due commissari generali della Repubblica, accompagnato dal canonico Ilario di Vico (28 maggio 1731). Tuttavia nei colloqui non poterono essere sollevate questioni di fondo, tra cui la discussione dei ventinove capitoli di rivendicazioni compilate dai capi ribelli, mancando i commissari G.B. Grimaldi e C. Defornari di autorizzazione e di direttive da Genova. La missione si risolse cosi in una proroga della tregua d'armi.Riprese le operazioni di guerra con l'intervento delle truppe imperiali, il 25 apr. 1732 il principe Luigi di Württemberg richiamò all'obbedienza l'A. e gli altri capi della rivolta promettendo perdono e garanzia. Dapprima restii ad obbedire, essi vennero infine condotti sotto scorta militare a Corte il 9 maggio. Nella cittadina furono posti in arresto, dopo aver fatto atto di sottomissione innanzi al commissario generale della Repubblica, P.B. Rivarola. In seguito venne loro concessa la libertà di girare entro le mura di Corte, ma l'ordine fu poi revocato.
L'atto di sottomissione iniziale, la successiva libertà concessa all'A, e agli altri capi ribelli, infine il nuovo loro arresto sono stati travisati da molti storici della ribellione, primo fra tutti il Cambiagi, che nella sua Istoria ha parlato di un inesistente congresso tra i ribelli e i comandanti militari e civili genovesi e imperiali, che si sarebbe tenuto in Corte, conclusosi con la firma della pace l'ìi maggio 1732, e di una fraudolenta rottura delle garanzie accordate all'A, e ai suoi compagni, improvvisamente arrestati per ordine della Repubblica il 3 giugno seguente. Tale versione, ripresa da più autori, è stata smentita dall'Oreste, sulla scorta di numerosi documenti.
Tradotti a Genova in stato di cattività il 4 luglio, i ribelli vennero confinati a Savona, mentre il governatore di Milano, conte di Daun, e la corte di Vienna ne reclamavano la consegna perché venissero custoditi in una fortezza della Germania. Si aprì così un conflitto tra i due governi, nel quale venne posta in discussione anche l'interpretazione stessa del perdono concesso dal principe di Wùrttemberg, inteso da questo nel suo più ampio significato, ristretto dalla Repubblica alla sola grazia della vita. La sorte dei quattro capi venne risolta con un atto di amnistia della Repubblica, che li liberò insieme con gli ostaggi nel 1733, contemporaneamente alla pubblicazione delle concessioni concordate con l'Impero per la pacificazione dell'isola. Ai capi corsi venne però chiesto un atto di sottomissione, che l'A. e il Giafferi accettarono subito di firmare, venendo posti in libertà il 19 aprile, mentre il Ceccaldi e il Raffaelli, pur essendosi rifiutati di aderire alla richiesta di Genova, vennero ugualmente lasciati liberi poco tempo dopo.
L'A. fu il primo a lasciare il territorio della Repubblica, giungendo travestito a Livorno il 15 maggio e prendendo subito contatto con i fuorusciti corsi, che nella città toscana godevano della protezione granducale. Nel settembre dello stesso anno, tutti i capi della ribellione del 1729 erano di nuovo riuniti insieme a Livorno, e in contatto con il movimento antigenovese isolano, a capo del quale figurava ora, tra gli altri, anche il fratello dell'A., Ignazio. A Livorno, o forse a Firenze, l'A. conobbe, con gli altri capi corsi, il barone Teodoro di Neuhoff, interessandolo sin da allora alle vicende della Corsica.
Allo scoppio della nuova insurrezione dell'estate del 1733, diretta da G.G. Ambrosi, l'A. fu il primo a sbarcare clandestinamente nell'isola, seguito dopo pochi giorni dal Giafferi. Durante la nuova rivolta, egli ricoprì la carica di auditore generale e di direttore del Magistrato di guerra, di cui fu il promotore e l'animatore costante.
La sua condotta durante questo periodo insurrezionale fu certamente di maggior rilievo che non nella precedente sollevazione del 1729; anzi l'abate Rostini nelle sue Memorie lo accusò di aver tentato di estromettere dal comando Giacinto Paoli e il Giafferi, "e così divenire lui medesimo l'arbitro supremo" (Bulletin..., I, p. 361).
Sbarcato il Neuhoff in Corsica, nei sette mesi del suo effimero regno (marzo-novembre 1736) l'A. si mantenne in disparte, capeggiando con il Raffaelli il partito degli "indifferenti", equidistante dalle posizioni "realiste" come da quelle dei partigiani di Genova, ottenendo in questa sua politica l'appoggio del Paoli.
Il Rostini è a questo proposito assai esplicito nelle sue accuse all'A., il cui atteggiamento sarebbe stato causa non ultima dell'incertezza nella stessa difesa dell'isola.
I rapporti dell'A, con il Neuhoff, sempre stando alla narrazione del Rostini, non dovettero mai essere cordiali, sin dal primo loro colloquio. Un preciso colore politico dà, quindi, il Rostini al partito degli "indifferenti" capeggiato dall'A. durante il regno di Neuhoff, così come all'adesione ad esso di G. Paoli, testimoniando al tempo stesso di una rottura nei rapporti dell'A. con i suoi antichi compagni di insurrezione, in particolare col Giafferi, il quale, al contrario, credette nel barone-avventuriero, fornendogli tutto il suo appoggio.
Bibl.: G. Cambiagi, Istoria del Regno di Corsica, III, s.l. [ma Firenze] 1771, pp. 52, 60; C. Rostini, Mémoires, in Bulletin de la Soc. des sciences historiques et naturelles de la Corse, I (1881), pp. 161-163, 221, 267-269, 335, 359-361; II (1882), pp. 78, 84, 86; G. Guelfucci, Memorie per servire alla storia delle Rivoluzioni di Corsica dal 1729 al 1764, ibid., II (1882), pp. 22, 31-32; R. Colonna de Cesari Rocca et L. Villat, Histoire de Corse, Paris 1927, p. 166; Figures du Passé, Le Chanoine A., in Le Petii Bastiais, Bastia 7 giugno 1936 (art. siglato P. B.); M. Monterisi, Storia di Corsica, Milano 1939, pp. 88-89; G. Oreste, La prima insurrezione corsa del sec. XVIII, in Arch. stor. di Corsica, XVI (1940), pp. 249, 419, 429-430; XVII (1941), pp. 175 ss., 179, 181, 204; R. Rispoli, La seconda insurrezione corsa del sec. XVIII, ibid., XVII (1941), pp. 292, 304 ss., 320, 439.