SIMMETRIA
(XXXI, p. 804; App. III, II, p. 745; IV, III, p. 331)
Fisica. - Simmetrie e supersimmetrie. - Una s. è una trasformazione, sulle variabili dinamiche che descrivono un sistema fisico, che connette due situazioni dinamicamente realizzabili. Un esempio tipico di s. viene dalla dinamica classica di un punto materiale soggetto a un potenziale che dipende solamente dalla distanza del punto dall'origine. Questo sistema dinamico è invariante rispetto a rotazioni con centro nell'origine. In effetti, applicando una rotazione a una soluzione delle equazioni del moto, otterremo un'altra soluzione. La presenza di una s. ha come conseguenza l'esistenza di leggi di conservazione (teorema di E. Noether). Nell'esempio delle rotazioni, la quantità conservata è il momento angolare rispetto al centro di simmetria.
Le trasformazioni di s. sono associate in maniera naturale a un gruppo. Infatti la sequenza di due trasformazioni di s. è ancora una trasformazione di simmetria. La trasformazione identica (quella che lascia invariate le variabili dinamiche) è, ovviamente, una trasformazione di simmetria. È inoltre sempre possibile definire una trasformazione inversa a una data. A seconda che il gruppo associato alle trasformazioni di s. sia continuo o discreto, potremo dividere le s. in due classi generali: a) s. continue; b) s. discrete.
Queste definizioni hanno un carattere estremamente generale e si applicano a sistemi classici e quantistici, con un numero finito o infinito di gradi di libertà. Nel seguito, avendo in mente applicazioni alla fisica delle particelle elementari, ci riferiremo principalmente alle cosiddette teorie di campo locale, e cioè sistemi dinamici quantistici non dissipativi che, nel limite classico, in cui la costante di Planck ℏ possa essere posta eguale a zero, siano descritti da campi, da funzioni, cioè, sullo spazio-tempo. Il prototipo di tali teorie è l'elettrodinamica, e cioè la teoria del campo elettromagnetico in interazione con la materia.
Simmetrie continue. - Una s. continua è caratterizzata da trasformazioni sulle variabili dinamiche del sistema che dipendono da parametri che assumono valori continui. Nel caso menzionato in precedenza, della s. sotto rotazioni, i parametri continui sono gli angoli che identificano la rotazione (per es. gli angoli di Eulero).
L'invarianza sotto s. continue implica, in una teoria di campo, l'esistenza di una quadri-corrente conservata in corrispondenza a ogni trasformazione infinitesima indipendente (teorema di Noether):
dove N è la dimensione del gruppo di simmetria. Per quanto concerne le notazioni adotteremo nel seguito le seguenti convenzioni: a) somma sottintesa su indici alti e bassi ripetuti; b) gli indici greci μ, ν,... assumono i valori 0, 1, 2, 3; c) gli indici latini i, j, k,... assumono i valori 1, 2, 3; d) le lettere a, b, c,... denotano indici di s. interna.
A ogni quadri-corrente conservata si può associare una carica conservata, Qa, nel senso che le quantità:
sono indipendenti dal tempo durante l'evoluzione fisica del sistema:
Nella teoria quantistica le Qa sono operatori che ''rappresentano'', nel senso della teoria delle rappresentazioni, l'azione delle trasformazioni infinitesime (la cosiddetta algebra) del gruppo di s. sullo spazio degli stati della teoria. Si può infatti mostrare che le cariche Qa obbediscono relazioni di commutazione del tipo:
dove le fabc sono le costanti di struttura dell'algebra del gruppo di s., totalmente antisimmetriche sotto le permutazioni di a, b e c.
Le s. continue sotto cui tutte le interazioni fondamentali sono invarianti, sono quelle relative alle trasformazioni di H. Poincaré proprie e quelle che implicano la conservazione delle seguenti quantità: a) carica elettrica, b) numero barionico, c) numeri leptonici relativi alle tre famiglie di leptoni osservate.
Le trasformazioni di Poincaré proprie sono trasformazioni di coordinate spazio-temporali
e rappresentano combinazioni di trasformazioni di H.A. Lorentz (Λμn) e traslazioni dell'origine degli assi spazio-temporali (aμ). La qualifica ''proprio'' restringe le trasformazioni di tipo [5] a quelle connesse con l'identità, quelle trasformazioni, cioè, che possono essere ottenute mediante una successione di trasformazioni infinitesime.
Ricordiamo che per rappresentare una trasformazione di Lorentz, i coefficienti Λμn devono essere tali da conservare in forma, e valore, il prodotto quadridimensionale di due quadrivettori arbitrari:
dove si è denotato con gμν il tensore metrico le cui componenti, in tutti i sistemi di riferimento inerziali, di pertinenza alla relatività ristretta, sono:
Si noti che le rotazioni spaziali sono casi particolari di trasformazioni di Lorentz.
Il teorema di Noether applicato al gruppo di Poincaré proprio, che d'ora in poi indicheremo con ℘, implica, tra l'altro, la conservazione del quadri-impulso e del momento angolare.
I gruppi di s. continui relativi alle quantità conservate a), b) e c), sono quelli relativi alle trasformazioni di fase dei campi che portano carica elettrica, numero barionico e numero leptonico.
Realizzazione delle simmetrie. - Lo spazio di Fock degli stati di una teoria che descrive sistemi a molte particelle, contiene un unico stato fondamentale, lo stato di vuoto, usualmente denotato con ∣0
dove ∣p,r∣ denota un insieme di autostati del quadri-impulso con il medesimo autovalore pμ:
e l'indice r distingue autostati degeneri del quadri-impulso. I coefficienti crs realizzano una rappresentazione dell'algebra di simmetria.
Il concetto di s. è utile e interessante anche quando questa sia solo approssimata, nel senso che verrà ora precisato. In situazioni in cui determinate interazioni hanno effetto trascurabile, è possibile, nello spirito della teoria delle perturbazioni, considerare un mondo ideale in cui queste interazioni vengono spente. In tale approssimazione potremo avere s. continue non presenti nel mondo reale. È questo che s'intende quando si parla di s. approssimata.
Per descrivere più concretamente alcune di queste situazioni, ricordiamo brevemente quali siano i tipi di interazioni attualmente osservati nel nostro Universo: interazioni gravitazionali≈10−40; interazioni deboli≈10−5; interazioni elettromagnetiche≈10−2; interazioni forti≈1, essendo state indicate, come ordine di grandezza, le intensità relative di tali interazioni, alle energie attualmente raggiungibili in laboratorio.
Le interazioni gravitazionali saranno ignorate nel seguito poiché, oltre a essere completamente trascurabili alle energie attualmente accessibili alla sperimentazione terrestre della fisica delle particelle elementari, la loro descrizione quantistica è, a tutt'oggi, ancora un problema insoluto.
Le particelle subatomiche si dividono in tre classi: a) mediatori di interazioni, e cioè particelle che servono a trasmettere le forze quali p. es. i fotoni, i bosoni intermedi delle interazioni deboli e i gravitoni, di cui s'ipotizza l'esistenza; b) adroni, cioè particelle che partecipano alle interazioni forti; c) leptoni, tutte le altre. Le cosiddette interazioni forti sono le interazioni invarianti sotto l'azione del maggior numero di simmetrie. Un famoso esempio di s. delle interazioni forti, noto fin dai primi sviluppi della fisica nucleare, è la cosiddetta s. di isospin. Il protone (p) e il neutrone (n) sono particelle con proprietà fisiche apparentemente molto differenti: il protone è una particella stabile, mentre il neutrone decade, con una vita media dell'ordine del quarto d'ora, secondo il seguente schema:
n→p+e−+·νε [13]
dove si è denotato con e− l'elettrone e con ·νe l'antineutrino di tipo elettronico.
In situazioni in cui le interazioni elettromagnetiche e deboli siano trascurabili (quando, per es., osserviamo protone e neutrone su scale di tempi molto corte, di modo che l'instabilità del neutrone sia irrilevante), è possibile considerare un mondo non perturbato dalle interazioni elettromagnetiche e deboli, in cui si trascura la differenza di massa tra il protone e il neutrone. Questa degenerazione approssimata deriva, in effetti, da un'invarianza della dinamica delle interazioni forti (violata dalle interazioni elettromagnetiche e deboli) che va sotto il nome di invarianza di isospin. Il protone e il neutrone sono classificati secondo la rappresentazione fondamentale del gruppo di isospin (SU(2)) e si possono ricavare, per es., relazioni (bene approssimate nel mondo reale) fra sezioni d'urto di processi differenti. Si può inoltre applicare la teoria delle perturbazioni per ricavare informazioni circa gli effetti di rottura della s. indotte dalle interazioni trascurate all'ordine zero (relazioni tra masse, costanti di accoppiamento, ecc.).
Sempre nell'ambito delle interazioni forti, nel corso degli anni Sessanta, M. Gell-Mann e Y. Ne'eman hanno osservato come gli adroni siano classificabili, con buona approssimazione, secondo rappresentazioni del gruppo SU(3). Tale gruppo contiene ed estende la s. di isospin di cui abbiamo parlato. Un'importante osservazione nasce dal fatto che, mentre nel caso dell'isospin la rappresentazione cosiddetta fondamentale del gruppo viene effettivamente realizzata da stati adronici (per es. il protone e il neutrone), nel caso di SU(3) la rappresentazione fondamentale (di dimensione 3 e che comporterebbe l'esistenza di un tripletto adronico approssimativamente degenere) non è stata mai osservata. Tale fatto empirico ha portato all'ipotesi, ormai ben confermata, che tutti gli adroni siano stati composti di questo tripletto di particelle fondamentali di spin 1/2, detti quark (v. in questa Appendice), che per motivi dinamici, che qui non possiamo descrivere, sono permanentemente confinati all'interno degli adroni. I quark sono ritenuti particelle fondamentali al pari dei leptoni, dei fotoni e bosoni intermedi delle interazioni deboli e i campi che li descrivono intervengono nella lagrangiana che descrive le interazioni forti.
Sempre nel corso degli anni Sessanta, i successi conseguiti dal modello a quark nella classificazione degli adroni ha indotto a considerare altri tipi di s. approssimata. In particolare, applicando al modello di adroni composti da quark concetti tratti dalla fisica nucleare, F. Gursey, L. Radicati, A. Pais e B. Sakita proposero di considerare accanto alla s. (approssimata) SU(3) la nozione di approssimata indipendenza delle forze fondamentali dallo spin dei quark che costituiscono gli adroni. Il gruppo corrispondente a quest'ipotesi dinamica è ancora un gruppo SU (2) (da non confondere con l'isospin che è contenuto in SU(3)). Questo fatto portò in maniera naturale alla considerazione del gruppo SU(6), che contiene, come sottogruppo, il prodotto diretto SU(3)⊗SU(2). L'invarianza sotto questo gruppo SU(6) è intrinsecamente approssimata. Infatti la relatività ristretta implica che solo il momento angolare totale (e non solo il momento angolare di spin) è esattamente conservato. Nel limite ipotetico in cui SU(6) divenga esatto, si avrebbe la degenerazione in massa di particelle con spin differenti. In effetti è proprio questa la situazione che si verifica, con buona approssimazione, nel mondo reale. Nacque dunque l'interessante problema circa la possibilità di avere, in una teoria relativamente invariante, un gruppo di s. G che spiegasse i successi di SU(6). In altri termini si cercava di capire se fosse possibile avere, in una teoria relativisticamente invariante, una s. esatta che contenesse, in modo non banale (senza cioè coincidere con il loro prodotto diretto), il gruppo di Poincaré proprio ℘ e, per es., il gruppo SU(3):
I fallimenti di tali tentativi culminarono in una serie di teoremi d'impossibilità da parte di differenti autori tra cui citeremo, per brevità, solo il teorema di S. Coleman e J.E. Mandula. Questo teorema asserisce che un gruppo di s. G, continuo e connesso, che contenga il gruppo di Poincaré proprio ℘, e che abbia rappresentazioni irriducibili finito dimensionali, è necessariamente il prodotto diretto di ℘ e di un gruppo di s. interno. Più precisamente, i generatori del sottogruppo di Poincaré ℘ dovranno commutare con i restanti generatori del gruppo di s. G:
[Qa,Pμ]=[Qa,Mμν]=0 [15]
dove abbiamo denotato con Mμν i generatori del gruppo di Lorentz, le cui componenti M0i generano trasformazioni di Lorentz infinitesime lungo l'asse i, mentre le componenti Mij sono collegate a rotazioni infinitesime e, quindi, al momento angolare, K, dalle relazioni:
dove εijk è il simbolo completamente antisimmetrico di Ricci.
Questi teoremi sono basati su ipotesi ritenute indispensabili per una corretta interpretazione fisica della teoria. Una particolare assunzione ''tecnica'' riguarda il carattere bosonico delle cariche di simmetria. Ricordiamo a questo proposito la differenza tra bosoni e fermioni. La funzione d'onda di un sistema contenente più particelle identiche, si comporta, sotto lo scambio di due qualsiasi di queste, in maniera molto peculiare. Più precisamente, secondo la meccanica quantistica, possiamo dividere le particelle, per quanto riguarda le proprietà di s. delle funzioni d'onda di sistemi a molti corpi, in due classi generali: a) bosoni, descritti da funzioni d'onda a molti corpi, simmetriche sotto lo scambio di due particelle; b) fermioni, descritti da funzioni d'onda a molti corpi, antisimmetriche sotto lo scambio di due particelle.
Empiricamente si osserva che tutte le particelle a spin intero sono bosoni e tutte quelle a spin semi-intero sono fermioni. La meccanica quantistica non relativistica non è in grado di dare una spiegazione di questo fatto universale. È un fondamentale risultato della teoria dei campi relativistica locale l'aver mostrato, da principi primi generali, che non è consistente trattare come bosoni particelle a spin semi-intero e come fermioni particelle a spin intero.
Nella teoria dei campi locale il carattere bosonico o fermionico di una particella è collegato alle proprietà dei campi locali. Infatti la località di una teoria si esprime mediante la richiesta che esistano cosiddette osservabili locali, operatori hermitiani, cioè, funzioni dei punti dello spazio-tempo, che commutino tra di loro a distanze di genere spazio:
[O(x),O(y)]=0, (x−y)2〈0 [17]
La [17] esprime, nell'interpretazione del principio di indeterminazione, il fatto che misure localizzate a distanze di tipo spazio non possono interferire tra loro. In una teoria contenente fermioni esistono anche operatori locali che anticommutano a distanze di genere spazio:
dove sono stati indicati anche indici spazio-temporali di cui un campo di fermionico deve necessariamente essere dotato. Gli operatori di tipo fermionico non possono rappresentare direttamente quantità osservabili, poiché queste ultime debbono soddisfare relazioni del tipo [17]. Possono tuttavia rappresentare grandezze osservabili i prodotti di un numero pari di operatori fermionici. Tornando alle cariche di s., il loro carattere bosonico implica che, applicate a uno stato quantistico, esso non ne altera il carattere bosonico o fermionico. Quest'assunzione implica che particelle appartenenti a un multipletto di s. sono tutte bosoni o tutte fermioni.
2) Realizzazione alla Goldstone (rottura spontanea di s.): si dice che una s. è rotta spontaneamente (o realizzata alla Goldstone) quando, pur essendo simmetrica la dinamica del sistema, il suo stato fondamentale, il vuoto, non è invariante sotto l'azione delle cariche Qa:
Un esempio classico di questo tipo di realizzazione si ha per un magnete, descritto come un reticolo, in ogni sito i di cui esista un momento magnetico μi interagente coi momenti magnetici vicini tramite un'hamiltoniana del tipo:
[20] dove la somma doppia è estesa ai siti reticolari e l'apice significa che tale somma è limitata ai siti adiacenti. J è una costante di accoppiamento positiva che determina l'intensità dell'interazione. L'hamiltoniana [20] possiede una s. di rotazione: essa rimane invariante se tutti i momenti magnetici sono sostituiti con momenti magnetici ruotati nello stesso modo. Infatti in questo modo l'energia della configurazione trasformata rimane la stessa, poiché essa dipende solamente dalla direzione relativa dei vari momenti magnetici. Lo stato fondamentale del sistema descritto dall'hamiltoniana [20] è chiaramente quello in cui tutti i momenti magnetici sono paralleli tra loro. È altrettanto chiaro che tale stato fondamentale non è unico: la direzione comune in cui puntano tutti i momenti magnetici non è fissata dalla dinamica. È possibile rimuovere questa degenerazione dello stato fondamentale mediante l'introduzione di un campo magnetico esterno B che modifica l'hamiltoniana [20] tramite l'aggiunta di un termine ΔHB della forma:
e determina quale unico stato fondamentale quello in cui tutti i momenti magnetici sono tra loro paralleli e tutti paralleli a B.
Cominciamo a considerare la situazione in cui il volume del magnete è finito (esso è cioè formato da un reticolo con un numero finito di siti) e si trovi a una temperatura molto prossima allo zero assoluto. C'interessa capire cosa succede nel doppio limite di volume infinito e di campo esterno nullo. Come discuteremo tra un attimo, l'ordine in cui vengono eseguiti tali limiti è cruciale. Infatti, cominciamo con l'utilizzare il campo B per dare un orientamento iniziale al magnete e consideriamo, poi, il limite B→0. Le piccole fluttuazioni termiche locali cui il magnete è sottoposto, non rappresentano in generale una perturbazione rilevante in quanto il loro effetto è contrastato dall'interazione con i magneti vicini che tendono a favorire la permanenza dell'allineamento. Naturalmente saranno presenti, con probabilità decrescente al crescere del volume del magnete, anche fluttuazioni che si estendono coerentemente a tutto il magnete e tali da provocare una rotazione simultanea di tutti i magneti elementari. Queste fluttuazioni, sebbene di piccola intensità, non incontreranno alcuna resistenza da parte del magnete proprio in virtù dell'invarianza dell'hamiltoniana sotto rotazioni globali. In questa situazione osserveremo una magnetizzazione media nulla. Al contrario, mandando prima il volume all'infinito e, in seguito, il campo esterno a zero, le fluttuazioni termiche coerenti su una scala di lunghezza dell'ordine delle dimensioni del magnete (e cioè infinita) avranno probabilità nulla di verificarsi e ne risulterà una magnetizzazione media diversa da zero.
Nonostante la s. rotazionale sia violata dalla non invarianza dello stato fondamentale, vi è ancora una traccia della s. che si manifesta in una peculiarità dello spettro delle eccitazioni a bassa energia del sistema. Infatti gli stati dinamici di energia più bassa si possono visualizzare in forma di cosiddette onde di spin, dette magnoni, e cioè configurazioni di momenti magnetici che consistono in modulazioni periodiche intorno alla direzione di magnetizzazione dello stato fondamentale. L'energia portata da un'onda di spin è dovuta alla deviazione locale relativa dei momenti magnetici. Quando la lunghezza d'onda del magnone tende all'infinito, e quindi il suo impulso tende a zero, esso si riduce a una rotazione globale rispetto allo stato fondamentale. Pertanto, data la s. dell'hamiltoniana sotto rotazioni, l'energia di un magnone d'impulso nullo è degenere con quella dello stato fondamentale.
Queste considerazioni si possono estendere a una qualsiasi s. continua. La rottura spontanea di una s. continua implica in generale l'esistenza di eccitazioni che hanno energia nulla nel limite di zero impulso (teorema di Goldstone). È sulla base di questo teorema che si spiega per es., nella fisica dello stato condensato, il fenomeno della superfluidità.
Tradotto nel linguaggio di una teoria di campo relativistica il teorema di Goldstone implica, per una s. continua rotta spontaneamente, l'esistenza di particelle di spin zero e massa nulla, i cosiddetti bosoni di Goldstone. In fisica delle alte energie non è stato osservato, finora, alcun bosone di Goldstone. Questo non significa che rotture spontanee di s. non si verifichino a livello fondamentale, come verrà discusso nel prossimo paragrafo.
3) Realizzazione alla Higgs: lo studio sperimentale delle interazioni fondamentali corrobora l'ipotesi che tutte le forze finora osservate sono descritte da particolari tipi di teorie di campo locale noti col nome di teorie di gauge. Non è possibile dare qui una spiegazione dettagliata di cosa esattamente si intenda con questo concetto e ci limiteremo a darne un'idea generale. È conveniente, a tale scopo, mostrare come l'elettrodinamica (classica e quantistica) sia in effetti una particolare teoria di gauge.
Com'è noto, nell'elettrodinamica classica le equazioni di Maxwell si esprimono, utilizzando il sistema di unità di misura di Gauss e una scelta delle unità dei tempi tale che la velocità della luce c sia uguale a 1, in forma relativisticamente covariante:
dove Jν≡(ϱ,j) è il quadrivettore che incorpora la densità di carica ϱ(x) e la densità di corrente j(x). Fμν è il tensore elettromagnetico antisimmetrico collegato con le quantità osservabili campo elettrico E≡(E1, E2, E3) e campo magnetico B≡(B1, B2, B3) tramite la relazione:
Dalle equazioni di Maxwell omogenee [22b] si può mostrare che Fμν deve avere la forma:
dove Aμ è il cosiddetto quadripotenziale vettore. La relazione tra Fμν e Aμ non è biunivoca. Infatti è facile convincersi che lo stesso Fμν è ottenuto da tutte le configurazioni tra di loro connesse da:
con f funzione arbitraria sullo spazio-tempo.
Le trasformazioni del tipo [25] che, pur cambiando la forma di Aμ lasciano la fisica invariata, si chiamano trasformazioni di gauge e il campo Aμ è detto campo di gauge. In questo senso parliamo dell'elettrodinamica come di una teoria di gauge.
Vogliamo a questo punto sottolineare un'importante differenza tra il caso classico e quello quantistico. L'elettrodinamica classica è completamente descritta dalle variabili di campo elettrico e magnetico. Il quadripotenziale vettore Aμ è un concetto di comodo che permette di risolvere più agevolmente le equazioni di Maxwell. Nell'elettrodinamica quantistica, al contrario, è proprio Aμ la grandezza fisica basilare in termini della quale tutte le esperienze debbono venire descritte. Le trasformazioni [25] formano un gruppo nel senso che la trasformazione risultante dall'applicazione successiva di due trasformazioni di gauge f1 e f2 è ancora una trasformazione di gauge definita dalla funzione f1+f2. Si tratta di un gruppo abeliano (commutativo) e pertanto diremo che l'elettrodinamica è una teoria di gauge abeliana. Il concetto di teoria di gauge può essere esteso in modo naturale a trasformazioni non abeliane. In questa teoria generalizzata saranno presenti più campi quadrivettori. Un punto importante da chiarire è il fatto che, in genere, nella teoria quantistica dei campi, a ogni campo fondamentale viene associata una particella elementare. In particolare al quadripotenziale vettore, campo fondamentale dell'elettrodinamica quantistica, viene associato il fotone, particella quantistica di spin 1 e massa nulla. A prima vista l'invarianza di gauge (abeliana e non abeliana) di una teoria sembra associare a ogni quadripotenziale una particella di spin 1 a massa nulla. Considerazioni più avanzate portano a concludere, invece, che una teoria di gauge può esistere in tre differenti fasi dinamiche: 1) fase coulombiana, 2) fase di Higgs, 3) fase confinata.
La fase coulombiana è per l'appunto la situazione che si verifica nel caso dell'elettrodinamica quantistica in cui la particella associata al quadripotenziale vettore, il fotone, è una particella a massa nulla.
Si dice che si realizza la fase di Higgs quando la s. associata al gruppo di gauge è rotta spontaneamente. In questo caso, a causa dell'invarianza di gauge, non vi sono né bosoni di Goldstone, né particelle di spin 1 di massa nulla. Al contrario avremo solo particelle di spin 1 dotate di massa. È questo il meccanismo ritenuto operante nel caso delle interazioni deboli, le quali sono effettivamente mediate da particelle con spin 1 e massa dell'ordine di 100 Gev. Un esempio rilevante di realizzazione alla Higgs in fisica dello stato condensato si ha nel caso della superconduttività.
La fase confinata, infine, è realizzata quando le particelle associate ai quadripotenziali vettori, e tutte le altre particelle elementari che con loro interagiscono, non esistono allo stato libero, ma sono permanentemente confinate in stati legati. È questa la situazione che si verifica nel caso delle interazioni forti, descritte da una teoria di gauge in cui le particelle vettoriali, i cosiddetti gluoni, confinano i quark, particelle fermioniche di spin 1/2 e cariche frazionarie, per costituire gli stati adronici.
Supersimmetria. - Come precedentemente accennato, teoremi generali escludono che, in una teoria relativistica, la dinamica possa essere invariante sotto gruppi di s. che coinvolgano, in maniera non triviale, trasformazioni su variabili spazio-temporale e interne. Un'importante eccezione, la più generale possibile, consiste nella possibilità di considerare trasformazioni di s. con generatori di tipo fermionico. Queste s., dette supersimmetrie, sono capaci di classificare in uno stesso multipletto bosoni e fermioni, pur di considerare, accanto a cariche di tipo bosonico, cariche di tipo fermionico che soddisfano relazioni del tipo:
{Qα,Q+b}=(σμ)abPν [26]
con σμ quadrivettore simbolico le cui componenti sono matrici 2 × 2:
σμ≡(I,σ1, σ2,σ3) [27]
dove I è la matrice identità in due dimensioni e:
sono le matrici di Pauli. In una teoria supersimmetrica, non abbiamo la fattorizzazione implicata dalla [15]. Infatti in questo caso avremo:
[Qα,Pμ]=0,[Qα,Mμν]≠0 [29]
La supersimmetria è l'unico tipo di s. che implichi degenerazioni in massa di bosoni e fermioni. La supersimmetria non è certamente esattamente realizzata in natura. L'interesse per tali trasformazioni risiede in considerazioni di carattere generale circa la ''naturalezza'' delle interazioni che non è possibile esaminare in questa sede. Un'altra fonte d'interesse per la supersimmetria è che teorie supersimmetriche di tipo gauge sono in grado d'includere, almeno a livello classico, il campo gravitazionale.
Valgono per la realizzazione della supersimmetria considerazioni analoghe a quelle esposte per le s. ordinarie. In particolare potremo anche qui avere una supersimmetria rotta spontaneamente. In questo caso, in virtù del carattere fermionico delle cariche di supersimmetria, avremo un fermione di Goldstone in luogo di un bosone di Goldstone. In altri termini la rottura spontanea della supersimmetria implica l'esistenza di fermioni di massa nulla. Sebbene probabilmente esistano in natura fermioni di massa nulla (v. neutrino, in questa Appendice), nessuno di questi può essere identificato con un fermione di Goldstone. Ciò significa che, se la supersimmetria è di qualche rilevanza per le interazioni fondamentali, essa può essere al più una s. approssimata. In effetti i modelli supersimmetrici più realistici fissano una scala di energia di rottura della supersimmetria dell'ordine del TeV (1012 eV). Naturalmente stiamo qui parlando di modelli che vanno al di là del cosiddetto Modello Standard, sufficientemente riconosciuto e in ottimo accordo con i dati sperimentali fino a energie dell'ordine dei 100 Gev (1011 eV).
Simmetrie discrete. - Ci occuperemo qui solamente di s. discrete finite, cioè quelle che corrispondono a gruppi di trasformazioni con un numero finito di elementi. Circa la fisica delle interazioni fondamentali, le s. discrete rilevanti sono essenzialmente tre: a) coniugazione di carica, b) inversione di parità, c) inversione temporale. Ognuna di queste tre s. è rappresentata da un gruppo finito composto dall'identità e da un solo elemento non banale.
Coniugazione di carica. Le equazioni di Maxwell [22a,b] mostrano una s. (discreta) sotto il cambiamento del segno della carica elettrica. In effetti, sotto tale trasformazione le quattro componenti del quadrivettore corrente Jμ(x,t) cambiano segno. Se, simultaneamente, cambiamo segno alle quattro componenti del quadrivettore Aμ(x,t) e, quindi, ai campi elettrici e magnetici, le equazioni di Maxwell continuano a essere soddisfatte. Questa trasformazione è detta coniugazione di carica. Fin dalla formulazione dell'equazione di Dirac fu chiaro che anch'essa è invariante sotto coniugazione di carica, poiché associa, a ogni soluzione che descrive una particella di una data carica, una soluzione che descrive una particella di carica opposta e di ugual massa. La coniugazione di carica non agisce solo sulla carica elettrica, ma anche sulle altre cariche conservate: numero barionico, numero leptonico, ecc. La s. sotto coniugazione di carica non è rispettata da tutte le interazioni fondamentali. Essa è valida per le interazioni forti ed elettromagnetiche, ma non per quelle deboli.
Inversione di parità. In fisica classica, se un processo è dinamicamente realizzabile, lo è anche quello visto attraverso la riflessione in uno specchio. Questa trasformazione è detta inversione di parità e consiste in una riflessione degli assi coordinati spaziali:
x′=−x,t′=t [30]
Le equazioni di Maxwell [22a,b] sono effettivamente invarianti sotto inversione di parità. Infatti, sotto tale inversione, le componenti del quadrivettore corrente si comportano come segue:
ϱ′(x′,t)=ϱ(x,t),j′(x′,t)=−j(x,t) [31]
Se allo stesso tempo trasformiamo le componenti del quadrivettore Aμ(x,t) come:
A0′(x′,t)=A0(x,t),A′(x′,t)=−A(x,t) [32]
le equazioni di Maxwell continueranno a essere soddisfatte. È importante notare che, in virtù delle [32], sotto parità, i campi elettrici e magnetici si trasformano come:
E′(x′,t)=−E(x,t),B′(x′,t)=B(x,t) [33]
e quindi il campo elettrico si comporta come un vettore polare e quello magnetico come un vettore assiale. Anche l'inversione di parità è rispettata dalle interazioni forti ed elettromagnetiche, ma non da quelle deboli.
Inversione temporale. In meccanica classica il moto di un sistema con N gradi di libertà è descritto da N coordinate generalizzate (qr(t), r=1,...,N) che si evolvono col tempo secondo, per es., le equazioni di Lagrange:
Siccome le [34] sono un sistema di equazioni differenziali del secondo ordine, dovremo, per garantire l'unicità della soluzione, assegnare le cosiddette condizioni iniziali all'istante t0:
La reversibilità delle equazioni del moto della meccanica, in assenza di forze dissipative, si traduce nell'invarianza della dinamica sotto inversione temporale. Ciò significa che se, all'istante t1>t0, quando il sistema avrà raggiunto la configurazione q1r≡qr(t1), con velocità generalizzate , invertiamo il segno delle velocità generalizzate, consideriamo, cioè, il moto descritto dalle [34] con le nuove condizioni iniziali:
il sistema si evolverà con nuove equazioni orarie , esprimibili in funzione delle precedenti qr(t), come:
e ripercorrerà la medesima traiettoria di prima (all'indietro nel tempo). In meccanica quantistica è possibile definire un'analoga operazione d'inversione temporale per l'equazione di E. Schroedinger. Anche l'inversione temporale è una buona s. per le interazioni forti ed elettromagnetiche, ma non per quelle deboli.
Teorema CPT. Una teoria di campo locale invariante sotto il gruppo di Poincaré proprio risulta automaticamente invariante sotto l'azione congiunta della coniugazione di carica, l'inversione di parità e l'inversione temporale, pur essendo possibile (e, in effetti, osservata nelle interazioni deboli) la violazione simultanea delle tre s. separate.
Dal punto di vista sperimentale, in effetti, nessuna violazione di tale s. è mai stata osservata. Si tratta di una delle evidenze empiriche generali in favore di una descrizione delle interazioni fondamentali tramite una teoria di campo relativistica locale.
È proprio l'esatta invarianza sotto CPT che connette le proprietà della materia e quelle dell'antimateria garantendo l'uguaglianza delle masse, vite medie, ecc., di particelle e antiparticelle (v. in questa Appendice).
Bibl.: T.D. Lee, Particle physics and introduction to field theory, Londra 1981.
Biologia. - Il concetto di s. interviene in una serie di contesti così diversi che è pressoché impossibile trovare riunite in una sola persona le competenze necessarie per discuterne esaurientemente tutti gli aspetti. Al concetto di s. si collegano quelli di regolarità, ordine, conformità. Nell'accezione corrente un oggetto, una struttura, un elemento ornamentale si dice posseggano una s. se le reciproche relazioni tra i loro componenti restano invariate in seguito a una traslazione, o una rotazione, o una riflessione rispetto a un punto, un asse, un piano. Parlare di s. è, perciò, parlare di invarianze. Alla s. si deve che l'ordine e l'armonia si rivelino col riconoscimento di forme e strutture che rappresentano scelte definite fra le innumerevoli possibili che la s. originaria avrebbe permesso. Col procedere delle ricerche, il concetto di s. è andato assumendo nella fisica un significato molto più astratto ed esteso di quello che s'intende comunemente, in quanto è stato applicato a elementi a cui non si richiede che abbiano un'interpretazione geometrica o una rappresentazione concreta.
Rimasta fino all'inizio del 20° secolo in parte un ideale astratto, in parte un metodo per trattare matematicamente certi problemi, la nozione di s. è stata utilizzata per classificare cristalli secondo le proprietà dei gruppi spaziali a essi associati con l'applicazione della teoria dei gruppi. Dall'analisi delle proprietà di gruppi discreti per determinare le proprietà ottiche, meccaniche e chimiche dei cristalli (teorizzate da J.F. Hessel nel 1830) si pervenne con le ricerche di A. Bravais (1849) a prevedere i gruppi d'invarianza dei reticoli cristallini, e più tardi all'elenco completo dei 32 gruppi cristallografici e delle 230 classi, a ciascuna delle quali è stata poi dimostrata l'appartenenza di qualche sostanza naturale o artificiale. Con il metodo di ricerca roentgenografico, la comprensione dei reticoli cristallini ebbe una base sperimentale ed essi divennero ''visibili'' applicando la diffrazione di raggi X (Laue-diagrammi) e di elettroni. La struttura matematica dei gruppi cristallografici fu un argomento importante per comprendere che le proprietà dei cristalli riflettono la struttura dei reticoli microscopici, nei cui nodi sono gli atomi costituenti la materia.
Mentre nei primi istanti della formazione del cosmo fu dominante un'interazione unica altamente simmetrica (e quindi isotropa), da essa si sono originate interazioni asimmetriche osservate nelle condizioni fisiche successive, e sono stati anche messi a fuoco importanti fenomeni di ''rottura'' della s., che hanno riflessi in molti campi, tra cui quello astrofisico e quello biologico. In biologia, il concetto di s. è prevalentemente quello classico, secondo il quale ogni s. è individuata in base a elementi geometrici (centro, assi, piani di s.) che indicano le operazioni rispetto alle quali una forma resta invariata.
L'emergere di forme altamente simmetriche è uno degli aspetti affascinanti dei fenomeni naturali. Nell'antichità, l'idea di s. fu utilizzata in un diverso ordine di pensiero, e tuttavia con considerazioni cosmologiche che in spirito talora si approssimano a qualche moderno modello dell'universo omogeneo. Aristotele seguì la teoria empedoclea dei quattro elementi (aria, acqua, terra, fuoco) e ve ne aggiunse un quinto, la quintessenza (etere). Secondo Filolao, la diversità degli elementi corporei (acqua, aria, terra, fuoco) sarebbe dipesa dalla diversità delle più piccole particelle componenti. Gli antichi geometri trovarono che esistono appena cinque poliedri regolari, con facce a spigoli uguali, i cosiddetti ''solidi platonici'', i quali secondo la teoria elaborata da Teeteto avrebbero dato luogo ai seguenti abbinamenti: fuoco-tetraedro, terra-esaedro (o cubo), aria-ottaedro, acqua-icosaedro; e quanto al dodecaedro, di esso ''dio si servì per decorare l'universo'': a ciascuno di questi solidi corrisponde un possibile tipo di simmetria.
La relazione tra il contenuto del termine s. e l'idea di commensurabilità, di misura mediana, di giusto mezzo o di ugual peso ha posto in evidenza, con la matematizzazione del concetto di s., la rappresentazione di una ripetibilità regolare, di un gruppo di trasformazioni in sé di un oggetto simmetrico. La recente scoperta della terza forma allotropica (oltre al diamante e alla grafite) del carbonio, i fullereni (v. in questa Appendice), le cui molecole sono stabili e, anziché di due atomi, constano di 60 e 70 atomi di C, mostra come problemi matematici di ambiti diversi trovino in natura prossime soluzioni formali. La molecola dei fullereni è quasi sferica, con la superficie costituita da esagoni e pentagoni (alcuni degli esagoni hanno infatti perduto un lato), il che determina la forma a cupola delle molecole e la loro solidità. Tale struttura richiama le cupole geodetiche a esagoni e pentagoni ideate dall'architetto R. Buckminster Fuller (da cui il nome di fullereni), secondo il noto disegno adottato anche nel pallone del calcio, ma già noto in natura in alcuni Protozoi e Radiolari (D'Arcy Thompson 1917), nel virus della poliomielite e in parecchi virus sferici.
Nelle scienze naturali le osservazioni suggeriscono le forme primitive della s. quali aspetti di s. spaziale di rotazione, propria degli oggetti biologici, in funzione della crescita dell'organizzazione. Un poligono regolare ha s. evidente; se ha n lati, si trasforma in sé per rotazioni di 2π/n intorno al centro e vi si riconoscono n assi di simmetria. Una sfera è simmetrica rispetto a qualsiasi rotazione intorno al centro, mentre un cerchio solido è simmetrico rispetto a rotazioni piane; queste s. ricorrono in parecchie alghe microscopiche sospese nell'acqua e in piccoli organismi acquatici bentonici. Le s. geometriche presenti nel mondo vivente sono d'immediata osservazione e facilmente riconoscibili, anche quando la s. è imperfetta o in qualche misura violata. Nel mondo vegetale le forme più semplici e arcaiche hanno morfologia globulare quasi sferica o a bastoncello. Molti oggetti, naturali e non, sono più semplici dei cristalli. Un cristallo è un reticolo di punti che s'immagina esteso in una struttura illimitata. Esso è, quindi, un dominio finito ritagliato in quella struttura reticolare estesa. Tuttavia, per le condizioni in cui si è formato ed è cresciuto, il cristallo può avere facce più o meno sviluppate, o qualcuna quasi mancante, o accrescersi in una direzione più che in un'altra, tanto da sembrare non regolare, ancorché sia sufficiente la sfaccettatura per renderne manifesta la s. geometrica. A differenza dei cristalli, negli altri oggetti naturali come gli organismi viventi, sono rappresentati soltanto alcuni tipi di simmetria. Si deve, inoltre, tener presente che in natura le lunghezze hanno carattere assoluto. Ciò significa che in tali oggetti non si danno variazioni di scala. Una pianta, quindi, per fare un esempio, è quella che è, e non esiste, né potrebbe esistere, a parte le piccole varianti individuali di statura, riprodotta variando arbitrariamente la scala di una o più delle sue parti. Variazioni di scala, per essere funzionali, imporrebbero opportune modifiche morfologiche.
Gli oggetti simmetrici sono composti e analizzabili per parti. Si può ritenere primitivo e non analizzabile per parti un oggetto puntiforme che abbia le stesse proprietà in tutte le direzioni. Una riduzione della s. viene considerata come una situazione intervenuta secondariamente e come un indizio di complessità. Un estremo è quello costituito dagli oggetti asimmetrici.
Lo studio delle s. biologiche trova un ostacolo nella difficoltà di stabilire rigorosamente leggi quantitative in sistemi assai complessi, e d'identificare chiaramente gli invarianti essenziali di forme che pure sono date come caratteristiche. Per es., si distingue a prima vista un cipresso da un pino o da un tiglio o da una quercia; ma, se si analizzano le foglie, o il sistema di ramificazione, e se si confrontano tra loro i singoli individui della stessa specie, si verifica subito che essi, pur mantenendo costanti alcuni tratti, non hanno una forma complessiva specifica identica e costante, perché v'è una più o meno accentuata disgiunzione tra la forma biologica (concreta) e quella geometrica (teorica), e quest'ultima risulta in ciascun esemplare un miscuglio inestricabile di caratteri specifici e di peculiarità individuali, con una rottura, quindi, (o violazione) delle s. relative alle leggi di sviluppo.
In concreto, le s. biologiche che in genere si prendono in esame sono manifeste al livello di dimensioni organizzative superiori, cellulari o pluricellulari, descrivibili come fenomeni della fisica classica; esse sono facilmente riconoscibili anche quando la s. è imperfetta o in qualche misura violata.
Al limite tra vita e cristalli, le particelle virali, specie se di piccole dimensioni, oltre che in forme globulari, si presentano in forme geometriche definite, spesso con facce piane, a s. per lo più icosaedrica, mentre non sono state osservate quelle tetraedrica e ottaedrica. Se le s. che concretamente si presentano sono già di per sé un problema da risolvere, non meno importante è quello relativo alle s. assenti, che pure sarebbero state aprioristicamente possibili. Nei Batteri, nei Protozoi e nelle Alghe unicellulari ricorrono s. assai varie in relazione alla varietà di forme di tali esseri microscopici ad architettura sferica, allungata, ramificata, spiralata, a bastoncello. Un bell'esempio di s. sferica è rappresentato dalle alghe Volvocali. Nelle Diatomee, nelle quali le teche del frustulo siliceo sono finemente scolpite, la s. è bilaterale o raggiata e, nel secondo caso (Diatomee centriche), con assi di s. di vari ordini fino ad aversi diatomee con teche circolari divise in oltre 20 spicchi, possibile deviazione da remote s. sferiche. S. complesse hanno anche i Foraminiferi. I Funghi presentano casi interessanti di s. raggiata, spesso peraltro imperfetta, nei corpi fruttiferi dei Basidiomiceti Agaricali e degli Ascomiceti Pezizali. Il micelio non ha particolare s. propria, tranne nel Lactarius deliciosus (agarico o lapacendro delizioso), ove il micelio si propaga a raggiera nei pianori dei boschi di Conifere, formando i cosiddetti ''cerchi delle streghe''. Nelle piante vascolari non v'è in genere una s. d'insieme chiaramente evidente perché, quantunque ogni specie abbia propri caratteri, nel suo interno ciascun esemplare si discosta dal modulo specifico e ogni individuo appare come una variante del tema di base. Ciò vale essenzialmente per gli organi vegetativi (fusto, rami, ecc.) a vita persistente, ma diverso è il comportamento delle strutture fiorali, a vita effimera, che si sviluppano per lo più in primavera e hanno s. ben conservate nell'ambito della famiglia. Anche se non è evidente la s. d'insieme, è possibile riconoscere in molte piante parziali s. locali: per es., regioni del fusto e dei rami a s. cilindrica quasi perfetta; foglie, in genere con un piano di s. binaria perpendicolare alle due facce che sono diverse tra loro (foglia dorsoventrale), o con due piani di s. normali tra loro (foglia isolaterale). La disposizione delle foglie sui rami, dai quali derivano e di cui sono espansioni settoriali, obbedisce, di regola, a valori di ripetizione secondo le serie di Fibonacci.
I verticilli, costituiti di più pezzi inseriti sullo stesso nodo, sono caratteristici dei fiori delle Angiosperme. Mentre nelle Gimnosperme prevalgono strutture fiorali acicliche, con i pezzi disposti a spirale, nelle Angiosperme (salvo il caso di alcune delle famiglie più arcaiche, che hanno fiori semiciclici, con i pezzi in parte a spirale in parte a verticillo) la disposizione è caratterizzata da verticilli pentameri o tetrameri nelle Dicotiledoni e trimeri nelle Monocotiledoni. La s. dei fiori è prevalentemente raggiata, ma a volte vi sono nello stesso ordine accanto a famiglie con fiori regolari actinomorfi, altre con fiori zigomorfi, i quali hanno un solo piano di s. e presentano tracce della perdita o della riduzione di organi in corrispondenza dell'unico piano di s. che divide il fiore in due metà specularmente simmetriche. Esempi di famiglie a fiori zigomorfi sono le Labiate, le Leguminose, le Fumariacee, le Caprifoliacee, ecc., i cui fiori hanno talora complicate strutture in seguito alle citate riduzioni, o per metamorfosi di loro organi, o per adattamenti all'impollinazione. Il grado estremo di modificazione si ha nei fiori irregolari, privi di qualsiasi elemento di s., come quelli delle famiglie Cannacee e Marantacee. Gradi vari d'irregolarità si osservano in alcuni casi. Per es., nelle Orchidacee, le Apostasiee hanno fiori quasi actinomorfi, mentre nelle altre i fiori sembrano zigomorfi, ma sono in effetti irregolari perché il piano di s. è ''rotto'' dalla visibile più o meno accentuata torsione del ricettacolo, grazie alla quale il labello si colloca inferiormente. Nelle Angiosperme forme actinomorfe, zigomorfe e irregolari coesistono all'interno di alcuni ordini, nell'ambito dei quali l'evoluzione delle singole famiglie sembra avere avuto percorsi differenziati.
La tendenza alla riduzione e alle rotture della s., e infine all'asimmetria, spinge la riflessione degli studiosi indietro nel tempo e alla ricerca della natura delle s., delle connessioni tra esse e gli adattamenti e i rapporti ecologici degli organismi.
Oltre alle s. geometriche, vi sono s. legate alla dimensione temporale, inerenti a variazioni periodiche dell'andamento di certi processi, che il trascorrere di un dato intervallo può ricondurre alla fase iniziale. Ne sono esempi la fotosintesi, che s'interrompe in mancanza di luce; il fotoperiodismo, attivato dalla durata relativa del giorno e della notte; l'induzione della fioritura, controllata anche dalla luce, i ritmi circadiani, ecc. La scoperta, a metà degli anni Cinquanta, della non conservazione della parità e della violazione della s. rispetto alle riflessioni spaziali e alla coniugazione della carica nell'interazione debole, contribuì a mettere a fuoco la rilevanza dei fenomeni di rottura spontanea della simmetria. Nella fisica queste rotture si riferiscono a oggetti separati da distanze di 10−14 a 10−16 cm; in biologia le forze in atto negli organismi sono elettromagnetiche e gravitazionali, forse non riconducibili a quell'interazione.
Mentre le s. biologiche sono in genere manifeste a livello macroscopico, diverso è il caso di oggetti e fenomeni biologici submicroscopici, come quelli di cui si occupa la biologia molecolare, che in alcuni processi della vita cellulare danno luogo a situazioni (presenza di gradienti di elettroni e protoni e loro passaggio attraverso barriere di potenziale nelle citomembrane; riordino di sistemi di legami covalenti, ecc.) che non sono descrivibili secondo la fisica classica essendo al limite, si potrebbe dire all'interfaccia, tra il campo quantistico, ove vige il principio d'indeterminazione, e quello classico, deterministico. Tra le rotture o assenze di s. nelle strutture biologiche a livello molecolare è da ricordare l'asimmetria molecolare della biosfera. È noto che molte sostanze esistono in due forme chimiche specularmente simmetriche, non sovrapponibili, dette chirali (v. chiralici, composti; chiralità, in questa Appendice), i cui due enantiomeri, D ed L, hanno attività ottica di segno opposto. Un tratto caratteristico degli esseri viventi è che, salvo rare eccezioni, essi contengono un solo enantiomero. Ne consegue che la biosfera non è racemica, ma molecolarmente asimmetrica. Il fatto che fra le leggi di conservazione sia violata quella della parità significa una rottura di s. tra la destra e la sinistra, un tempo ritenuta una proprietà fondamentale delle leggi fisiche.
V'è una categoria di fenomeni, fino a pochi anni fa classificati come irregolari o caotici, che possono ora essere analizzati, per merito di B.B. Mandelbrot, con l'applicazione dei metodi della grafica su potenti calcolatori. Certi modelli matematici, ritenuti patologici per la loro complessità e irregolarità, e considerati veri ''mostri'' o mere curiosità accademiche, erano stati da tempo oggetto di ricerche di matematica pura da parte di G. Peano in Italia, di G. Julia e P. Patou in Francia, e di altri. Mandelbrot impostò un programma di lavoro su simili modelli e chiamò ''frattali'' (v. in questa Appendice) le curve ottenute sfruttando la potenzialità grafica dei nuovi elaboratori elettronici, che mostrarono di poter tradurre in forme geometriche le procedure e i calcoli matematici (algoritmi) utilizzati. Con questa tecnica emersero forme frattali di grande bellezza, che descrivono aspetti ricorrenti e zone inaccessibili della natura, ove strutture del genere si osservano nei sistemi di rami di un albero, nelle curve descritte dalle scariche elettriche dei fulmini, nelle foglie composte, negli aggregati di percolazione, nelle ramificazioni dei vasi sanguigni e delle vie aeree polmonari e in altri fenomeni anche a scala galattica. Natura frattale hanno i sistemi che rispondono irregolarmente e sproporzionatamente a stimoli. La geometria dei frattali può essere complementare alle forme geometriche di quella euclidea, in quanto entrambe descrivono aspetti diversi della realtà naturale. I frattali, pur essendo un linguaggio della geometria, non sono direttamente osservabili, hanno dimensione non intera (a differenza delle ordinarie figure geometriche), descrivono fenomeni imprevedibili e hanno una s. dovuta al fatto che sono invarianti rispetto alla scala; essi sono, quindi, invarianti per la dilatazione e autosomiglianti a qualunque scala si osservino. La geometria dei frattali rivela dinamiche non lineari caotiche. Per es., il problema già posto da Galileo dell'incremento della massa di un organismo che cresce in volume secondo il cubo e in superficie secondo il quadrato, configura un ingrandimento lineare che mantiene il rapporto fra le lunghezze, ma non quello tra volume e superficie, indispensabile per gli scambi gassosi. La pianta sviluppa allora superfici interne o esterne irregolari, come il fogliame.
La storia delle s. degli organismi, delle loro violazioni e rotture, dell'asimmetria osservata anche nell'universo, solleva tuttora interrogativi che toccano i territori più avanzati della ricerca scientifica.
Bibl.: W. D'Arcy Thompson, Growth and form, Cambridge 1917 (trad. it., Torino 1969); H. Weil, Simmetry, Princeton 1952; M. Ageno, Programmi di biofisica, 2 (cap. 16: Simmetrie nei sistemi viventi), Torino 1981; B.B. Mandelbrot, The fractal geometry of nature, S. Francisco 1982 (trad. it., Geometria della natura, Milano 1987); L.A. Radicati di Brozolo, Simmetrie e invarianze, in Enciclopedia del Novecento, 6, Roma 1982, pp. 551-66; A. Lima da Faria, Evolution without selection, Amsterdam 1988.