Pellico, Silvio
Patriota e scrittore (Saluzzo 1789-Torino 1854). A Milano, dove si stabilì, collaborò al Conciliatore. Si affiliò alla Carboneria, fu arrestato e condannato a morte (1821), pena commutata in venti anni di carcere; graziato nel 1830, ne uscì provato dalle sofferenze fisiche e morali e riprese l’attività letteraria. Di famiglia molto religiosa, in gioventù si era allontanato dalla fede per tornarvi poi negli anni del carcere: scrisse le sue memorie di prigionia allo scopo di dimostrare, con il suo esempio, di quale conforto sia la religione nella sventura. Le mie prigioni (1832) furono accolte con grande favore, soprattutto per l’equanimità di P. nel giudicare i suoi stessi carcerieri e per la nitidezza della rappresentazione, lontanissima dal sentimentalismo allora di moda e di cui le altre opere dello stesso P. sono permeate. La popolarità del libro portò a una conseguenza che l’autore non aveva previsto, esso servì infatti, più che alla propaganda etico-religiosa, a quella patriottica, prima in Italia e poi anche all’estero, dove ebbe ristampe e numerose traduzioni, suscitando ovunque simpatia per l’Italia e odio contro lo straniero. Il cancelliere austriaco C. von Metternich tentò invano di far confutare il racconto di P. e di farlo mettere all’Indice; non ebbe torto chi disse che il libro danneggiò l’Austria più di una battaglia perduta.