MILAZZO, Silvio
– Nacque il 4 sett. 1903 a Caltagirone, da Mario, proprietario terriero e sindaco della città, e da Brigida Crescimanno, ed ebbe come padrino di battesimo don L. Sturzo.
Fra i più giovani seguaci del fondatore del Partito popolare italiano (PPI), insieme con il concittadino M. Scelba, il M. nel 1920 assunse la presidenza del circolo Don Bosco di Caltagirone; nel 1927 divenne sindaco della città e nel 1931 presidente della Cassa rurale S. Giacomo, fondata da Sturzo per facilitare l’accesso al credito e combattere l’usura.
Durante l’esilio di Sturzo i fascisti tentarono d’impadronirsi di questo istituto, osteggiandone l’attività che poté proseguire solo grazie all’impegno personale del M., ma nel dicembre 1938, con espedienti illegali, riuscirono comunque a prendere il controllo della Cassa; la vicenda aveva tuttavia dimostrato quanto radicata ed estesa fosse l’influenza dei cattolici calatini legati a Sturzo, pronti a riprendere l’attività politica non appena si manifestarono i segni della crisi del regime.
Nel 1941, a Caltagirone, il M. partecipò alle prime riunioni clandestine finalizzate alla ricostituzione di un partito dei cattolici siciliani, durante le quali furono espresse tendenze separatiste; al primo congresso della Democrazia cristiana (DC) siciliana (Caltanissetta, 15 dic. 1943) egli presentò, infatti, un ordine del giorno che conteneva un forte richiamo all’autonomia e al diritto di autodecisione del popolo siciliano. L’ordine del giorno non venne accolto, mentre fu approvato un documento che, pur riaffermando la decisa richiesta di ampie autonomie in campo economico e amministrativo per la Sicilia, esprimeva una chiara e inequivocabile opposizione alle deviazioni separatiste, al punto da indurre il M. e i suoi seguaci ad abbandonare il congresso. All’inizio del 1944, il M. diede quindi vita al Movimento cristiano-sociale (MCS), ma, una volta consolidata la sua posizione di notabile forte di un certo seguito, soprattutto nella Sicilia orientale, tornò sui suoi passi trattando con l’amico Scelba le condizioni per il rientro nel partito e, al II congresso regionale della DC (Acireale, 25 nov. 1944), il MCS confluì nel partito democristiano.
Eletto, il 20 apr. 1947, alla prima Assemblea regionale siciliana, il M. ricoprì diversi incarichi nei governi dell’isola, presieduti da G. Alessi, F. Restivo e G. La Loggia: dal 30 maggio 1947 all’11 genn. 1949 fu assessore ai Lavori pubblici, poi, senza soluzione di continuità, assessore all’Agricoltura e foreste fino al 20 luglio 1951, nuovamente ai Lavori pubblici fino al 27 luglio 1955 e all’Agricoltura fino al 27 sett. 1956, all’Igiene e sanità fino al 25 nov. 1957 e ancora all’Agricoltura fino al 30 ott. 1958.
Da assessore all’Agricoltura il M. portò a compimento, il 27 dic. 1950, la riforma agraria che limitava il diritto alla proprietà terriera a soli 200 ha, obbligando i proprietari a effettuare opere di bonifica e di trasformazione, pena l’esproprio e la distribuzione della terra in quote ai contadini. Anche se, in virtù di questa legge, al 31 dic. 1962 furono espropriati e assegnati circa 93.000 ha, costruiti strade di bonifica, acquedotti, elettrodotti e borgate rurali, nella sostanza, attraverso vari escamotages, gli effetti innovativi della nuova normativa furono marginali perché molti latifondisti divisero le loro proprietà in piccoli lotti, poi trasferiti ad altri con vendite e donazioni spesso fittizie, mentre ai contadini furono destinate le terre peggiori.
A metà degli anni Cinquanta il M. divenne capofila dell’autonomismo più spinto, entrando in conflitto con l’indirizzo fortemente accentratore impresso all’organizzazione della DC e all’azione di governo da A. Fanfani. Il M. si guadagnò per questo le simpatie di molti deputati regionali, anche dell’opposizione, che il 21 luglio 1955 lo elessero presidente della Regione. Sollecitato dal suo capogruppo Alessi il M. si dimise immediatamente, ma l’occasione si ripresentò nell’ottobre 1958, allorché, a seguito delle dimissioni del presidente La Loggia, nonostante Fanfani avesse proposto per la successione un altro appartenente alla sua corrente, B. Lo Giudice, il 23 ott. 1958, a sorpresa, venne eletto il M. con 54 voti, provenienti da un arco politico decisamente eterogeneo, che andava dai dissidenti democristiani ai socialisti, dai comunisti ai monarchici e ai missini. Sturzo e Scelba intervennero per indurlo a dimettersi, ma questa volta il M. non accolse l’invito e il 25 venne espulso dal partito. Il 31 formò il governo regionale composto da dissidenti DC, monarchici, missini e indipendenti di sinistra, con il voto anche di socialisti e comunisti. L’8 novembre, il M. e gli altri fuorusciti dalla DC diedero vita all’Unione siciliana cristiano-sociale (USCS), di cui divenne segretario politico F. Pignatone; nel tentativo di estendere la presenza del movimento sul continente furono presi contatti con il vecchio gruppo cristiano-sociale di G. Bruni, ma senza esito.
La vicenda del M. s’inquadra in uno scenario complesso condizionato da un lato dalle lotte interne alla DC e dall’altro dalle scelte riguardanti il destino economico della Sicilia, dopo che la scoperta del petrolio nel sottosuolo dell’isola aveva alimentato un diffuso clima di speranza. All’elezione del M. concorsero, quindi, i malumori e l’insofferenza di una parte della DC siciliana e nazionale nei confronti di Fanfani, che cumulava le cariche di segretario del partito, presidente del Consiglio e ministro degli Esteri e mal sopportava le posizioni autonomistiche; inoltre, in Sicilia Fanfani aveva promosso il rinnovamento del partito, favorendo l’ascesa di giovani «professionisti della politica» che stavano erodendo gli spazi e il potere dei notabili. La stessa impronta centralista caratterizzava la posizione del governo nazionale sul problema delle risorse petrolifere e dell’industrializzazione della Sicilia. Il M. era tra quanti si battevano perché lo sfruttamento del sottosuolo andasse a beneficio dell’industria manifatturiera siciliana piuttosto che della grande industria del Nord. A sostegno di questa posizione erano i partiti di sinistra e D. La Cavera, presidente degli industriali siciliani, che ruppe con la Confindustria e si schierò in favore di una maggiore presenza in Sicilia dell’Ente nazionale idrocarburi (ENI) di E. Mattei.
L’iniziativa politica del M. fu subito avversata dalla Chiesa. Il 4 apr. 1959 il S. Uffizio rinnovò la scomunica ai comunisti estendendola a quanti, come il M. in Sicilia, si alleavano con essi. Inoltre, alla vigilia delle elezioni del 7 giugno, l’episcopato siciliano invitò espressamente a non votare per l’USCS. Malgrado ciò le urne confermarono la maggioranza «milazziana» e assegnarono all’USCS il 10,58 % dei voti e 9 deputati. Il 12 agosto il M. formò il nuovo governo regionale, ma il 17 dicembre, non avendo ottenuto per un solo voto la fiducia sul bilancio, si dimise. La crisi fu risolta con l’uscita di comunisti e socialisti e l’ingresso dei democristiani nella maggioranza. Il M. costituì il suo terzo governo il 18 dic. 1959, quando ormai era iniziata la parabola discendente sua e del suo partito, anche per effetto di una campagna di discredito e delle accuse di corruzione politica di cui fu oggetto; il 22 febbr. 1960, infine, rassegnò le dimissioni.
Nello specifico, a provocare la crisi furono il vicepresidente e assessore alle Finanze, B. Majorana della Nicchiara, convinto dalla DC ad assumere lui la guida di un nuovo governo regionale, e gli assessori G.R. Battaglia e E. Pivetti, tutti ex monarchici.
Alle elezioni regionali del 9 giugno 1963 l’USCS ottenne lo 0,8% dei voti e nessun seggio; messo sotto accusa dai suoi giovani luogotenenti, il M. fu espulso dal partito che aveva fondato. Amareggiato e deluso si ritirò nella sua villa di campagna nei pressi di Caltagirone dedicandosi all’agricoltura, alla riflessione storico-politica e alla pratica religiosa.
A conclusione dell’esperienza politica del M. sopravvive il termine «milazzismo», come neologismo che qualifica la formazione di alleanze politiche atipiche e incoerenti, quali potevano appunto essere le coalizioni di partiti di destra e di sinistra uniti contro il centro.
Il M. morì a Caltagirone il 24 dic. 1982.
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G. Sircana