VALERI, Silvestro
– Nacque a Roma il 31 dicembre 1814, da Girolamo e da Teresa Senesi.
Tra la fine degli anni Venti e l’inizio del decennio successivo frequentò l’Accademia di S. Luca, dove fu allievo di Tommaso Minardi. Durante il periodo di formazione ottenne i primi riconoscimenti nell’ambito degli annuali concorsi riservati agli studenti, vincendo per quattro volte il primo premio per il disegno alla scuola del nudo e nel 1832 quello per la pittura. L’alunnato presso Minardi e l’assidua frequentazione dello studio del maestro faentino a palazzo Colonna gli offrirono la possibilità di intessere una fitta rete di conoscenze e relazioni con artisti, intellettuali ed esponenti di spicco dell’aristocrazia romana, e non solo, che gli garantirono sin da giovane numerose commissioni.
Nel 1835 lo scrittore francese Stendhal, console a Civitavecchia, si fece ritrarre da Valeri (Ritratto di Stendhal in uniforme di console, Grenoble, Musée Stendhal). Tra il 1836 e il 1837 Valeri realizzò per don Filippo Doria una tela raffigurante S. Primo, destinata alla chiesa di S. Maria in Via Lata, e i dipinti murali a tempera (I quattro Evangelisti) per la cappella privata del principe in palazzo Doria Pamphilj. Contemporaneamente lavorò per la famiglia Borghese (S. Francesco di Sales che visita i carcerati, attuale ubicazione ignota) e dipinse una pala d’altare (Il Presepe, attuale ubicazione ignota) per la chiesa di S. Elisabetta dei Teutonici a Roma (demolita tra la fine del XIX secolo e l’inizio del successivo).
Nel 1845 si trasferì a Perugia, dove gli era stata assegnata la cattedra di pittura, disegno e composizione presso la locale Accademia di belle arti. L’anno seguente dipinse La Beata Vergine con Gesù fra le braccia, due angeli, s. Giovanni della Croce e alcuni devoti (Vergine refugium peccatorum) per l’altare maggiore della chiesa perugina di S. Teresa degli Scalzi.
Nell’opera, che fu pubblicamente presentata il 13 settembre 1846, sono ravvisabili gli stilemi più propri della maniera di Valeri, improntata sui principi del rigoroso purismo di ascendenza minardiana e sui costanti riferimenti alle fonti del classicismo rinascimentale nella ripresa e rielaborazione sia delle iconografie sia delle soluzioni formali.
Per l’anno accademico 1850-51 gli fu affidata la direzione dell’Accademia perugina. Nel 1852, all’annuale esposizione allestita presso l’istituto, presentò fuori concorso la tela S. Elisabetta regina d’Ungheria in abito di terziaria francescana, che gli era stata commissionata per la chiesa dei Ss. Sebastiano e Rocco dal parroco don Luigi Prosperini. Nello stesso periodo dipinse la pala d’altare (La Vergine che contempla il Bambino dormiente) per la parrocchiale di S. Croce a Bastia Umbra.
Nel 1850 completò il Ritratto della famiglia Rossi Scotti (Perugia, collezione privata; ripr. in Arte in Umbria..., 2006, p. 113), commissionatogli dal conte Gaspare, presidente dell’Accademia di belle arti e già suo compagno di studi a Roma in quanto anch’egli discepolo di Minardi.
Nel dipinto, capolavoro della ritrattistica ottocentesca, il nobile perugino è raffigurato nelle vesti di pittore, con la tavolozza in mano e intento alla realizzazione di un dipinto, nel salotto della sua residenza, circondato dalla moglie e da cinque dei sei figli. Nel gruppo familiare l’attenta resa fisionomica dei soggetti si coniuga con l’algida politezza formale delle pose, eleganti e composte, di chiara matrice purista. La minuziosa descrizione dei particolari degli abiti e dell’arredamento, inoltre, risulta accentuata dai virtuosistici effetti luministici.
Nel 1854 lo stesso conte Rossi Scotti gli allogò anche il dipinto Lo sposalizio della Vergine (attuale ubicazione ignota).
Nel corso di quel decennio Valeri portò a termine la decorazione ad affresco, oggi perduta, dell’abside e del presbiterio del duomo di Todi con le Storie della Vergine. Per tale impresa, condotta a più riprese tra il 1851 e il 1857, fu coadiuvato dagli allievi Francesco Moretti, Eliseo Fattorini e Alessandro Zucchetti.
Successivamente, tra il 1858 e il 1859, sempre a Todi, eseguì per gli altari laterali della chiesa di S. Francesco due tele: L’Immacolata Concezione e S. Francesco che riceve le stimmate.
Nel giugno del 1863 fu nominato direttore della neoistituita Pinacoteca comunale Pietro Vannucci di Perugia. Nell’aprile del 1865 fu insignito dell’onorificenza di cavaliere dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro.
Nel 1867 dipinse l’Allegoria dell’ordine nuovo dello Stato liberale (Roma, collezione Lemme), opera di chiara matrice patriottica. Nel 1870 presentò un quadro, La Madonna santissima che innaffia un giglio (indicato anche con il titolo di Madonna giardiniera), all’Esposizione romana relativa all’arte cristiana e al culto cattolico, allestita presso il chiostro di S. Maria degli Angeli. L’anno successivo realizzò la Madonna del cardellino (ripr. in Arte in Umbria..., 2006, p. 141) come dono di nozze per Costanza Angeli, che si unì in matrimonio con Carlo Pensi, rampollo di una nobile famiglia tuderte. Nella stessa occasione dipinse per i neosposi un quadro da capoletto raffigurante la Madonna col Bambino (o Madonna della seggiola; ripr. ibid., p. 142). Sempre nel 1871 fu eletto accademico di merito dell’Accademia di S. Luca a Roma, e inoltre si fece promotore dell’azione volta a far acquistare al Municipio di Perugia la collezione del conte Scipione Conestabile della Staffa, che includeva la Madonna del libro di Raffaello oggi al Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo (della quale aveva dipinto una copia nel 1848).
Nel 1873, anno in cui andò in pensione lasciando l’incarico d’insegnante all’Accademia di Perugia, sposò in seconde nozze la contessa tuderte Sestilia Francisci Piccini e si stabilì a Todi in una residenza di campagna di proprietà della consorte, denominata villa la Torricella, di cui decorò alcuni ambienti (murali a tempera con fregi ornamentali, motivi classicheggianti e floreali) e l’attigua cappella (finto coro in trompe-l’oeil; Compianto di Cristo al di sopra dell’altare; ripr. in Ricci, 2006, p. 98).
Nel 1888 terminò l’Autoritratto (Perugia, Museo dell’Accademia di belle arti), che volle donare all’Accademia perugina.
Valeri si dedicò all’attività di ritrattista sin da giovane, ricevendo numerose commissioni. Verso il genere del ritratto dimostrò particolare interesse e predisposizione, riuscendo a trovare una felice sintesi tra la compostezza formale suggeritagli dalle istanze classiciste e l’attento realismo delle descrizioni fisionomiche (Ritratto di Fortunato Chialli, 1850 circa, Città di Castello, Pinacoteca comunale; Ritratto di Tommaso Minardi, 1865 circa, Roma, collezione privata; ripr. in Maestà di Roma, 2003, p. 317; Ritratto del professor Adamo Rossi, 1870 circa, Perugia, Museo dell’Accademia di belle arti).
Morì a Roma nel 1902.
Fonti e Bibl.: G. De Sanctis, Tommaso Minardi e il suo tempo, Roma 1900, pp. 148 s.; A.M. Comanducci, I pittori italiani dell’Ottocento. Dizionario critico e documentario, Milano 1934, pp. 765, 766; Pinacoteca Comunale di Città di Castello. Dipinti. Palazzo Vitelli alla Cannoniera, a cura di F.F. Mancini, Perugia 1987, pp. 17, 19, 267, 271; Museo dell’Accademia di belle arti di Perugia. Dipinti, a cura di C. Zappia, Città di Castello 1995, pp. 43 s., 184 s.; Maestà di Roma. Da Napoleone all’Unità d’Italia, I, Universale ed Eterna. Capitale delle Arti (catal., Roma), a cura di S. Susinno et al., Milano 2003, pp. 298, 311, 317, 558; Romantici e macchiaioli. Giuseppe Mazzini e la grande pittura europea (catal., Genova), a cura di F. Mazzocca, Milano 2005, pp. 139, 260; Arte in Umbria nell’Ottocento (catal., Perugia-Terni-Foligno-Orvieto-Spoleto-Città di Castello), a cura di F.F. Mancini - C. Zappia, Cinisello Balsamo 2006, pp. 112 s., 130 s., 141 s.; S. Ricci, Da Roma a Perugia. Da Perugia all’Europa: Tommaso Minardi. Gli artisti tedeschi e i puristi italiani alla scoperta dell’“Umbria santa”, ibid., pp. 88-99; F. Boco, La scuola, i maestri e l’Accademia di Perugia, in Pittori umbri dell’Ottocento. Dizionario e atlante, a cura di F. Boco - A.C. Ponti, Marsciano 2006, pp. XXI-XXXVII; D. Vasta, La pittura sacra in Italia nell’Ottocento. Dal neoclassicismo al simbolismo, Roma 2012, p. 60.