Silvestro I
Papa dal 31 gennaio 314 al 31 dicembre 335. Alla lunghezza del suo pontificato e al fatto di essere stato il primo pontefice a godere della pace della Chiesa, dopo un lungo periodo di persecuzioni o almeno d'illegittimità, terminato sotto il predecessore Milziade, non corrisponde l'importanza della sua opera, che fu piuttosto modesta.
Infatti, tutto preso dall'esaltazione dell'imperatore Costantino, il Liber Pontificalis (ediz. L. Duchesne, Parigi 1886, I 170-201), che ha un ampio paragrafo sotto il suo nome, riporta un numero limitatissimo di notizie consistenti in decreti liturgici e disciplinari circa la vita del clero e nell'istituzione del titulus Equititi (l'attuale San Martino ai Monti). L'ultima affermazione (e non solo essa) è contestata dagli storici moderni, che considerano più antico il titulus, pur riconoscendo che il nome e il culto di S. risultano connessi con tale chiesa fin dal sec. IV. Il Liber Pontificalis accenna alla condanna degli eretici (Ario, Fotino, Sabellio), attribuendone il merito anzitutto a Silvestro. Ma in realtà appare piuttosto secondaria l'azione del papa nella risoluzione delle complesse questioni dottrinali che agitarono la Chiesa in quegli anni. I due interventi più clamorosi, il concilio di Arles del 314 per comporre lo scisma donatista e quello ecumenico di Nicea del 325 per decidere sull'eresia ariana, si devono molto più all'intraprendenza dell'imperatore che all'iniziativa papale. S. approvò le decisioni del primo e inviò due presbiteri e il vescovo Osio come suoi legati a Nicea. L'invadenza dell'imperatore in questioni puramente ecclesiastiche si spiega anche con il carattere debole e remissivo del papa.
Solo alcuni secoli dopo, specialmente sotto il regno di Teodorico al tempo del papa Simmaco (498-514), il pontificato di S. divenne il tema principale di una serie di scritti apocrifi (Atti del beato S., Constitutum, Sinodo dei 275 vescovi; su di essi cfr. Duchesne, cit., pp. CXXXVII-CXLI), ai quali nel sec. VIII si aggiunge la Donatio Constantini. Trascurando i numerosi elementi biografici romanzati, in tali scritti si afferma non solo (contro la storia) che S. battezzò Costantino, ma anche che lo guarì dalla lebbra; infine con l'ultimo documento giuridico l'imperatore conferiva al papa numerosi privilegi e in particolare tutti i diritti sovrani su Roma, sull'Italia e praticamente su tutto l'Occidente, mentre sarebbero rimasti immutati i diritti imperiali in Oriente. La storia di simili documenti è piuttosto complessa e ancora oggetto di ipotesi; comunque non c'è nessun dubbio circa il loro carattere apocrifo. Tali falsi stentarono a imporsi; ma nei sec. XII-XIII tutti li ammettevano come autentici, anche quanti ne biasimavano il contenuto. D. fu tra questi ultimi.
Nella Monarchia D. in un lungo capitolo (III X) dimostra l'invalidità (non la sua origine spuria) della Donatio. Gli argomenti principali sono: Costantino non poteva compiere un atto contrario alla natura dell'Impero e superiore alla sua autorità; d'altra parte il papa non poteva accettare la donazione perché rappresentante di un regno spirituale, cui nel Vangelo si proibisce il possesso di beni terreni. Nella Commedia si esprime sdegno per la Donatio e se ne lamentano le tristi conseguenze (If XIX 115-117, Pd XX 55 ss.). In If XXVII 94 ss. si allude alla leggenda di S. che, fuggito sul monte Soratte per scampare alla persecuzione di Costantino, riceve, guarisce dalla lebbra e battezza l'imperatore pentito. Alla leggenda si riferiva già Brunetto Latini (Tresor I 87).
Bibl. - Oltre alla bibliografia segnalata in calce alla voce Donazione di Costantino, si veda: W. Lewison, Konstantinische Schenkung und Silvestre-Legende, in Miscellanea F. Ehrle, Roma 1924, II 159-247.