CENTOFANTI, Silvestro
Filosofo e scrittore, nato a Calcinaia, presso Pisa, l'8 dicembre 1794, morto a Pisa il 6 gennaio 1880. Studiò a Pisa, avendo a maestro il Carmignani e si laureò in giurisprudenza. Coltivò in gioventù gli studî poetici: pubblicò nel 1814 il poemetto Il presentimento avverato, ovvero la perfetta sovranità, inneggiante al ritorno di Ferdinando III, e poi alcune terzine dedicate al Monti, che gli rispose incoraggiandolo. Nel 1822 si stabilì a Firenze; insieme con V. Antinori e G. Libri, ebbe incarico dal granduca di illustrare la vita e le opere del Galilei, e collaborò all'Antologia del Vieusseux, scrivendovi, tra gli altri, un articolo intitolato Teorica delle leggi della sicurezza morale, volto a confutare le dottrine del Carmignani. Nel 1829 pubblicò una tragedia, l'Edipo re, rappresentata a Firenze con scarso successo, e nel 1837 iniziò un corso di letture sulla Divina Commedia, alle quali fece precedere un Preludio al corso di lezioni su D. Alighieri, che pubblicò l'anno dopo. Il corso ebbe affluenza di ascoltatori e probabilmente fu occasione al governo granducale per affidargli la cattedra di storia della filosofia nell'ateneo pisano dove professò fino al 1848. Vi tenne un corso frequentatissimo intorno alla Storia dei sistemi della filosofia; e pur continuando negli studî storici e letterarî, con un discorso Sulla letteratura greca dalle sue origini fino alla caduta di Costantinopoli (1841), e con uno studio Sulla vita e sulle opere di Vittorio Alfieri (1842), si dedicò d'allora in poi alle discipline filosofiche pubblicando: Del Platonismo in Italia (1844); Ricerche filosofiche sulla verità delle cognizioni umane (1846), ecc. Il 15 marzo 1848 lesse un discorso sul Risorgimento italiano, accolto con entusiasmo dai giovani, che si disponevano a partire per la prima guerra dell'indipendenza e poco dopo partecipò ai moti politici toscani, sia pure con moderazione, che fece ombra al governo democratico del Guerrazzi e del Montanelli. Restaurato il governo granducale, si trovò modo di sopprimere la cattedra da lui occupata, e di creargli un ufficio, che ebbe vita solo nel nome, d'ispettore delle biblioteche toscane. Dopo il 1859 fu nominato consultore di stato e deputato all'assemblea toscana, quindi senatore del regno (22 marzo 1860). Non poté, per ragioni di salute, riprendere l'insegnamento: ma dell'università di Pisa fu provveditore e rettore.
Come filosofo, il C. indagò acutamente la crisi dello spirito dei primi decennî del sec. XIX, e quasi s'accompagnò col Vico quando ricercò nelle forme autonome dello spirito la ragione d'ogni fatto sociale e rappresentò il sorgere del diritto tra gli uomini idealmente raffigurati nella loro primitiva condizione di creatori del mondo civile. La sua filosofia ha una base profondamente religiosa; nei suoi scritti intese di dimostrare che il materialismo coi suoi metodi empirici era stato incapace di sollevare lo spirito alla concezione dell'idealità della vita umana, e che quindi era necessario il ritorno della civiltà moderna al Cristianesimo, concordando in ciò, sia pure inconsciamente, con l'autore della Teorica del sovrannaturale e del Primato.
Bibl.: A. D'Ancona, S. C., in Fanfulla della domenica, del 16 gennaio 1880, ristampato poi con aggiunte in Ricordi ed affetti, Milano 1908; A. Gelli, S. C., in Rass. nazionale del 1° luglio 1880; F. Fiorentino, S. C., in Giorn. napoletano, VI, 1880; C. Guasti, S. C., in Opere, III, Prato 1895; A. Salza, Dal carteggio di A. Torri, Pisa 1897; G. Gentile, S. C., in La Critica, 1916-18, ristampato poi in G. Capponi e la coltura toscana del sec. XIX, Firenze 1922; D. Biondi, Un dimenticato. S. C. nella vita e nell'opera letteraria, Pisa 1921.