CASTELLINI, Silvestro
Nato a Vicenza nel 1576, se ne hanno scarse e frammentarie notizie biografiche.
Discendeva da una famiglia trapiantatasi da Milano a Vicenza ancora alla fine del ’300 ai tempi di Gian Galeazzo Visconti – come il C. stesso ricorda, ne fu capostipite “Antonio Castellino, figliuolo di Castellino della Torre”, nominato nel 1387 capitano di Montecchio Maggiore – e ascritta, in seguito, al Consiglio nobile della città, ove, nel 1510, deteneva tre posti; ad essa appartenne il notaio Silvio di Francesco che esercitò quanto meno dal 1558 al 1586, periodo al quale risalgono gli atti da lui rogati esistenti all’Archivio di Stato di Vicenza. Poiché, d’altra parte, l’erudizione locale attribuisce concorde al C. la qualifica di notaio – ma nessun atto ne emerge dal’pur continuato e cospicuo fondo notarile dell’archivio cittadino –, è supponibile un rapporto di parentela assai stretto tra il C. e Silvio, forse, addirittura, suo padre; e non è da escludere che ne abbia proseguito, in qualche modo, l’attività. Ulteriore spessore acquista altresì la figura del C. alla luce dell’ipotesi, ultimamente formulata dal Mantese il quale – osservando che la sua opera maggiore s avvale d’una nutrita documentazione ufficiale cui difficilmente, se non fosse stato archivista, avrebbe potuto accedere – tende a identificarlo con quell’Ottavio Castellini (e, allora, a Silvestro va aggiunto anche il nome di Ottavio) che – così risulta dalla domanda del fratello Domenico di subentrargli, lui morto, nella carica – nel 1604 “fu, per gratia” del Consiglio comunale vicentino, “eletto cancelliero al registro et archivio” cittadini.
Erudito di cui nulla, per quanto lo desiderasse, uscì in vita, sua prima fatica fu una traduzione, del 1605, dal latino della cronaca quattrocentesca di Battista Paglierini, condotta, in mancanza dell’originale, sulla trascrizione eseguita, tutt’altro che accuratamente, nel 1544, dal pubblico notaio Adriano di Antonio da Lodi.
Pubblicata nel 1663 a Vicenza – per interessamento di Giorgio Giacomo Alcaini, cui era pervenuta manoscritta – col titolo di Croniche di Vicenza di Battista Pagliarino scritte dal principio di questa città fino al tempo ch’ella si diede sotto al...dominio veneto 1404, verrà definita “meschina versione” dal Calvi, perché “contraffatta e alterata...nelle epoche, nelle azioni, nei nomi, nella gramatica..., nella lingua ... ; né si può leggere a lungo senza noia e molto meno studiarla senza sdegnarsi”. Addebiti da far risalire, in realtà, al testo latino utilizzato dal C., compromesso, col passar del tempo, da una “veste” in “assai luoghi ... mutata et alterata” (G. Marzari, La historia di Vicenza..., II, Vicenza 1604, p. 148). Più pertinente, semmai, la pur severa critica al C. d’un altro erudito settecentesco, Francesco Fortunato Vigna, il quale rimprovera alla traduzione l’eccessiva aderenza ad un testo di per sé difettoso.
Nonostante l’infelicità della scelta. e dei risultati, lo sforzo di traduttore del C. trova una sua giustificazione se situato, a mo’ di esercizio preparatorio, alle soglie del notevolissimo e prolungato impegno dedicato alla stesura della diffusa e minuziosa Storia della città di Vicenza ove si vedono i fatti e le guerre de’ vicentini così esterne come civili dall’origine di essa città sino all’anno 1630.
L’opera, che l’autore presenta come atto d’amore per la città e i suoi abitanti, dovette costargli non poche amarezze, non ultima quella di non vederne incoraggiata la stampa. Sta di fatto che essa suscitò più critiche – v’era irritazione, riferirà il Calvi, tra i maggiorenti locali perché, “nelle genealogie delle famiglie nobili”, si palesavano “i principi bassi di alcune” – che consensi, al punto che il C. desistette dal proseguirla. “Se Vicenza – afferma in una lettera, di cui è ignoto il destinatario, del 16 genn. 1629 – non ritrova altra persona che scriva le cose sue e che la difenda ne’ suoi bisogni, non creda certo di sperare alcuna fatica da me, essendomi risoluto di lasciarla affatto non solo per mancamento di tempo, per difetto di credito o per carestia di danari, ma, quel che più importa, per fuggire alcun pericolo o naufragio che mi potesse portare la malignità o invidia, ovvero la insolenza; né so se questo avvenga per essere creduto insufficiente o per mia cattiva disgrazia” (Alcune lettere..., a c. di P. A. Caldogno). Evidentemente il contrasto con l’ambiente cittadino andava al di là delle proteste provocate dalle sue non addomesticate ricerche genealogiche. La situazione di Vicenza nel 1616 da lui descritta nella Storia lo mostra critico severo di tutto e di tutti: il governo della città – scrive – è nelle mani di “gentiluomini” per lo più “macchiati a causa del troppo favor” prestato ai malvagi ed è turbato dalla cronica inimicizia tra i Capra e i Da Porto; troppo rapidi ed eccessivi gli arricchimenti dei “cittadini nuovi”, boriosi e dimentichi “della lor prima origine tratta da gente villana”; “ingolfato ne’ vizi” lo “stato” dei “mercanti” e degli “artisti”, poiché, trasmodando, “sì nel vivere che nel vestire, pretendevano ... superare il primo stato e il secondo”. Anche un giudizio siffatto può contribuire alla scarsa fortuna della Storia nel ’600, alla sua mancata stampa. Questa si realizza solo nel secolo successivo, quando nessuno aveva più ragione di dispiacersi delle sue critiche ed il clima culturale era meglio in grado di apprezzame il solido impianto erudito e la diligente abbondanza d’informazioni. “Smembrata e qua e là dispersa” in “privati archivi”, sarebbe stato impossibile “ridurla ... in un sol corpo”, se i nobili Pietro Conti e Enea Arnaldi e “I’interveniente di questo foro” Francesco Crosara non avessero fornito le diverse parti in loro possesso in modo da permetterne la pubblicazione. Uscì cosi, a Vicenza, in 14 tomi (i primi 9 pei tipi di Francesco Vendramini Mosca, i successivi per quelli di Veridramin Parise), tra il 1783 e il 1822, l’edizione postuma, con notevoli innovazioni rispetto al testo originale: ammodernate la grafia e l’interpun ione; premesso ad ognuno dei 19 “libri” un rapido sunto; irrobustito il testo da sostanziose note “che servano... di guida ... nel lungo viaggio” al lettore facilitato da indici accurati; aggiuntì, a mo’ d’appendice, brani di documenti, cronache, storie. Finalmente pubblicata, la Storia costituiva un punto di riferimento essenziale per l’erudizione storica locale, una fonte autorevole per le ricerche successive, ché, se la parte iniziale è debole per l’eccessiva indulgenza nei confronti delle tradizioni leggendarie, una volta addentrato nell’età medievale e moderna, il racconto, sorretto da un’ampia documentazione più volte citata e prodigamente inserita, si fa circostanziato e attendibile. Resta, comunque, come osserva il Morsolin, più “cronaca” che “vera storia” per l’incapacità del C. di conferire un ritmo unitario all’esposizione. Questa procede, a volte con fatica ed impaccio, frantumata in una miriade di notizie, utili ma eterogenee: divaganti schizzi biografici, carestie, epidemie, inondazioni, raccolti più o meno abbondanti, artisti e loro attività, tensioni civili, guerre. Moltissimi i dati attinenti alla storia ecclesiastica: vescovi, figure di santi, presenza di Ordini religiosi, edificazione di luoghi pii. Indubbia, d’altronde, la visione religiosa degli avvenimenti che induce, ad esempio, il C., a proposito dì quelli “calamitosissimi” del 1508-11, a giudicarli “giusto castigo” divino pei “tanti errori del suo popolo”; e non antitetica tuttavia ad un atteggiamento filoveneziano sì che il C. ritiene legittima l’espulsione, avvenuta durante l’interdetto, dei gesuiti. Questi, infatti, “contra ogni termine avevano sparlato dai ... pulpiti d’Italia de’ veneziani, onde meritamente rimasero banditi da tutto lo stato ... e confiscati furono i loro beni e consegnati al patriarca...”.
Inediti gli altri scritti del C. e puramente compilatori; ma proprio la scarsa elaborazione, che li rende grezza congerie di notizie, ne fa una fonte di prima mano per ricerche di storia urbana ed ecclesiastica. Avendo come corollario la diligente trascrizione degli Epitaffi moderni che sono in Vicenza et in altri luoghi dedicati a vicentini et altri, la Descrizione della città di Vicenza dentro dalle mura – parzialmente pubbl. a Vicenza nel 1885 a cura di Domenico Bortolan – intende, avendo come modello quanto avevano fatto Francesco Sansovino per Venezia, Bartolomeo Burchelati per Treviso, Bernardino Scardeone per Padova, “mandare alla memoria de’ posteri alcune cose ... tralasciate” nell’opera maggiore: donde “il sito della città, la grandezza delle mura sì antiche come moderne, li palaggi, le chiese ... insieme con tutte le inscrittioni de’ sepolcri”.
Prevalenti nel testo – che inizia col “domo” e si conclude colle “colonne” poste “per abbellimento della piazza” – le informazioni dettagliate su chiese e monasteri, al punto che l’opera dovette esser nota anche come “Historia ecclesiastica”: tale almeno la definisce, nel ’600 inoltrato, l’ignoto trascrittore, da questa, della “Relatione dell’edificatione della chiesa di S. Maria Aracelli et suo monasterio”.
Complementare alla Descrizione della città... la Descrittione delli borghi di Vicenza, dedicata a “quanto di notabile et degno di memoria si ritrova” nelle contrade di “Berica, S. Felice, S. Pietro, Portanova, Pusterla”, di cui si susseguono le chiese, le cappelle, gli ospizi, i ponti, gli oratori, e gli edifici in genere.
Il C. morì a Vicenza il 15 apr. 1630, presumibilmente di peste.
Fonti e Bibl.: Alla Bibl. civ. Bertoliana di Vicenza si trovano, con la segnatura mss. 1739-1740 (Gonz. 22.11.15,16), gli autografi della Descrizione della città..., e di quella delli borghi...; sempre alla Bertoliana, il ms. misc. 2825 contiene l’autografo degli Epitaffi moderni, copia ottocentesca della lett. del 16 genn. 1629 e la “relatione... della chiesa di S. Maria Aracelli...” (e, pei singoli pezzi, la segnatura è, anche, nell’ordine, Gonz. 22.9.8, 26-4-5/43 e 25.10.27); Alcune lettere scritte nei secc. XVI-XVII..., a c. di P. A. Caldogno, Venezia 1835, pp. 73 s., 76; F. Pigafetta, La descriz. del territorio e del contado di Vicenza, a c. di A. Da Schio-F. Barbieri, Vicenza 1974, pp. 12, 19, 34, 51; F. F. Vigna, Preliminare di alcune dissertazioni intorno alla storia... di Vicenza, Vicenza 1747, pp. 87, 98 s.; Angiolgabriello di S. Maria [P. Calvi], Biblioteca e storia di... scrittori... di Vicenza, III, Vicenza 1775, p. 100; VI, ibid. 1782, pp. 61-63; F. Formenton, Corona di vicentini illustri, Vicenza 1870, p. 52; G. Valentinelli, Bibliotheca manuscripta ad S. Marci Venetiarum..., VI, Venetiis 1873, p. 260; B. Morsolin, Le fonti della storia di Vicenza..., in Archivio veneto, XXII (1831), p. 414; B[ernardo] M[orsolin], segnalazione dell’ed. ridotta, a cura di D. Bortolan, della Descrizione... di Vicenza, in Arch. stor. ital., s. 4, XVI (1885), p. 450; C. Cipolla, Studi su Ferreto dei Ferreti, in Giorn. stor. della lett. it., VI (1885), pp. 60-61; A. Bonardi, Della “Vita... di Ezzelino...” scritta da Pietro Gerardo, in Misc. di st. veneta, s. 2, II (1894), pp. 6 n. 1, 144, S. Rumor, Il blasone vicentino, Venezia 1899, pp. 48 s.; Id., Gli scrittori vicentini..., III, Venezia 1908, p. 84; Id., Bibliografia storica... di Vicenza, Vicenza 1916, nn. 79, 4956; Davide da Portogruaro, Storia dei Cappuccni veneti, II, Venezia 1957, pp. 154 n. 2, 177 n. 3; G. Mantese, Vicenza. Panorama storico, Verona 1960, p. 96; Id., Mem.. storiche della Chiesa vicentina, I-V, Vicenza 1952-1974, ove il C. è ampiamente utilizzato e gli è dedicato un cenno alle pp. 1027-29 del IV vol.; I. R. Hale, Francesco Tensini and the fortification of Vicenza, in Studi veneziani’, X (1968), pp. 233 n. 2, 244 s., 248 n. 57; L. Puppi, A. Bianchi, uno... scultore lombardo del ’600..., in Arte lombarda, XIII (1968), 2, p. 74 n. 18; G. Gualdo jr., 1650. Giardino di chà Gualdo, a cura di L. Puppi, Firenze 1972, pp. XX n. 17, XXIX n. 70, XXXIII n. 90, 30 n. 3; F. Barbieri, L’oratorio di S. Nicola a Vicenza, Vicenza 1973, p. 33; A. Corradi, Annali delle epidemie occorse in Italia..., Bologna 1972, I, p. 576; V, pp. 228-229, 235 n. 4, 239 n. 2, 282 s., 323, 327, 333 n. 1, 343 s., 358, 360, 365, 370; G. Mazzatinti, Inventari dei manoscrittì delle Biblioteche d’Italia, LV, p. 226.