BUONO, Silvestro
La fisionomia di questopittore, che era attivo a Napoli intorno alla metà del secolo XVI, è stata ricostituita di recente, per merito essenziamente di F. Bologna il quale ha rettificato gli errori che dalle Vite diB. De Dominici si erano tramandati fin quasi ai giorni nostri.
Il biografo settecentesco infatti, raccogliendo evidentemente una tradizione che già ai suoi tempi aveva confuso più personalità di artisti con lo stesso cognome, parla di un Silvestro Buono che sarebbe vissuto tra il sec. XV e il XVI ed al quale egli assegna un gruppo di opere assai dissimili tra di loro, e di un Silvestro Bruno, attivo invece nel Cinquecento inoltrato, che sarebbe stato allievo di G. B. Lama.
Già il Filangieri dimostrò, in base a documenti, che il solo dato certo, tra i vari riferiti tradizionalmente al B., restava quello costituito dalla pala con la Madonna col Bambino e i ss. Giovanni Evangelista e Battista nel duomo di Sorrento - firmata "Silvester Bonus Neap."(ma non datata 1575 come voleva il Filangieri) - e che nel "Bruno" del De Dominici bisognava individuare la vera persona storica del B. (e di conseguenza dimostrava l'inesistenza del Buono tardoquattrocentesco).
Si aggiunse poi (Bologna) un altro elemento di conoscenza sicura con il ritrovamento di una Pietà, nel convento dei francescani di Avellino, che è pur essa firmata, e datata 1551. Con queste due opere ben si accordano stilisticamente la Adorazione di Magi di S. Caterina a Formello a Napoli, nonché l'Immacolata e la Vergine con i ss. Gerolamo e Francesco diS. Gregorio Armeno, già ricordate dal De Dominici sotto il nome del Bruno.
Il nucleo così ricostituito è stato quindi ulteriormente ampliato dal Bologna con le attribuzioni al B. della Pietà n. 331 del Museo di Capodimonte, già ritenuta di G. B. Lama, di un S.Andrea che è nei depositi della Galleria Borghese di Roma (che A. Venturi, Storia dell'arte italiana, IX, 6, Milano 1933, p. 261, cita come opera di Daniele da Volterra) e di due Profeti che anni fa erano sul mercato antiquario tedesco.
La Madonna del duomo di Sorrento appare, con tutta evidenza, precedente di almeno un decennio la Pietà di Avellino: nel primo dipinto infatti il B. mostra di risentire ancora l'eco del raffaellismo di seconda mano (importato a Napoli da G. B. Penni dopo il 1527), aggiornato però sugli esempi del manierismo più mosso ed elegante di Perin del Vaga, di Michiel Coxie e soprattutto di Polidoro da Caravaggio, il quale era stato pur egli attivo a Napoli; la Pietà avellinese mostra invece uno sviluppo dell'insegnamento di Polidoro in un senso più autonomo che, per particolari suggestioni espressive, si pone quasi come un fenomeno parallelo a quello dei "romanisti" nordici delle cui opere il B. dovette pur avere una qualche conoscenza riflessa.
I dipinti di S. Caterina a Formello e del Museo di Capodimonte e gli altri attribuiti dal Bologna segnano le successive tappe di un percorso stilistico nel quale si assommano le varie componenti culturali dell'ambiente artistico napoletano del tempo ed al quale si ispirarono quasi tutti i pittori locali, da Decio Tramontano a Cesare Turco a Teodoro d'Errico Fiammingo, compreso perfino il Lama che è pertanto da ritenere seguace (come dimostrano le varie sue repliche dall'Immacolata del B. in S. Gregorio Armeno), più che maestro del nostro artista.
Ancora negli ultimi decenni del sec. XVI, dopo che Marco Pino ebbe importato a Napoli modi pittorici più aggiornati, al corrente dei recenti sviluppi del manierismo romano d'ascendente salviatesco e soprattutto michelangiolesco, la tendenza nordicizzante, di sapore quasi espressionistico, impersonata dal B. soprattutto con le sue Pietà, e dal Lama, si dimostra come quella che meglio rappresenta la partecipazione dell'ambiente napoletano alla "maniera".
Si ha notizia (da documenti pubbl. dal Filangieri, p. 69) di altri dipinti eseguiti dal B. per la chiesa dell'Annunziata e per S. Restituta nel duomo di Napoli: ma tali opere non sono più identificabili.
Bibl.: B. De Dominici, Vite de' pittori, scultori ed architetti napoletani, II, Napoli 1743, pp. 219-222; G. Filangieri, Documenti per la storia,le arti e le industrie delle Provincie Napoletane, V, Napoli 1891, p. 69; F. Bologna, Roviale spagnuolo e la pittura napoletana del Cinquecento, Napoli 1958, pp. 17, 70-73; R. Causa, Pittura napoletana dal XV al XIX secolo, Bergamo 1958, p. 24; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 232 (con bibl. prec.).