PONTICELLI, Silvestro Antonio
- Nacque a Parma nel 1741 da una famiglia nobile proveniente dalla Garfagnana e segnalata a Parma sin dai primi decenni del XVIII secolo.
Iniziò la sua carriera nel 1741 in Spagna, al servizio del duca d’Atri. Fu quindi al seguito di don Filippo di Borbone durante le sue campagne militari in Piemonte. Dopo la pace del 1748, in qualità di esperto «conoscitore degli 80 e più ingredienti della storica e veneranda triaca» (Lanzoni, 1933, p. 112) venne elevato alla cattedra di botanica o dei semplici nell’Ateneo parmense con uno stipendio annuo di duemila lire parmensi, posto che tenne fino al 1768. Nel 1753 pubblicò il Discorso sopra la teriaca, apprezzato nella Storia letteraria d’Italia di Francesco Antonio Zaccaria (1755, VII, pp. 192 s.) per lo sfoggio di erudizione, nel quale mostrava di ritenere ancora valido l’antico antidoto basato su carne di vipera e altri ingredienti tra i più vari del quale riconosceva «le singolari doti e le virtù salutifere» (ibid., p. 193).
Nominato nel frattempo protomedico generale, Ponticelli divenne archiatra di corte e fu fregiato del titolo di conte di Contignaco, il cui castello forse acquistò per l’occasione. Primo presidente del Tribunale del Regio-Ducale Protomedicato, nato nel 1749 con lo scopo di promuovere lo studio della medicina e controllare l’esercizio della professione, non ebbe vita facile nell’intervenire nell’organizzazione sanitaria dell’ospedale della Misericordia, principale istituzione ospedaliera parmense, soprattutto nel corso delle epidemie che flagellavano periodicamente la città. Dalla intensa corrispondenza con i primi ministri tra il 1749 e il 1769, anno in cui gli successe Giuseppe Camuti nella carica di protomedico, emergono non poche tensioni con il personale dell’ospedale restio ad accogliere le indicazioni del Ponticelli. Nell'aprile 1761 riferì al ministro Du Tillot di aver duramente biasimato i medici, ordinando loro di notificargli casi di «febbre petecchiale, pleuritica e peripneumonica» (cit. in Gentilcore, 2005, p. 200).
Nel suo trattato Di tre specie di affezione isterica, e ipocondriaca, pubblicato a Lucca nel 1759, Ponticelli si presentava come «conte di Farneta e di Guissola, nobile modenese, Accademico dell’Instituto di Scienze di Bologna, Regio Professore della Università d Mompellier, e socio corrispondente della Real Accademia delle Scienze» nonché consigliere con voto della parmense Accademia delle Belle arti. Nonostante i titoli altisonanti, le amicizie illustri e la fama di cui godette non solo a Parma, venne descritto da molti come un mediocre scienziato, vanitoso, opportunista e «cacciatore di emolumenti e di prebende» (Palazzi e casate, 1971, p. 724). Dal punto di vista della dottrina medica così come nella politica sanitaria, ebbe in effetti posizioni talvolta conservatrici o comunque contraddittorie.
Nel 1750 si oppose all’istituzione di un’Accademia di Anatomia all’interno dell’ospedale della Misericordia proposta da Marco Cavedagni e Almerico Pateri, da lui raccomandato al Collegio dei Medici nonostante fosse privo dello status nobiliare che lo stesso Ponticelli aveva contribuito a rendere obbligatorio per entrare a far parte del Collegio. Il ministro Serratti gli diede ascolto, ma un anno dopo, su iniziativa del nuovo ministro Giuseppe Carpintero e per ordine del duca, fu istituita un’Accademia Fisico-anatomica presieduta dallo stesso Ponticelli.
Nell’insegnamento della botanica egli non si distinse per spirito innovativo, ma si limitò come altri medici-lettori della sua generazione alla mera esposizione dei semplicisti greci e arabi e perciò finì per essere sostituito dall’abate Giovanni Battista Guatteri che si dedicò allo studio delle piante con un nuovo indirizzo sperimentale basato sugli insegnamenti della scuola padovana dove si era formato. Nel suo trattato sull’isteria - definito «morbo intrigantissimo, e del pari contumace e difficile» (Di tre specie di affezione isterica, 1759, p. XV) - corredato di un interessante serie di consulti e apprezzato nelle Novelle Letterarie (1759, coll. 643-645) per l’eleganza e l’accuratezza dell’edizione, pur citando le tesi di Herman Boerhaave sulle origini non uterine ma celebrali dell’isteria, finì comunque per collocarsi su piano classificatorio e terapeutico nel solco della tradizione.
Molto discussa fu la presa di posizione di Ponticelli contro l’inoculazione del vaiolo, che mieteva vittime anche tra i Borbone. L’appoggio del noto medico bresciano Francesco Roncalli Parolini, autore dell’opuscolo In variolarum inoculationem dissertatio epistolaris nel quale dichiarava, in risposta a una sua lettera, «che non si debba e che non si possa fare in coscienza quest’innesto, tentando una cosa dubbia, e facendo venire un mal certo che talora riesce mortale a uno che è sano» (Novelle letterarie, 1759, coll. 149-151) convinse Ponticelli a pubblicare nel 1761, due anni dopo la morte per vaiolo della duchessa Infante Luisa Elisabetta di Borbone-Francia, un trattato sugli Infortuni del vaiuolo e metodo di andarne al riparo, nel quale manifestava la sua contrarietà al «moderno innesto» a suo giudizio rischioso inefficace nei confronti di una male che continuava ad «allarmare in Italia» i medici delle più diverse scuole (Biblioteca moderna, 1763, I, p. 415-419). Per queste ragioni nel 1764 si oppose all’inoculazione del giovane principe, il tredicenne Ferdinando di Borbone, che su consiglio di Du Tillot fu operata dal medico ginevrino Théodore Tronchin. Neanche un anno dopo, mentre la Gazzetta Medica (uscita tra 1762 e il 1765 inizialmente col titolo Gazzetta medica d’oltremonti e poi col titolo Raccolta d’opuscoli medico-teorico-pratici ed anatomici), alla cui redazione Ponticelli lavorò assiduamente, dava ampio spazio ai pareri a favore e contro la variolizzazione, moriva di vaiolo lo stesso don Filippo mentre era ospite ad Alessandria dai sovrani sabaudi. Chiamato a visitarlo, Ponticelli accusò Roger, primo chirurgo di corte.
Nel 1768 fu affidato a Ponticelli il compito di riorganizzare il curriculum della facoltà di medicina nel quadro del più generale piano di riforma universitaria coordinato dal teatino piemontese Paolo Maria Paciaudi, ma pur avendo presentato da tempo alcune proposte di riforma dopo pochi mesi fu sostituito dall’anatomista Michele Giarardi, allievo del Morgagni. Attribuibile a Ponticelli è una relazione anonima redatta nel 1761 e probabilmente indirizzata a Du Tillot, nella quale, dichiarando di «appartenere alla nostra decaduta università» (cit. in Di Noto Marrella, 2001, pp. 560 e sgg., denunciava lo stato di decadenza dell’ateneo, i frequenti abbandoni degli studenti, le prevaricazioni del Collegio nel conferire le lauree. Proponeva quindi una riorganizzazione complessiva dello Studio e delle lezioni pronunciate a voce e non dettate. Nel 1767, precedendo lo stesso Paciaudi, presentò un piano per la cattedra di medicina e un organigramma degli insegnamenti.
Ponticelli morì a Parma nel 1780.
Opere: Discorso sopra la teriaca di Andromaco Seniore in occasione della pubblica dimostrazione de' Semplici, fatta sotto i gloriosi reali auspizi per la composizione del suddetto antidoto da d. Giuseppe Lama, Parma 1753; Di tre specie di affezione isterica, e ipocondriaca. Trattato teorico-pratico e consulti, Lucca 1759; Infortuni del vaiuolo e metodo di andarne al riparo, Parma 1761; La Passione di Giesù Cristo Nostro Signore poema, Parma s.d. (post 1769); L' Estro della fede consacrato all'augusto Ferdinando di Borbon reale infante di Spagna, Lucca 1777.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Parma, Protomedicato, 14 (21. 4. 1761), 15 (17. 7. 1765); Decreti e rescritti sovrani, vol. 13 1767; Istruzione pubblica borbonica, cart. 24; PArma, Arch. storico dell’Università degli Studi, cartt. 1-15; F.A. Zaccaria, Storia letteraria d’Italia, VII, dal settembre 1752 al giugno 1753, Modena 1755, pp. 192 s.; Novelle letterarie pubblicate in Firenze, XX, L'anno 1759, Firenze 1759, coll. 149-151, 643-645; U. Benassi, Per la storia del progresso italiano nel Settecento: l’inoculazione del vaiolo, particolarmente nei Ducati parmensi, in Bollettino storico piacentino XVII (1922), pp. 3-19; H. Bédarida, La Gazzetta medica di Parma. Contributo alla storia della medicina nel sec. XVIII, in Archivio storico per le Provincie parmensi, XXV (1925), pp. 179-218; F. Lanzoni, L’Orto Botanico e i suoi dirigenti dal 1600 ad oggi, in Aurea Parma, 1933, n. 3-4, pp. 111-118; L. Gambara - M. Pellegri - M. De Grazia, Palazzi e casate di Parma, Parma 1971, pp. 723-725; C. Cropera, La Facoltà medica Parmense nel 700: dalla riforma del Protomedicato alla caduta del Du Tillot (1749-1771), in Archivio storico per le Province parmensi, XXXVII (1985), pp. 139-160; S. Di Noto Marrella, Il Collegio dei Dottori e Giudici e la Facoltà legale parmense in età farnesiano borbonica (1545-1802), Padova 2001; D. Gentilcore, Poor Relief, Enlightenment Medicine and the Protomedicato of Parma, 1748–1820, in Health Care and Poor Relief in 18th and 19th Century Southern Europe, a cura di O.P. Grell - A. Cunningham - B. Roeck, London-New York 2005, pp. pp. 187-207, S. Di Noto Marrella, Le istituzioni borboniche e la riforma dell’Università, in Storia di Parma, a cura di A. Mora, V, I Borbone: fra Illuminismo e rivoluzioni, Parma 2015, pp. 235-253.