siluri e pesci gatto
Pesci con i baffi
L’ordine dei Siluriformi comprende numerose famiglie di pesci predatori che vivono nelle acque dolci, soprattutto nei paesi tropicali. Tali pesci possiedono un numero vario di barbigli, cioè di appendici carnose, lunghe e sottili, disposte intorno alla bocca, con funzione di organi di senso tattile e olfattivo. Vengono chiamati pesci gatto proprio a causa di queste appendici
– che ricordano le vibrisse dei felini – le quali permettono loro di vivere in acque assai torbide con visibilità scarsa o assente. Alcune specie raggiungono dimensioni enormi come il siluro d’Europa e i surubì dell’America Meridionale
Il nome pesce gatto (cat fish in inglese) è assai diffuso nel mondo e viene attribuito a tutti quei pesci che possiedono barbigli intorno alla bocca. In realtà esistono circa trentacinque famiglie diverse, sempre nell’ambito dei Siluriformi, che vengono designate con questo nome. Grazie a questi organi di senso, i pesci gatto percepiscono la presenza delle prede anche nell’oscurità completa o in acque fangose con scarsa visibilità. Ciò consente loro di prosperare in ambienti tropicali, dove il caldo elevato determina la rapida decomposizione dei detriti trasformando gli specchi d’acqua in pozze d’acqua torbida, e la vita si svolge prevalentemente di notte, quando la temperatura scende. Per questo motivo, in molte specie, gli occhi sono piccoli, in quanto la vista rappresenta un organo di senso secondario.
Generalmente i Siluriformi possiedono due pinne dorsali: quella anteriore è più grande e fornita di una grossa spina, quella posteriore è una pinna adiposa di piccole dimensioni; altre due spine possono trovarsi sulle pinne pettorali. La pelle è generalmente nuda oppure protetta da piastre ossee. Si osservano fino a 4 paia di barbigli: uno nasale, uno mascellare e due sul mento. Il paio nasale e quelli del mento possono mancare.
La famiglia dei Siluridi comprende un centinaio di specie diffuse soprattutto in Asia, caratterizzate dalla riduzione della pinna dorsale anteriore e dall’assenza di quella adiposa. Inoltre possiedono una pinna anale molto estesa e sono prive dei barbigli. Nelle acque dolci dell’Asia tropicale esistono Siluridi di forma e dimensioni assai varie. Molto belli sono i siluri di vetro indiani (genere Kryptopterus), lunghi 9 cm e commercializzati come pesci d’acquario: hanno il corpo appiattito lateralmente, sottile e incredibilmente trasparente, che lascia intravedere l’intera colonna vertebrale.
Soltanto due specie di Siluridi vivono in Europa e sono quelle che raggiungono le massime dimensioni. Il siluro europeo (Silurus glanis) può raggiungere la lunghezza di 5 m e il peso di 330 kg. Più piccolo è il siluro ellenico (Silurus aristotelis), localizzato in Grecia, che prende il nome dal grande filosofo-naturalista Aristotele, che per primo lo descrisse. L’area di origine del siluro europeo era quella dei grandi fiumi come il Danubio, il Reno, il Volga, il Don, ma alla fine degli anni Settanta del secolo scorso questo pesce gigantesco è stato introdotto nel Po e in altri fiumi dell’Italia settentrionale, dove è diventato comune seminando la distruzione nella nostra fauna ittica. La sua presenza oggi non porta alcun vantaggio né alla pesca commerciale perché la sua carne non trova mercato, né alla pesca sportiva perché divora le altre specie. Inoltre si nutre di uccelli acquatici tra cui anatre, che aggredisce di notte quando dormono sull’acqua. I grossi esemplari sono in grado di divorare anche mammiferi delle dimensioni di un cane.
La famiglia degli Ittaluridi comprende 45 specie sparse nell’America Settentrionale e Centrale, dal Canada al Guatemala. Possiede una dotazione di barbigli completa, la pinna adiposa e un raggio spinoso sia sulla pinna dorsale anteriore sia su ciascuna delle due pinne pettorali. La pelle di questi pesci è nuda e il loro corpo risulta estremamente viscido. Le specie più famose sono quelle del genere Ictalurus.
Alcune di queste specie sono state introdotte in Europa e sono diventate invasive, distruggendo la fauna ittica e gli anfibi. In molti stagni e laghetti, a seguito dell’introduzione di questa specie, si è registrato un vero disastro ecologico: i pesci gatto hanno mangiato ogni forma di vita animale presente e poi hanno iniziato a divorarsi tra loro finché sono scomparsi. In altri posti invece sono sopravvissuti esemplari in numero contenuto, probabilmente grazie alla presenza di uccelli predatori (aironi, svassi).
Si tenga presente che l’introduzione di specie che non appartengono alla nostra fauna è proibita dalla legge e deve essere evitata per i danni che può arrecare.
Fra gli ospiti più graziosi e interessanti degli acquari domestici figurano i Callittidi (130 specie). Le specie del genere Callichthys sono piccoli pesci lunghi pochi centimetri, con i fianchi protetti da due serie di piastre ossee allungate e disposte verticalmente, più o meno oblique. Sono provvisti di numerosi barbigli raccolti intorno alla bocca rivolta verso il basso con cui esplorano il fondo dei corsi d’acqua dell’America Meridionale alla ricerca di detriti e piccoli animali (larve di insetti, anellidi, crostacei e così via). Negli acquari si distinguono per il lavoro di pulizia che svolgono incessantemente, eliminando tutto il mangime che è caduto sul fondo e che altrimenti andrebbe in putrefazione aumentando il contenuto di nitriti inquinanti nell’acqua.
Altri ospiti preziosi degli acquari domestici sono i Loricaridi (550 specie), conosciuti con il nome di mangia-alghe. Si tratta di Siluriformi dal corpo scuro, quasi nero, dorsalmente appiattito e corazzato, grazie alla presenza di piastre ossee. Possiedono una pinna dorsale anteriore ben sviluppata ma sono privi di quella posteriore. Come i Callittidi possiedono una bocca rivolta in basso, ma la usano per svolgere un lavoro incessante di raschiatura delle alghe che si sviluppano sui corpi sommersi. Negli stagni e nei fiumi dell’America Meridionale i piccoli Ancistrus e i grossi Plecostomus liberano dalle alghe i tronchi sommersi, i fusti delle piante acquatiche e i sassi. Lo stesso avviene negli acquari domestici, dove questi pesciolini lavorano spesso sui vetri, ripulendoli dalle alghe incrostanti.
La famiglia dei Pimelodidi è presente nel continente sudamericano con circa 300 specie, diffuse per lo più nei fiumi dell’Amazzonia. Sono Siluriformi dalla pelle nuda e dal corpo cilindrico, con il capo grande e quadrato, provvisto di 6 barbigli intorno a una bocca enorme. Le specie di taglia maggiore possono superare la lunghezza di 3 m e il peso di 200 kg, come nel caso di Brachyplatystoma filamentosum, diffusa nel bacino del Rio delle Amazzoni e dell’Orinoco. Nello stomaco di questa specie, che gli indigeni chiamano kumakuma, sono stati trovati resti di scimmie; secondo alcuni testimoni sono noti casi di attacco all’uomo. Altre specie di Pimelodidi giganti si spingono fino in Argentina e in Uruguay, come Pseudoplatystoma fasciatum e Pseudoplatystoma tigrinum (dette surubì). Tutte queste specie vengono pescate per l’alimentazione indigena e anche per la pesca sportiva.
In Africa esistono varie famiglie di Siluriformi che però non raggiungono mai le dimensioni di quelli sudamericani o europei. Una delle famiglie più importanti dal punto di vista dell’alimentazione indigena è quella dei Claridi: questi pesci vengono pescati in grande quantità direttamente con le mani quando, durante la stagione secca, formano grovigli disperati nel fango. La resistenza delle specie del genere Clarias in acque poverissime di ossigeno è notevole, ed è dovuta al fatto che esse hanno la capacità di respirare l’aria atmosferica. I Bagridi (210 specie) sono diffusi, oltre che in Africa, anche in Asia e arrivano fino al Giappone e nel Borneo, anche se la specie più grande si trova nel Lago Tanganica: si chiama Chrysichthys grandis e raggiunge i 2 m di lunghezza. Famosi sono anche i Malapteruridi (2 specie), che possono produrre potenti scariche elettriche (pesci elettrici).