SILFIO
I Greci chiamavano σίλϕυων un succo resinoso proveniente dalla Cirenaica e la pianta che lo forniva, mentre i Romani all'uno e all'altra davano il nome di laser o di laserpitium. L'identificazione della pianta è stata oggetto di controversia, e le numerose ipotesi emesse sono assai poco attendibili e taluna anzi del tutto fantastica.
Nella letteratura greca e romana si trovano copiose notizie sul silfio, nelle quali accanto ad acute osservazioni vi sono notizie cervellotiche e leggendarie: Teofrasto ne parla diffusamente (VI, 3) e lo descrive abbastanza bene per riconoscere in esso un'Ombrellifera e forse anche una Ferula; Dioscuride (III) ci dà numerose notizie della pianta e ampiamente ne parla Plinio il Vecchio (Nat. Hist., XIX, 3). Molto interessante è la notizia da lui data che, al tempo di Nerone, il silfio era divenuto rarissimo in Cirenaica, così che si trovò una sola pianta da mandare all'imperatore; al tempo di Cesare invece doveva ancora abbondare, se il dittatore ne tolse 111 libbre dal pubblico erario, insieme con oro e argento, per far fronte alle spese della guerra civile. Giacché il prodotto era preziosissimo e si vendeva a peso d'oro. Plinio spiega questa scarsità con la distruzione avvenuta per opera del bestiame pascolante che n'era assai avido. Nel sec. V d. C. in Cirenaica, ai tempi del vescovo Sinesio, la pianta era introvabile.
Il silfio costituì per molto tempo la ricchezza della Cirenaica e l'immagine della pianta era rappresentata sulle monete di Cirene, ove costituiva una specie di monopolio di stato ed era oggetto di larga esportazione.
La pianta doveva crescere nei terreni stepposi incolti, ma per quanto taluni moderni autori vogliano che si trovasse solo sui margini dell'altipiano cirenaico che digradano verso il deserto, secondo Teofrasto sembra che non mancasse nella zona litoranea. Il succo del fusto e della radice chiamato anche succus cyrenaicus aveva nella medicina e nella gastronomia degli antichi enorme importanza: Ippocrate lo usava nella cura di molte malattie e anche come mezzo sternutatorio; ne parlano Catone il Vecchio, Strabone e Columella; Plinio dice che guariva molte malattie e sopra tutto serviva per combattere i veleni degli animali e delle frecce. Le più delicate salse da pesce dovevano essere laserata, cioè preparate col succo del laser.
È forse probabile l'opinione di A. Ørsted che il silfio sia scomparso prima dell'invasione araba della Cirenaica e anche H. Baillon ritiene che si tratti di un'Ombrellifera ignota, probabilmente scomparsa, mentre il silfio cirenaico venduto a Parigi nel sec. XIX per la cura delle affezioni polmonari è il prodotto della Thapsia garganica. P. Ascherson ha creduto che sia possibile, con accurate ricerche nell'interno della Cirenaica nella zona stepposa a Artemisia herba alba, ritrovare questa famosa pianta.
Bibl.: Oltre gli antichi autori greci e latini, cfr.: A. Ørsted, Sur la plante disparue du sylphium de l'antiquité, Copenaghen 1869; F. Hérincq, La vérité sur le prétendu silphion de la Cyrénaïque, Parigi 1876; Berendes, Über das Sylpihon der Alten, in Archiv der Pharmazie, CCXLIII; E. Durand, e G. Barratte, Florae lybicae prodromus, Ginevra 1910; A. T. Veroutre, in Rev. Gén. de Botanique, XXII (1910); P. Ascherson, Drias e Sylphium, in I pionieri italiani in Libia, Milano 1912; B. Bonacelli, Il silfio nell'antica Cirenaica, in Boll. inform. economiche del Ministero delle colonie, 1924; id., Il silfio non venne ancora ritrovato, in Rassegna economica delle colonie italiane, XXVII (1929); C. Tedeschi, l'enigma del silfio cirenaico, in Notiz. economico della Cirenaica, II (1929); id., Il silfio (un enigma nella storia botanica della Cirenaica), in Riv. delle colonie, III.