sildenafil
Farmaco utilizzato nell’impotenza di origine non anatomica e in soggetti con libido non compromessa. Inizialmente, il s. venne sviluppato come farmaco da utilizzare in alcune patologie cardiovascolari ischemiche e nell’ipertensione. In pazienti sottoposti a studi clinici si osservò un incremento della capacità erettile, per cui il s. fu sviluppato come farmaco da utilizzare nell’impotenza e ha ottenuto l’autorizzazione per questo uso nel 1998. Recentemente, ha trovato applicazione anche nell’ipertensione arteriosa polmonare. Un ulteriore studio sta valutando se il s. riduca l’ipertensione arteriosa polmonare provocata dall’inquinamento ambientale. Per queste indicazioni il s. rientra tra i cosiddetti farmaci orfani. Si sospetta che possa essere utilizzato a scopo di doping sulla base di alcuni studi che hanno mostrato un incremento delle prestazioni fisiche svolte in altura, anche se i dati sono allo stato attuale (2009) ancora incerti per le altitudini compatibili con le normali competizioni sportive.
Lo stimolo sessuale induce la liberazione di un neurotrasmettitore, il monossido d’azoto (NO), dalle terminazioni nervose e dalle cellule endoteliali del pene. Il NO stimola la produzione, attraverso l’enzima guanilato ciclasi, del secondo messaggero GMP ciclico (cGMP) che provoca dilatazione dei vasi penieni, con conseguente maggior afflusso di sangue nei corpi cavernosi e conseguente erezione del pene. Il s. prolunga l’attività del cGMP inibendo l’enzima che ne determina l’idrolisi (la fosfodiesterasi di tipo V). L’aumento dei livelli di cGMP, con conseguente dilatazione delle arterie polmonari, è anche alla base degli effetti sull’ipertensione arteriosa polmonare.
In associazione con i nitrati, ad es. nitroglicerina o isorbide dinitrato (che, come il s., aumentano i livelli di cGMP anche se con meccanismo differente), il s. può ridurre la pressione sistemica fino a provocare ischemia cardiaca e infarto miocardico. Sembra che il s. non interferisca con altre classi di antipertensivi e che non peggiori le patologie ischemiche. Può provocare disturbi della visione attribuiti all’inibizione della fosfodiesterasi di tipo VI presente nei bastoncelli della retina.