OMODEI, Signorolo senior
OMODEI, Signorolo (Signorino) senior. – Nacque a Milano nei primi anni del Trecento da Giovanni, che nel 1340 fu membro del Consiglio maggiore di Milano.
Studiò a Bologna con Raniero Arsendi da Forlì, docente in extraordinariis, e con Iacopo Buttrigario, due maestri che poi avrebbe ricordato con ammirazione nei suoi testi. Dopo gli studi di diritto canonico conseguì il titolo di dottore in utroque iure, fu ammesso nel 1330 al collegio dei giureconsulti di Milano e poi fu docente di materie legali in diverse sedi universitarie. È probabile che l’inizio del suo insegnamento bolognese di Digestum novum risalga al 1338, dopo che Arsendi si era trasferito a Pisa, ma già due anni dopo leggeva in ordinariis a Vercelli, dove tenne anche una pubblica disputa circa la preminenza dei dottori sopra i cavalieri e compose una famosa repetitio sulla legge Cesar (Dig. 39, 4, 15), in cui confutò animosamente l’opinione di Arsendi in merito all’interpretabilità degli statuti: il maestro gli rispose duramente in scritti successivi e a quanto pare non gli perdonò mai la mancanza di rispetto.
A lungo, però, si pensò che l’allievo ‘infedele’ fosse Bartolo da Sassoferrato, condiscepolo di Omodei e suo collega nella lettura in ordinaria vespertina a Pisa, più o meno dal 1339 al 1343.
Nel 1343 leggeva di nuovo a Bologna il Digestum novum e nei suoi scritti accenna a certe repetitiones tenute a Padova, dove però non è chiaro se insegnasse o se solo soggiornasse per qualche periodo. Vi fu sicuramente nel 1347 al seguito della moglie di Luchino Visconti, Isabella Fieschi, che si fermò in città durante un viaggio a Venezia con ampio seguito di cortigiani e notabili. Il legame con i Visconti è confermato dall’incarico che Omodei ricevette nel 1351 dall’arcivescovo Giovanni di far parte di un comitato per la riforma degli statuti di Milano, del quale fu sicuramente uno dei membri più reputati. Si deve alla testimonianza del letterato Uberto Decembrio (nel De republica), la notizia che Signorolo, insieme a Riccardo da Saliceto e ad altri giuristi, fu tra i primi docenti di materie legali dell’università fondata a Pavia il 13 aprile 1361. Vi insegnò, con ogni probabilità, fin dal primo anno accademico, alternando la lettura del Digestum vetus a quella del codice, e vi si trovava ancora nel 1365, come risulta dal diario di un ignoto studente di Chambéry, forse identificabile con Amedeo di Savoia. Pur nell’incertezza delle notizie, la presenza di Omodei e di altri importanti docenti conferma che lo Studio fu avviato dai Visconti senza risparmio di spese e risorse.
In un anno imprecisato tra il 1354 e il 1360, probabilmente nel corso di una missione per conto dei signori di Milano, ottenne dall’imperatore il titolo di conte palatino. Pur avendo tenuto lezioni delle sue materie anche a Milano, dove viveva con la famiglia, nel 1362 lasciò il collegio cittadino dei giureconsulti, probabilmente perché impegnato altrove nell’attività docente.
Insegnò infine a Vercelli e qui morì il 13 giugno 1371; fu sepolto nel chiostro della chiesa di S. Paolo e l’effigie di lui che legge ai suoi scolari era ancora visibile all’inizio del XVII secolo.
La raccolta di consilia e questiones, stampata per la prima volta nel 1497 e più volte ripubblicata nel corso del XVI secolo, conferma la vasta dottrina e la rilevanza che Omodei ebbe nella cultura legale del tempo. Spesso analizzò singoli statuti cittadini, ponendosi la questione dell’interpretabilità del diritto municipale alla luce del ius commune e negando l’interpretazione estensiva a favore di quella dichiarativa: in apparenza rigida e attardata, questa posizione si apre invece a una visione innovativa del rapporto tra statuti e ius commune, inteso non come deposito sapienziale compatto e indiscusso, ma aggregato di scritture storicamente date, collocabili nel tempo e nelle diverse culture legali. In questo senso, il suo pensiero si apre precocemente alla nuova visione umanistica del diritto. Sulla produzione scientifica di Omodei si sono anche di recente soffermati vari studiosi: secondo Jane Black (2009), la sua riflessione contribuì a dar forma alle aspirazioni monarchiche o protoassolutistiche dei Visconti e a farvi spazio nel pensiero legale. Discettò infatti della natura generale dei decreti signorili, della collocazione quasi regale della dominazione viscontea, della necessità di limitare le esenzioni ecclesiastiche in nome del bene comune e delle necessità di difesa territoriale. Più in generale riconobbe ai nuovi signori il ruolo di centro legislativo tendenzialmente unitario al fine di mantenere pace e ordine e garantire lo svolgersi di commerci e gli spostamenti di persone. I suoi pareri legali, inoltre, densi di nomi, date e fatti concreti, riflettono vari aspetti della vita pubblica e privata del tempo: gli effetti della peste nera, la presenza invasiva delle compagnie militari forestiere, le problematiche commerciali ed economiche della vita cittadina, la presenza di poteri plurali e stratificati sul territorio, la novità delle signorie cittadine e dell’incipiente stato regionale. L’attenzione ai meccanismi istituzionali della sfera pubblica è uno degli aspetti più interessanti del suo pensiero, sia con riferimento alle istituzioni imperiali e regie (Cavina, 1992), sia a quelle signorili (Black, 2009), sia ad altre istituzioni di cui analizzò finemente i fondamenti formali e pratici – dalle compere genovesi alle giurisdizioni feudali – da interprete acuto e originale delle novità politiche del tempo. A proposito del progressivo assorbimento delle istituzioni municipali nella compagine viscontea merita attenzione il consilium sull’incanto dei dazi a Milano tra Comune e nuova volontà di controllo signorile (ed. 1521, II, n. 22). Un consulto, relativo alla controversia tra due borghi per un mulino situato su un fiume di confine, si trova nelle raccolte di Baldo degli Ubaldi, mentre, con Paolo de Eleazaris, Omodei fu autore di un parere sulle enfiteusi ecclesiastiche che fu citato da Alberico da Rosate. Gli sono attribuite varie repetitiones su singoli passi del codice giustinianeo, commenti a leggi e dissertazioni: una relativa alla donazione di Costantino e un’altra alla pretesa del re di Francia di non essere soggetto all’Impero. La sua autorevolezza fu riconosciuta da illustri colleghi, da Alberico da Rosate ad Arsendi, da Bartolo a Baldo.
Sposò Margherita Brugora da cui ebbe almeno due figli maschi: Giovanni detto ‘Ordinario’, che ottenne la licenza in diritto a Pavia nel 1373, insegnò nel medesimo Studio e morì nel 1391; Bonsignorio detto Signorolo (Signorino), nato tra il 1350 e il 1355. Signorolo junior conseguì la licenza in diritto civile a Pavia nel 1378 e il titolo dottorale nel 1380. Nel 1385 fu ammesso al collegio dei giudici di Milano, dove restò fino al 1412. Già dal 1380, probabilmente, tenne letture minori nello Studio pavese ma solo dal 1383 compare nei rotuli come docente di diritto civile. Dal 1389 insegnò a Padova insieme a vari colleghi pavesi, assecondando la volontà dei Visconti di mettere la propria firma sulla prestigiosa e antica istituzione patavina; ma già nel 1390, finita la dominazione milanese sulla città, era di nuovo a Pavia e vi continuò le sue letture anche dopo il 1394, quando il ripetersi delle epidemie impose il trasferimento dello Studio a Piacenza. Nel 1403-05 insegnava a Pavia Digesto novum e Infortiatum, e poi fu nuovamente a Padova dal 1409 al 1412 in ‘concorrenza’ con Gabriele Capodilista. Nel 1412 a Parma, insieme a Cristoforo Castiglioni, stilò gli ordinamenti del nuovo Studio, poi si trasferì a Torino (almeno dal 1413-14) nell’Università che i principi di Savoia-Acaia avevano istituito fin dal 1404 e che funzionava solo parzialmente. Ludovico di Savoia Acaia lo ammise tra i suoi consiglieri e gli commissionò alcuni consulti legali, in particolare sull’abrogazione di un antico pedaggio. Risulta tuttavia che i salari dei professori non erano pagati con regolarità (e infatti più tardi i suoi eredi li reclamarono), per cui non sorprende il suo ritorno nel 1418-19 a Pavia, dove ottenne il ragguardevole stipendio di 600 fiorini. Morì probabilmente nel 1419: si ha notizia di almeno due figli, Giovanni e Tommaso, entrambi giuristi.
Il profilo di studioso del secondo Signorolo non è paragonabile a quello del padre, anche se resta qualche dubbio di attribuzione su singole opere a causa dell’omonimia (i nomi Signorino e Signorolo sono di fatto intercambiabili: più dialettale il primo, più latineggiante il secondo). A Signorolo junior è attribuito un consilium trascritto in un codice marciano relativo a un mutuo su pegno simulato, redatto probabilmente a Padova, e un altro che riguarda una legge pavese che vietava le alienazioni di immobili a forestieri; un altro relativo a uno statuto milanese sul giuramento, scritto insieme a Raffaele Fulgosi e altri ancora, in particolare il parere redatto per Ludovico d’Acaia nel 1415 e alcune repetitiones scritte mentre insegnava a Pavia; su una di queste grava il sospetto di plagio di un testo di Alberico da Rosate. Inoltre gli è attribuita una lectura in ius civile e un trattato sull’accettazione delle eredità, con riferimenti a Bartolo e Baldo. Fu inoltre autore di una lettera al duca Filippo M. Visconti che fu copiata in vari codici a cura di Gasparino Barzizza.
Un terzo Signorolo Omodei, anch’egli giurista milanese e discendente dei primi due, figlio del legum doctor Giovanni, visse nel XV secolo e sposò Lucia di Renato Trivulzio: fu membro del collegio dei giudici cittadino nel 1456-88 e podestà di Cremona.
Fonti e Bibl.: R. Maiocchi, Codice diplomatico dell’Università di Pavia, I-II, Pavia 1905-15, ad ind.; Acta graduum academicorum Gymnasii Patavini ab a. 1406 ad a. 1450, a cura di G. Zonta - G. Brotto, I, Padova 1970, nn. 37-241 passim; Consilia ac questiones famosissimi domini Signoroli de Homodeis, Mediolani 1521; A. Lattes, Due giureconsulti milanesi, Signorolo e Signorino degli Omodei, in Rendiconti dell’Istituto lombardo di scienze e lettere, s. II, XXXII (1899), pp. 1017-1045; G. Buraggi, I giureconsulti dell’Università di Torino nel Quattrocento, I, Signorino O., in Atti della R. Accademia delle scienze di Torino, LIX (1913-1914), pp. 3-10; G. Villata, Scienza giuridica e legislazione nell’età sforzesca, Gli Sforza a Milano e in Lombardia, Milano 1982, pp. 70 s.; A. Belloni, S. O. e gli inizi della scuola giuridica pavese, in Bollettino della Soc. pavese di storia patria, XXXVII, n.s. (1985), pp. 29 s.; Id., Professori giuristi a Padova nel sec. XV: profili biobibliografici e cattedre, Frankfurt am Main 1986, pp. 92, 314 s.; M. Cavina, Inquietudini filoimperiali di S. degli O., in Clio, XXVIII (1992), pp. 89-101; W.P. Müller, Signorolus de Homodeisand the medieval interpretation of statutory law, in Rivista internazionale di Diritto Comune, VI (1995), pp. 217-232; P. Gilli, La noblesse du droit. Débats et controverses sur la culture juridique et le rôle des juristes dans l’Italie médiévale (XIIe-XVe siècles), Paris 2003, p. 89; J. Black, Absolutism in Renaissance Milan. Plenitude of power under the Visconti and the Sforza 1329-1535, Oxford 2009, pp. 59-62; G. Dolezalek, Verzeichnis der Handschriften zum römischen Recht bis 1600, Frankfurt am Main 1972, ad vocem.