Freud, Sigmund
Medico austriaco specializzato in neurologia e psichiatria, fondatore della psicoanalisi (Freiberg, Moravia, 1856 - Londra 1939). Trasferitosi da bambino con la famiglia a Vienna, F. vi compì gli studi di medicina, laureandosi nel 1881. Ottenuta la docenza in neuropatologia, si recò a Parigi dove frequentò presso l’ospedale della Salpêtrière le lezioni di J.-M. Charcot sull’ipnotismo. Tornato in patria, tentò di applicare sul piano terapeutico i metodi di suggestione ipnotica, dedicandosi in collab. con M. Breuer allo studio dell’isteria. Elaborato il metodo delle associazioni libere, iniziò quel processo di autoanalisi che fu decisivo per la fondazione di una psicoanalisi scientifica. Ne è un primo, importantissimo risultato la Traumdeutung (uscita nel 1899, ma datata 1900; trad. it. L’interpretazione dei sogni), in cui per la prima volta i contenuti onirici sono considerati come dotati di un senso, come soddisfazioni allucinatorie di un desiderio reale. Sono presenti inoltre in quest’opera alcuni concetti fondamentali della psicoanalisi, quello di inconscio e quello di rimozione, assunti come principi esplicativi dei meccanismi di condensazione e spostamento con cui opera il sogno nel tentativo di conciliare desideri inconsci e proibizioni, espresse in forma simbolica. Intesi i sintomi nevrotici nelle loro varie forme come un rivivere di paure e angosce infantili, F. è spinto a studiare la sessualità infantile. Nasce la teoria delle zone erogene e delle diverse fasi di sviluppo della sessualità (Drei Abhandlungen zur Sexualtheorie, 1905; trad. it. Tre saggi sulla teoria sessuale), e viene elaborata la teoria della situazione edipica. A partire dal 1911 F. sviluppa una teoria strutturale dell’apparato psichico (Das Ich und das Es, 1923; trad. it. L’Io e l’Es) con la fondamentale tripartizione di Es, Io e Super-Io. Dopo un periodo iniziale in cui F. subì l’ostilità e le critiche di quanti consideravano immorali le sue teorie sulla sessualità, cominciarono i riconoscimenti in tutto il mondo. Il numero dei discepoli di F. aumentò costantemente e le sue dottrine acquistarono un’importanza via via crescente. Non mancarono però i dissensi e le polemiche dei suoi allievi più stretti: nel 1911 si ebbe la secessione di A. Adler, nel 1914 quella di Jung; successi vamente si staccarono da F. anche O. Rank e S. Ferenczi. Nel 1933 il nazionalsocialismo mise la psicoanalisi al bando e i libri di F. furono bruciati nella pubblica piazza. Perseguitato dalla Gestapo in quanto ebreo, nel 1938 F. fu infine costretto a lasciare Vienna per cercare rifugio a Londra. Ammalato da anni di un cancro al cavo orale, morì a Londra. Tra le altre opere: Zur Psychopathologie des Alltagslebens (1904; trad. it. Psicopatologia della vita quotidiana); Totem und Tabu (1913; trad. it. Totem e tabù); Zeitgemäßes über Krieg und Tod (1915; trad. it. Considerazioni attuali sulla guerra e sulla morte); Vorlesungen zur Einführung in die Psychoanalyse (1917; trad. it. Introduzione alla psicanalisi); Jenseits des Lustprinzips (1920; trad. it. Al di là del principio di piacere); Zukunft einer Illusion (1927; trad. it. L’avvenire di un’illusione); Das Unbehagen in der Kultur (1930; trad. it. Il disagio della civiltà); Die endliche und die unendliche Analyse (1937; trad. it. Analisi terminabile e analisi interminabile); Der Mann Moses und die monotheistische Religion (1939; trad. it. L’uomo Mosè e la religione monoteistica).
Partito dall’esigenza di elaborare un modello unitario di spiegazione dei fenomeni psichici, F. arriva a proporre una concezione generale della formazione del soggetto a partire dal suo rapporto con il reale, offrendo una interpretazione genetica dell’Io in chiave materialistica. Attuando un processo di decostruzione dei valori morali, di cui mostra il fondamento psicologico e puramente umano, F. offre un approccio interpretativo che mette in discussione le tradizionali demarcazioni fra vero e falso, razionale e irrazionale, normale e deviante, mostrando come la condotta dell’uomo sia il risultato dinamico di forze solo in parte conosciute. Nella concezione freudiana, pensieri, volontà, comportamento sono il risultato di una complessa dinamica in cui le istanze razionali dell’Io interagiscono con le forze istintuali profonde dell’Es e le imposizioni sociali del Super-Io. L’indagine sulla psiche umana si configura così come un lungo processo di decifrazione di segni, in primo luogo i sogni, la cui logica, costruita in palese violazione delle categorie spazio-temporali e del principio di contraddizione, rivela l’incessante lavoro di elaborazione e mascheramento con il quale la coscienza si difende dalle pulsioni profonde.
Soprattutto a partire dagli anni Venti, a seguito dei drammatici eventi del dopoguerra, F. perviene a una visione della vita profondamente tragica, basata su una concezione dualistica e antagonistica delle pulsioni fondamentali da cui è mosso l’uomo. In particolare, in Al di là del principio di piacere e in Analisi terminabile e analisi interminabile (in cui si richiama esplicitamente a Empedocle), F. postula l’esistenza di due pulsioni originarie, «la prima delle quali tende ad agglomerare tutto ciò che esiste in unità sempre più vaste», mentre la seconda mira a «dissolvere queste combinazioni e a distruggere le strutture cui esse hanno dato luogo». Queste tesi vengono riprese nel breve ma densissimo saggio Il disagio della civiltà, in cui F. analizza l’evoluzione della civiltà umana, concepita come lotta tra un principio speculativo-cosmogonico (Eros), che comprende tanto le pulsioni sessuali quanto le pulsioni di autoconservazione, finalizzate all’instaurazione e alla conservazione della «unità del vivente», e le «pulsioni di morte» (per designare le quali lo psicanalista P. Federn introdusse nel 1952 il termine greco Thanatos). Queste ultime ricomprendono l’aggressività (definita hobbesianamente come «ostilità di ciascuno contro tutti e di tutti contro ciascuno») e le pulsioni di distruzione, e rappresentano la tendenza di ogni vivente a tornare al proprio stadio originario inorganico e a ripristinare lo stato di inerzia e di annullamento delle tensioni. Affinché la civiltà possa progredire, l’aggressività, la pulsione di morte devono essere addomesticate, trasformate e finalizzate alla costruzione di una società sempre più evoluta, ordinata, morale. In questo processo l’aggressività viene introiettata e assunta dal Super-Io, che la dirige verso l’Io anziché scaricarla verso l’esterno. La coscienza morale del singolo quale fondamento del vivere civile ha dunque una relazione diretta con il Super-Io quale istanza preposta all’inibizione del soddisfacimento pulsionale, sia erotico sia aggressivo. La civiltà ha allora un prezzo, nel senso che l’inibizione del soddisfacimento pulsionale diretto comporta un aumento progressivo del senso di colpa, scaturito dalla tensione tra i desideri dell’Io e le esigenze del Super-Io, e quindi dell’infelicità. Il destino dell’uomo appare segnato dalla scissione tra la dimensione naturale e quella culturale che è a fondamento dell’originario divieto dell’incesto, di cui F. propone una discussa ricostruzione speculativa in Totem e tabù, una sorta di storia congetturale della fondazione della società umana. F. offre così una visione dell’uomo lacerato e paralizzato dall’eterno conflitto tra pulsioni creative e pulsioni distruttive, infelice in quanto inevitabilmente represso nei suoi impulsi primari dalle esigenze della convivenza sociale. Tuttavia, egli rifiuta l’idea di una fuga dalla civiltà, poiché solo essa a suo avviso è in grado di fornire i valori più preziosi dell’uomo: bellezza, purezza, ordine e amore.
In questo contesto connotato da un radicale pessimismo sulla possibilità dell’uomo di vivere una vita felice, F. sottolinea come sia possibile raggiungere un certo livello di soddisfazione delle pulsioni sessuali e aggressive attraverso il processo di sublimazione, che devia l’energia pulsionale verso mete diverse da quelle originarie, in relazione diretta con la valorizzazione sociale. È attraverso questo meccanismo che acquistano significato le attività intellettuali e artistiche, che consentono all’uomo di dominare e trasformare la realtà rendendo la vita del singolo e della società più sicura e appagante. Sostanzialmente negativa appare invece la valutazione freudiana della religione, considerata come la «grande illusione» dell’uomo. Ateista convinto che aveva le proprie radici culturali nella filosofia critica dell’Illuminismo, F. condivideva le idee dei positivisti del sec. 19°. Interpretando tutte le religioni come forme di dipendenza infantile dal padre, e ricollegando i disturbi psichici alle pratiche religiose, egli definì la religione come una nevrosi culturale, e la nevrosi ossessiva come una religione privata. Il tema sarà sviluppato ne Il futuro di un’illusione, in cui F. afferma che, analizzata in modo scientifico, la religione non sarebbe altro che una fonte di rassicurazione nei momenti di smarrimento. L’uomo si rivolge a Dio nello stesso modo in cui il bambino nella sua debolezza si rivolge al padre per cercare conforto. La civiltà esige sacrifici istintuali, la natura limita la capacità propria dell’uomo di raggiungere la felicità, e la religione gli offre quindi delle illusioni grazie alle quali egli cerca di sopravvivere a queste tensioni.
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