DE STEFANI, Sigismondo
Figlio di Stefano, fu pittore attivo a Verona nella seconda metà del sec. XVI. Dalle scarne notizie biografiche si può dedurre che nacque tra il 1520 e il 1525 c.: la data 1564 sul dipinto firmato nella chiesa di S. Giorgio in Braida a Verona, la registrazione nelle anagrafi della contrada di S. Paolo nel 1555 e 1557, l'estimo del 1558 della stessa contrada (dove il D. è già qualificato come "pictor"), un documento notarile del 1570, l'estimo del 1572 della contrada di S. Vitale (tutto in Brenzoni, 1972, p. 127) nonché il testamento del 14 febbr. 1574 (Trecca, 1910, p. 5) subito dopo il quale è verosimile il D. sia morto sia perché vi si dichiara oppresso da pericolosa malattia, sia perché il suo nome non compare in documenti posteriori (nell'anagrafe della vedova, del 1583, è detto "quondam": Repetto Contaldo, 1988).
Importanti sono le notizie che si desumono dal testamento nel quale il D. si dichiara figlio di Stefano De Stefani della contrada di S. Vitale e ricorda i propri familiari: la moglie Margherita, che lascia usufruttuaria dei propri beni almeno fintantoché non convoli a seconde nozze; le figlie Virginia, sposata a Giuseppe De Moreschi, e Isabella, ancora nubile; i figli Annibale e Stefano, suoi eredi universali.
Il figlio Annibale, nato tra il 1557 e il 1563, anch'egli pittore, con questa qualifica, orfano del padre, è segnalato nel 1603 nella contrada dell'Isolo Superiore (Trecca, 1910, p. 5); compare anche nell'estimo del 1605 e nella anagrafe del 1614; ultima notizia, l'estimo del 1616 (Repetto Contaldo, 1988); non se ne conoscono opere.
La letteratura veronese s'è limitata a ricordare il D. in quanto presunto imitatore del Veronese e in quanto autore di due pale di identico soggetto, il Martirio di s. Lorenzo, nelle chiese cittadine di S. Giorgio in Braida e di S. Nazaro.
La prima, ancora sul secondo altare a sinistra, è firmata "Sigismud. de Stephanis vero. pi.xit MDLXIIII" e rappresenta, con intenti scopertamente scenografici e gran profusione di architetture manieristiche e di comparse, in basso il santo sospinto sulla graticola, a mezz'aria un angelo e, in alto tra la centina, Gesù Cristo in gloria, i simboli degli evangelisti e i santi Stefano e Vincenzo(?).
La pala è completata in basso da un gradino di legno dipinto in funzione di predella su cui sono raffigurate tre scene che, per lo più trascurate o considerate d'altro autore, sono però della stessa mano della pala: La lapidazione di s. Stefano, S. Cristoforo con il Bimbo sulle spalle che attraversa il fiume, S. Vincenzo (?) flagellato. In collezione privata veronese è poi conservato, inedito, il bozzetto della pala o, meglio, una sua replica in piccolo, senza varianti e limitata alla scena del martirio e all'angelo, nata probabilmente ad uso di devozione privata: il confronto con l'originale e, soprattutto, con le piccole scene della predella la fanno ritenere autografa.
La pala di S. Giorgio, autentico centone di spunti manieristici, appare orientata soprattutto verso la cultura mantovana di Giulio Romano e collaboratori sia per le architetture (significative le colonne a spirale che reggono il loggiato a sinistra) sia per il caricato espressionismo di molte figure, spesso esibite contorte in scorci difficili: il risultato appare singolarmente parallelo agli esiti di altri comprimari minori nelle vicende della coeva pittura veronese come Michelangelo Aliprandi, Orlando Flacco (EcceHomo di S. Nazaro) e soprattutto, per una simile versione espressionistica del gusto di Giulio Romano, Anselmo Canera (Oltraggio al faraone già in palazzo Ridolfi).
Mentre la pretesa dipendenza dal Caliari si riduce in sostanza ad analoghe intenzioni scenografiche rimontanti a fonti comuni e ben diffuse e non ad una discendenza di uno dall'altro, l'evidente cifra alla Bernardino India con cui il pittore sigla l'angelo a mezz'aria può far sospettare, se non un discepolato, almeno stretti rapporti con quest'ultimo: e proprio a S. Giorgio, tra i dipinti tradizionalmente attribuiti all'India, potrebbero spettare almeno in larga parte al D., per analogie di materia cromatica, asciutta e magra, e per le tipologie, i due monumentali Santi guerrieri e martiri ai lati dell'altare a sinistra del presbiterio senz'altro più deboli di quelli, più facilmente di Bernardino, attorno all'altare di fronte.
La seconda pala dalle guide assegnata al D., con il Martirio di s. Lorenzo, fino al 1881 in S. Nazaro, passata al Museo civico (n. inv. 610) e ora in deposito nella chiesa di Aselogna, stupisce invece per le notevoli diversità rispetto al Martirio precedente al punto che, anche ammessa una notevole diversità cronologica, potrebbe far pensare piuttosto alla mano di un altro artista.
Si tratta infatti di una pittura cromaticamente molto più densa e uniforme, attenta anche a fatti luministici di matrice bassanesca (e di ispirazione bassanesca è sia l'impianto scenografico della duplice fuga di edifici ai lati, sia l'angelo che frana giù dal cielo in alto), dove è notevole l'impegno ritrattistico, di gusto lombardo-bresciano, esibito in alcune teste, ben lontane dalle cifre tipologiche che caratterizzano la tela in S. Giorgio, al punto che i compilatori di alcune guide veronesi dell'Ottocento avevano creduto l'opera attribuibile addirittura al bresciano Girolamo Romanino (Rossi, 1854, p. 236; Giro, 1869, p. 215). Tuttavia, prestando fede alla letteratura veronese del primo Settecento che è sicura trattarsi di opera del D., questa diversità può trovare una spiegazione se si ipotizza un'evoluzione da parte dell'artista legata da una parte, in particolare, all'interesse anche sul versante luministico per le prove, nella stessa S. Nazaro, di Orlando Flacco (soprattutto per l'intenso Cristo crocefisso ambientato in un notturno), dall'altra, più in generale, alla stessa evoluzione della pittura veronese che verso il 1570 (Paolo Veronese, Battista Del Moro, ecc.) trasforma in intonazioni ora vespertine ora notturne e comunque più interiorizzate le solari esagerazioni manieristiche dei decenni precedenti.
Della stessa mano del dipinto già in S. Nazaro è comunque senz'altro la lunetta su tela posta sopra il quarto altare della navata sinistra della stessa chiesa raffigurante la Resurrezione di Cristo, fin qui variamente attribuita al Torbido, a Domenico Brusasorci e, più recentemente, a Orlando Flacco (cfr. S. Marinelli, in Palladio e Verona [catal.], Verona 1980, p. 229) ma che meglio si spiega come opera del D. coeva al Martirio. Recentemente (Marinelli, 1987) sono state comunque recuperate, e in parte restaurate, nuove opere, in rapporto con la pala sicura in S. Giorgio, chiaramente spettanti al D. ma fin qui attribuite ad altri artisti veronesi coevi, come Michelangelo Aliprandi, Domenico Brusasorci, Paolo Caliari esordiente o Anselmo Canera: si tratta della Annunciazione a Castelvecchio (già nella chiesa del Cristo), di un ciclo di affreschi con Storie di Mosè in una casa situata in via Pigna, di una Sacra Famiglia con un angelo a Castelvecchio (dalla collezione Monga) e di due pale provenienti da S. Felicita, la Messa di s. Gregorio a Castelvecchio e il Martirio di s. Felicita, oggi alle Gallerie della Accademia di Venezia.
Per finire il Brugnoli (1956, p. 348) ricorda opere del D. anche in collezioni private e cita in casa Canossa un Mosè nel deserto che potrebbe però essere identificato con quel Mosè che fa scaturire l'acqua nel deserto che il Dal Pozzo (1718, pp. 282 s.), elencando i pezzi della quadreria Canossa, diceva di Luca d'Olanda.
Fonti e Bibl.: B. Dal Pozzo, Le vite de' pittori degli scultori et archit. veronesi, Verona 1718, pp. 143 s., 241, 255; G. B. Lanceni, Ricreazione pittorica o sia Notizia universale delle pitture nelle chiese, e luoghi pubblici della città, e diocese di Verona, pt. I, Verona 1720, pp. 199, 245; S. Maffei, Verona illustrata, Verona 1732, pt. III, cap. VI, coll. 176, 179; G. B. Biancolini, Notizie stor. delle chiese di Verona, I, Verona 1749, p. 286; II, ibid. 1749, p. 487; G. B. Cignaroli, Serie de' pittori veronesi, in G. B. Biancolini, Cronica della città di Verona descritta da Pier Zagata ampliata e supplita da G. B. Biancolini, II, 2, Verona 1749, p. 210; Verona, Biblioteca civica, ms. 1008, S. Dalla Rosa, Catastico delle pitture e delle scolture esistenti nelle chiese e luoghi pubblici situati in Verona (1803-1804), pp. 221, 265 (nella trascrizione dattiloscritta del 1958 eseguita a cura della direzione dei Musei civici di Verona); G. B. Da Persico, Descrizione di Verona e della sua provincia, II, Verona 1821, pp. 93 s.; G. M. Rossi, Nuova guida di Verona e della sua provincia, Verona 1854, pp. 236 (attr. a Romanino), 273; C. Bernasconi, Studi sopra la storia della pittura italiana dei secoli XIV e XV e della scuola pittorica veronese , Verona 1864, p. 346; L. Giro, Sunto della storia di Verona ... susseguita da una Guida..., II, Verona 1869, pp. 215 (attr. a Romanino), 266; D. Zannandreis, Le vite dei pittori scultori e architetti veronesi, a cura di G. Biadego, Verona 1891, pp. 131 s.; L. Simeoni, Verona. Guida storico-artistica..., Verona 1909, p. 223; G. Trecca, Note per la biografia dei pittori veronesi, in Atti e mem. dell'Acc. d'agricoltura, scienze e lettere di Verona, s. 4, XI (1910), p. 5 (con notizie anche su Annibale); Id., Catalogo della Pinacoteca comunale di Verona, Bergamo 1912, pp. 76 s.; G. Gerola, Le attribuzioni delle opere d'arte in rapporto colla scuola pittorica veronese, in Atti e mem. dell'Accademia di agricoltura, scienze e lettere di Verona, s. 4, XX (1919), p. 234; P. Brugnoli, Dizionario biobibliografico dei pittori veronesi, in Vita veronese, IX (1956), p. 348 (con notizie anche su Annibale); C. Boselli, Marcello Oretti. Gli appunti del suo viaggio nel territorio veneto (1775), in Atti dell'Ist. veneto di scienze lettere ed arti, classe di scienze morali lettere ed arti, CXXIV (1965-66), p. 177; L. Magagnato, Commento a B. Dal Pozzo, Le vite..., Verona 1967, pp. 34 s.; F. Dal Forno, La chiesa dei Ss. Nazaro e Celso a Verona, Verona 1982, pp. 184 s., 195; S. Marinelli, Proposte e restauri. I musei d'arte negli anni Ottanta (catal.), Verona 1987, pp. 161-171; M. Repetto Contaldo, in Veronese e Verona (catal.), Verona 1988, pp. 332-336 (anche per Annibale); U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXXI, p. 525 (sub voce Stefani, Sigismondo de); R. Brenzoni, Dizionario di artisti veneti. Pittori, scultori, architetti, etc. dal XIII al XVIII secolo, Firenze 1972, p. 127 (con notizie anche su Annibale).