CAULA, Sigismondo
CAULA (Cauli, Cavola), Sigismondo. -Nacque a Modena il 24 maggio 1637 da Sebastiano e Maddalena (Modena, Archivio storico comunale: Registro degli Atti di nascita della città di Modena, ad diem). Secondo la tradizione fu allievo, insieme con T. Costa e P. Galluzzi, del pittore Jean Boulanger di Troyes (e infatti il 21 luglio del 1660 egli era testimone al suo testamento: M. Pirondini, G. Boulanger, Modena 1969, p. 95). Dopo questo alunnato è da collocarsi, sempre secondo le testimonianze più antiche, un suo viaggio a Venezia; qui, più che alla pittura veneta di quegli anni, egli sembrò guardare ai grandi maestri del Cinquecento, soprattutto Veronese e Tintoretto. Non si conoscono opere anteriori a tale viaggio, ma una volta tornato in patria, per non muoversene più, il C. s’impegnò nell’esecuzione di numerose opere su commissione ecclesiastica o ducale, e si dedicò non solamente all’attività pittorica, ma anche alla plastica: “di terra, di gesso, e di stucco vedonsi molte figure di sua mano” (Orlandi). Fu uno tra i più richiesti decoratori di soffitti e volte della città di Modena. A partire dall’anno 1671 fece parte di un gruppo di allievi del Boulanger incaricati di decorare la volta e la cupola della chiesa di S. Vincenzo: al C. apparterrebbe l’intera parte figurata con Storie della vita di s. Vincenzo e s. Gaetano di Thiene. La commissione di maggior rilievo risulta tuttavia essere la grande tela raffigurante S. Carlo Borromeo che somministra l’eucarestia agli appestati per la parete interna del portale maggiore della chiesa di S. Carlo.
Dell’opera, di grandi dimensioni, composta e orchestrata entro un ampio fondale architettonico, esistono presso la Galleria Estense sia il disegno preparatorio sia il bozzetto (quest’ultimo doveva già essere nella Galleria ai tempi di Francesco II d’Este, mentre il disegno, menzionato dal Tiraboschi, proviene dal Museo nazionale del Bargello). La Galleria Estense possiede inoltre un altro bozzetto di una pala del C. non identificata, raffigurante Episodi della vita di s. Ambrogio, ancora con la stessa ampiezza di inquadratura del precedente quadro di S. Carlo, lo stesso ampio fondale architettonico di spunto veronesiano e il gruppo col santo al centro tra una folla agitata di personaggi.
In seguito il C. venne impegnato, con G. G. Monti, B. Bianchi, F. Stringa, a decorare il grandioso soffitto della chiesa di S. Agostino, iniziato intorno al 1662, con scene aventi per soggetto la Glorificazione della stirpe Estense. Nel 1682 assunse da solo il non lieve incarico di affrescare la cupola del santuario della Beata Vergine di Fiorano, la cui costruzione era iniziata nel 1634; il Tiraboschi ne cita il contratto, stipulato il 26 gennaio di quell’anno. In seguito a un restauro ottocentesco, limitato però alla cupola, rimangono del C. i quattro Profeti dei pennacchi e le figure monocrome del tamburo. Il C. ricevette in questi stessi anni, quale pittore di corte, incarichi di secondaria importanza, come la coloritura di blasoni ducali (1688).
Fu poi impegnato in una serie notevole di opere per chiese e confraternite: affrescò in duomo, nella volta della cappella del Sacramento, la SS. Trinità; ancora in duomo decorò la distrutta cappella del Crocefisso, con ornati laterali raffiguranti S. Pietro e s. Paolo. Per il coro della Confraternita di S. Rocco dipinse una tela, perduta, raffigurante i SS. Giovanni Battista, Rocco, Silvestro e la Vergine in gloria e un Riposo in Egitto, perduto, per la chiesa della Visitazione delle salesiane, minutamente descritto dal Pagani. Un’altra importante commissione dovette essere quella dei confratelli di S. Maria della Neve, per i quali, sempre secondo il Pagani, il C. eseguì una serie di opere aventi come tema la miracolosa vicenda della costruzione della chiesa. Tutto il ciclo è perduto.
Altre opere citate nelle fonti e non più rintracciabili sono: un S. Francesco Borgia, sostenuto dagli angeli (probabilmente uno stendardo), che si trovava ancora nel 1770 nel collegio dei gesuiti (Pagani), una tela raffigurante S. Ignazio tra i leoni, dipinta per la chiesa dei SS. Filippo e Giacomo, di cui si perdono prestissimo le tracce a causa della distruzione dell’edificio, alcune statue eseguite per la facciata della chiesa delle monache scalze, una Annunciazione per la distrutta chiesa della Crociata, citata solo dal Tiraboschi, un Martirio di s. Giorgio con vari personaggi, non tutti di mano del C., e per finire altre opere a cui solamente accenna il Tiraboschi, come grandi quadri di soggetto biblico e una Beata Vergine.
Altrettanto intensa, fino alla morte, l’attività del C. come decoratore di volte e soffitti: si ricordano quello della chiesa di S. Eufemia, la volta dell’oratorio di S. Giovanni della Buona Morte e l’ovato al centro della volta della chiesa di S. Chiara, tutti perduti. Sorte migliore ha invece accompagnato altre opere di non minore impegno, come la tela raffigurante S. Carlo Borromeo che adora la nascita della Vergine, dipinta per l’oratorio della Confraternita di S. Carlo Rotondo, ora nella chiesa di S. Maria delle Asse insieme con il S. Niccolò che accenna ai puttini dentro il barile, già nell’oratorio della Confraternita di S. Niccolò. Nella Galleria nazionale di Parma si conserva il bozzetto di un’opera perduta: S. Elena e la prova della vera croce, dipinta per il coro della distrutta chiesa di S. Pietro Martire, mentre il Museo civico di Carpi possiede S. Lazzaro e un sacerdote che reca il viatico ad un infermo, che il C. aveva dipinto per l’oratorio dell’ospedale di Carpi. A Finale Emilia nella chiesa dei SS. Filippo e Giacomo è conservato lo Sposalizio della Vergine.
In tutte queste opere l’artista imprime alle figure moti di flessuosa eleganza su un impianto solido senza sorprese né grandi tensioni. Ultimo impegnativo lavoro, portato a termine nel 1708, è la decorazione della volta della chiesa di S. Barnaba, incarico che il C. si assunse da solo per la parte figurata e che G. A. Mannini completò per gli ornati e l’architettura. Nei grandi medaglioni con figure allegoriche e negli scudetti con Miracoli di s. Francesco di Paola la ricerca di ritmi ed eleganze formali che, dall’incontro con il Boulanger, non aveva mai cessato di essere il carattere pregnante del lavoro del C., cede in più punti il passo a una sorta di aspirazione al monumentale o di nervoso caricare il ritmo stesso oltre la sigla calma e fluente che gli era congeniale. Dal 1700 al 1703 era stato suo allievo Francesco Monti.
Il C. morì a Modena nel luglio 1724.
Fonti e Bibl.: P. A. Orlandi, Abecedario pittorico, Bologna 1704, p. 342; G. F. Pagani, Le pitture e le sculture di Modena, Modena 1770, p. 8; G. Tiraboschi, Notizie de’ pittori… e architetti… di Modena, Modena 1786 pp. 153-155; F. Sossaj, Modena descritta, Modena 1833, p. 110; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, a cura di M. Capucci, II, Firenze 1970, p. 215; A. Saetti, Mem. stor. e artist. di tutte le chiese degli Stati estensi, Modena 1854, I, pp. 8 s.; A. Venturi, La R. Gall. Estense di Modena, Modena 1883, pp. 217 s.; C. Malmusi, La chiesa di S. Barnaba, Modena 1883, p. 25; Id., La Beata Vergine di Fiorano Modenese, Modena 1885, pp. 16 s.; L. Chellini-E. Pancaldi, Guida di Modena, Modena 1926, pp. 96 s.; R. Pallucchini, I dipinti della Galleria Estense di Modena, Modena 1945, p. 73; R. Roli, Traccia per Francesco Monti, in Arte antica e moderna, 1962 p. 86; A. Ghidiglia Quintavalle, Arte in Emilia II (catal.), Parma 1962, pp. 116-118; Id., Arte in Emilia III (catal.), Modena 1967, p. 110; G. Soli, Le chiese di Modena, Modena 1974, I, pp. 44 s.; II, pp. 17 s.; III, pp. 46 s.; A. Garuti, Mostra di opere restaurate del Museo Civico di Carpi (catal.), Carpi 1976, pp. 58 s.; U. ThiemeF. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 201.