CASTROMEDIANO, Sigismondo
Nato a Cavallino (Lecce) il 20 genn. 1811 da Domenico, duca di Morciano, e da Teresa dei marchesi Balsamo, discendeva da un'antica e illustre famiglia di origine francone, scesa in Italia nel sec. XII. Non procedette oltre gli studi secondari, compiuti nel collegio dei gesuiti di Lecce, che (in E. Lupinacci. Ricordo, Lecce 1876, p. 9) giudicò formalistici e sospettosi di "aprire troppo le menti de[gli] allievi". Più importanti furono nella sua farmazione l'impegno autodidattico e l'influenza della personalità materna, caratterizzata da un idealismo moralistico e sentimentale. Tra il 1830 e il 1848, in un ambiente di attardato romanticismo provinciale, coltivò interessi letterari ed eruditi, ma lasciò inedita, intuendone il modesto valore, la produzione di questi anni, costituita da versi su temi patriottici, amorosi e religiosi, da novelle e da ricerche di storia locale.
Intanto si delineava il suo liberalismo, che andò assumendo connotazioni sempre più moderate, specialmente dopo la delusione di una brevissima esperienza di affiliato alla Giovine Italia (1842). I suoi ideali liberali furono esaltati dalla partecipazione al settimo congresso degli scienziati italiani, nel quale egli presentò un lavoro sull'agricoltura e sulla pastorizia di Cavallino (Atti della Settima Adunanza degli Scienziati italianitenuta in Napoli dal 20 settembre al 5 ottobreMDCCCXLV, Napoli 1846, I, p. 541). Dopo questa esperienza rinsaldò i legami con i giovani cospiratori leccesi, capeggiati dai fratelli Salvatore e Gioacchino Stampacchia, e fu tra i letterati che si raccolsero intorno alla Accademia Scipione Ammirato, sorta a Lecce negli ultimi mesi del 1846, per iniziativa degli Stampacchia, in contrapposizione alla Accademia Salentina, fondata precedentemente dai gesuiti. Sciolta l'Accademia Ammirato dalla polizia, il gruppo liberale del luogo, alla ricerca di una nuova tribuna per le sue idee, incaricò il C. di svolgere le pratiche necessarie per l'autorizzazione a pubblicare un giornale, ma egli, dopo ripetute istanze all'intendente, ne ricavò solo una minaccia di arresto.
Prima del '48, comunque, il suo impegno politico si esaurì in generici atteggiamenti antiborbonici, ai quali non era estraneo un residuo antimonarchico di fierezza feudale, e in vaghe aspirazioni costituzionali. Dopo la concessione dello statuto da parte di Ferdinando II,egli redasse con L. Tuzzo, E. Lupinacci, F. Pisacane e B. De Rinaldis il battagliero periodico politico-letterario Troppo tardi, che si pubblicò a Lecce con cadenza bisettimanale dal 13 aprile al 18 maggio e che riassumeva nel titolo i propositi antidinastici. In seguito alle ripercussioni in Terra d'Otranto dei fatti napoletani del 15 maggio, si formò a Lecce il 29 giugno il Circolo patriottico salentino, piccolo parlamento provinciale di circa settanta deputati, tra i quali il C. rappresentò il circondario di San Cesario.
Il Circolo, che si proponeva un cauto programma di difesa della costituzione e di collaborazione con le autorità costituite, allo scopo di mantenere l'ordine pubblico, minacciato soprattutto dalle rivendicazioni contadine, a tendenza comunista, sulle terre demaniali, elesse presidente B. Mazzarella e tra i quattro segretari il C.: a quest'ultimo toccò di compilare quasi tutti i bollettini, le circolari e i proclami del Circolo, compreso quello del 9 luglio che apparve uno dei più infiammati e risultò determinante per la successiva incriminazione del suo autore. In esso si esortava il popolo ad opporsi alle truppe regie, di cui un falso allarme segnalava l'arrivo imminente. Constatato, però, nei giorni che seguirono, il fallimento degli sforzi di riarmare la guardia nazionale e di arruolare una milizia volontaria, prova evidente della incapacità del Circolo di mobilitare gli strati popolari, il Mazzarella propose di scioglierlo prima che venisse soppresso dalle armi borboniche.
Giunta a Lecce, il 10 settembre, la colonna mobile destinata alla repressione, mentre il Mazzarella riusciva a mettersi in salvo, il C. venne arrestato il 30 ottobre, non avendo voluto approfittare della possibilità di fuga offertagli dall'intendente De Caro. L'atto di accusa del procuratore generale Chieco, notificatogli il 12 ott. 1849, a conclusione di un'istruttoria manovrata dalla polizia, lo chiamò a rispondere di "cospirazione commessa in illecita associazione per più giorni dal 29 giugno 1848 in poi, ad oggetto di distruggere il Governo e di eccitare i sudditi e gli abitanti del Regno ad armarsi contro l'Autorità Reale". La Gran Corte speciale di Terra d'Otranto, iniziate le udienze il 28 ag. 1850, attenuò l'imputazione e non accolse la richiesta di pena capitale formulata dal pubblico ministero, ma con sentenza del 2 dicembre condannò il C. per il misfatto di provocazione, sia pure rimasta senza effetto, a trenta anni di ferri e alla malleveria di 1.000 ducati per tre anni dopo espiata la pena. Questa condanna, nella quale il C. venne accomunato a N. Schiavoni, compromesso molto più vistosamente nell'azione rivoluzionaria, fu la più dura tra quelle emesse dalla corte e apparve eccessiva alla opinione pubblica locale che vi ravvisò la volontà del governo di colpire un cittadino illustre a scopo intimidatorio.
Cominciò allora per il C. una dolorosa vicenda carceraria, che egli, sorretto anche da una schietta fede religiosa, sopportò con stoicismo e dignità, esemplari per i compagni di pena, e che riferì nell'opera Carceri e galere politiche. Memorie (Lecce 1895). Dopo una breve permanenza nel carcere centrale di Lecce, tra il 28 maggio e il 4 giugno venne trasferito, insieme con lo Schiavoni, nel bagno di "recezione" del Carmine, a Napoli. Il 22 giugno, sempre con lo Schiavoni, venne condotto nel penitenziario di Procida; qui riuscì a procurarsi le lettere di Gladstone sulle condizioni dei prigionieri di Nisida, le ricopiò e, eludendo la vigilanza sulla corrispondenza dei reclusi, le spedì in plico aperto agli amici di Lecce. Il fondato sospetto che i detenuti politici delle diverse galere situate sulle isole del Golfo comunicassero tra loro e le voci su una loro possibile fuga, agevolata da complicità inglesi e garibaldine, indussero il governo a segregare, all'inizio del 1852, i più pericolosi di essi in carceri più isolate. Il C. venne assegnato al bagno "eccezionale" di Montefusco, sui monti dell'Avellinese, la più terribile galera del Regno, già chiusa nel 1845 perché troppo inumana, dove egli sperimentò oltre le durissime privazioni materiali anche ambigue pressioni psicologiche, come il tentativo di spingerlo a impetrare una grazia disonorante, di cui narrò in uno dei capitoli più drammatici delle Memorie (II, pp. 39-66).
Qui ebbe compagno ancora lo Schiavoni e si legò con C. Poerio, C. Braico, V. Dono, N. Nisco, M. Pironti, rilevati dal bagno di Ischia, con i quali condivise i restanti sette anni di detenzione. L'amicizia col Poerio divenne particolarmente intima, nutrita come era da una spiccata affinità di carattere, e favorì nel C. l'approfondimento in senso unitario del suo liberalismo e lo sviluppo di un vero e proprio culto della monarchia sabauda, in quanto garante della soluzione moderata del problema nazionale. All'inizio del 1855,mediante un biglietto fatto uscire dal carcere clandestinamente come vi era penetrata la richiesta di consiglio dei murattiani, il C. e gli altri prestigiosi galeotti di Montefusco, incitati dal Poerio, contribuirono a liquidare le pretese di L. Murat al trono di Napoli, indicando quale "stella polare il Re di Piemonte" (Memorie, II, pp. 37-38:vedi M. V. Gavotti, Il movimento murattiano dal 1850 al 1860, Roma 1927, pp. 75-79).
Il 28 maggio 1855 il C. e i suoi compagni vennero trasferiti nell'altro bagno "eccezionale" di Montesarchio, presso Benevento, dove rimasero finché un decreto reale del 27 dic. 1858commutò la pena detentiva di sessantasei condannati politici rinchiusi in diverse prigioni del Regno nell'esilio perpetuo e, contemporaneamente, un ordine ministeriale segreto ne dispose illegalmente la deportazione negli Stati Uniti d'America. Imbarcato a Pozzuoli, il 15 genn. 1859,sulla pirocorvetta "Stromboli",dove conobbe L. Settembrini, S. Spaventa e F. Agresti, provenienti da Santo Stefano, e trasbordato a Cadice sul mercantile americano "David Stewart",che era stato noleggiato dal governo borbonico per condurre i deportati a New York, il C. restò coinvolto in quella fortunata avventura, narrata diffusamente dal Settembrini nelle Ricordanze e da lui stesso nelle Memorie (II, pp. 163-190),che terminò con lo sbarco degli esuli a Queenstown, in Irlanda (6 marzo 1859). L'aver respinto, appena toccata terra, una proposta di intesa avanzata da Mazzini tramite G. Fanelli (Memorie, II, pp. 195-197) lifece accogliere molto cordialmente negli ambienti moderati inglesi. Il C. vi riscosse un successo personale, anche mondano, tra le dame del l'aristocrazia londinese e tra uomini politici come Gladstone, Palmerston, Clarendon, Russell, Derby, con alcuni dei quali conservò rapporti epistolari.
Il 18 apr. 1859 il C.giunse con altri esuli a Torino e anche qui frequentò esponenti del conservatorismo liberale, soprattutto nel salotto della baronessa Olimpia Savio di Bernstiel, luogo di convegno dei personaggi più in vista della società subalpina.
Attratto dalla figlia diciottenne del Savio, Adele, ne chiese la mano ai primi del '60, ma non si risolse mai a sposarla, pur mantenendo con lei una romantica amicizia, che alimentò per circa trent'anni un interessante carteggio. Tra i motivi che trattennero il C. dal matrimonio, oltre la differenza di età e l'opposizione del Poerio che sollecitava l'amico a restare libero da legami familiari per darsi interamente alla carriera politica, pesò il dissesto patrimoniale derivatogli dalla impossibilità di curare personalmente i propri beni durante la reclusione. Nonostante ciò, egli rifiutò l'indennizzo stabilito nel 1860dalla dittatura garibaldina a vantaggio dei danneggiati politici meridionali, il sussidio mensile assegnatogli nel 1863dal ministero dell'Interno e un atto di liberalità reale del 1886.
Nelle elezioni del 27 genn. 1861 il C.fu eletto deputato dal collegio di Campi Salentina al primo Parlamento nazionale (VIII legislatura). Alla Camera sedette al centrodestra, sostenne i ministeri Cavour e Ricasoli, fu deciso oppositore di Rattazzi e appoggiò con riserve Minghetti e La Marmora. La sua presenza in Parlamento risultò poco incisiva, ispirata come fu al principio che "quei deputati che non parlano, ma che ànno autorità e nome ... operano molto di più" (Pastore, p. 229),e restò quasi esclusivamente legata a esigenze della provincia.
I suoi interventi di maggior rilievo mirarono a tutelarne la tabacchicoltura nel dibattito sul disegno di legge per la privativa dei sali e tabacchi (Atti parlamentari, Camera, Discussioni, legislatura VIII, sessione 1861-62, tornata del 13 marzo 1862, pp. 1547 ss.; tornata del 20 marzo 1862, pp. 1680-84),e ad abolirvi le decime ex feudali (ibid., sessione del 1863-64-65,tornata del 18 apr. 1865, p. 9682; tornata del 26 apr. 1865, p. 9997). Non che il C. non avvertisse la crisi generale del Mezzogiorno postunitario, ma la attribuì, moralisticamente, all'anarchismo e alla ingovernabilità delle plebi meridionali (C. Pironti, Carlo Poerioe S.C.,in Nuova Antologia, 16 genn. 1912, pp. 331 ss.). Del resto, il suo liberalismo, animato da una nobile tensione ideale, ma sprovvisto di efficaci strumenti culturali, anche di quelli forniti a un consistente settore dei liberali napoletani da una solida preparazione giuridica, era inadeguato ad analisi più penetranti dei problemi contemporanei.
Caduto nelle elezioni dell'ottobre 1865, che sancirono la sconfitta del moderatismo nel Meridione, il C. abbandonò la scena politica nazionale e seguì con tiepido interesse, da Lecce, i tentativi di Olimpia e Adele Savio per ottenergli la nomina a senatore, prima da Menabrea, nel 1867-68, poi da Depretis, nel 1882, mentre si dedicava a studi archeologici e a lotte municipali contro le massoneria repubblicana e i gruppi reazionari. Consigliere e deputato provinciale dal 1869 al 1879, preposto alla Pubblica Istruzione, secolarizzò l'educandato femminile di Lecce e ne incrementò la Biblioteca provinciale. Costituita col regio decreto del 21 febbr. 1869 la Commissione consultiva per la conservazione dei monumenti storici e di belle arti di Terra d'Otranto, in sostituzione di un organismo analogo creato l'anno precedente dalla Provincia, il C. ne fu l'animatore e, per documentarne annualmente l'attività, pubblicò sette relazioni tra il 1869 e il 1877. Per suo impulso fu fondato, con deliberazione adottata dal Consiglio provinciale il 10 dic. 1868, il Museo archeologico di Lecce, allo scopo di raccogliervi materiale proveniente dalla regione messapica. Lo statuto approvato dalla Deputazione provinciale il 9 nov. 1881 nominò il C. direttore e amministratore, a titolo gratuito, del museo e intitolò questo al suo nome.
A partire dal 1880 il C. si ritirò nel suo castello semidiroccato di Cavallino dove lo visitarono illustri viaggiatori stranieri in Puglia, come, nel 1890, P. Bourget, il quale ne disegnò un suggestivo ritratto in Sensations d'Italie (Paris s.d. [ma 1891], pp. 246-255). In questi anni il C. attese alla stesura definitiva delle sue Memorie, che aveva iniziato a scrivere fin dai giorni della scarcerazione, ricevendo consigli e incoraggiamenti da Gladstone (Memorie, II, pp. 195, 290).
Dopo averne anticipato la pubblicazione di alcuni capitoli nel 1881, 1886 e 1893, egli non riuscì a vederle interamente pubblicate perché premorì alla stampa del secondo volume. Proposta a un pubblico ormai lontano dagli ideali risorgimentali, questa opera trovò debole udienza e anche in seguito ebbe scarsa fortuna; di non grande qualità letteraria, costituisce comunque un prezioso documento umano e storico e una testimonianza pressoché insostituibile su alcuni degli aspetti più abnormi del sistema carcerario borbonico.
Il C. morì a Cavallino il 26 ag. 1895.
Opere: Un accurato elenco delle opere a stampa e manoscritte del C. è in G. De Matteis, S.C., in Rass. stor. del Risorg., XXV(1938), pp. 1221-1239. Si veda, inoltre, N. Vacca, Bibliogr. del Risorg. salentino, Bari s.d. [ma 1949], ad indicem. Posteriormente, inediti del C. sono stati pubblicati da A. Vallone, Curiosità e rilievi storici in talune postille di S.C.,in Informazioni archivistiche e bibliografiche sul Salento, I (1957), pp. 5-6; Id., Aspetti e figure del Salento nelle parti inedite delle "Memorie" di S. C.,in Studi salentini, II, (1957), pp. 142-177; Id., Il Risorg. salentinonapoletano nelle parti inedite delle "Memorie" di S.C.,in Rass. stor. del Risorg., XLV(1958), pp. 550-572; Id., S.C. storico e letterato, in Studi salentini, V (1960), pp. 258-304. A cura di A. Vallone è stata pubblicata un'antologia delle Memorie del C. col titolo Pagine di narrativa risorgimentale, Galatina 1974.
Fonti e Bibl.: Per le fonti e la bibl. conosciute e pubblicate fino al 1938 si rinvia alla rassegna di G. De Matteis, citata nel testo. Lettere del C. o a lui relative sono state pubbl. da M. Pastore, Lettere di S. C. a D. Pasquale De Matteis, in Studi salentini, IV(1959), pp. 198-230; M. Pellegrino, Due lettere inedite di S. C.,in Annuario del Liceo-Ginnasio statale "G. Palmieri",Lecce 1959-60, pp. 73-77; R. Dolce Pellegrino, Le "Memorie" di S. C. nel carteggio Savio-Pellegrino, in La Zagaglia, II, (1960), 6, pp. 1-5; 7, pp. 24-36; 8, pp. 33-43; Lettere ined. di S. C. [a G. Tanzarella], in Il Salento nell'epopea risorgim.,num speciale della rivista Informazioni archivistiche e bibliogr. sul Salento, Lecce-Galatina 1961. Tra gli studi recenti sul C. si segnalano: I. S. La Villa Vernaleone, S. C.,Lecce 1950;F. Gabrieli, S. C. e A. Savio, in Arch. stor. pugliese, V (1952), pp. 352-362; Id., Il duca bianco, in Il Ponte, VIII(1952), pp. 1794-1799; M. Scardia, S. C. e B. Mazzarella nella lotta per l'unità d'Italia, in Studi salentini, V (1960), pp. 178-257; A. Vallone, Le idee politiche di S. C.,in Dialoghi, XIII (1965), pp. 470-492. Vedi anche F. Bartoccini, Il murattismo. Speranze, timori e contrasti nella lotta per l'unità italiana, Milano 1959, ad Indicem; M.Bernardini, Passeggiate archeol., Lecce 1967, pp. 7-11; P. Palumbo, Risorgimento salentino (1799-1860), a cura di P. F. Palumbo, Lecce 1968, ad Indicem.