SIGEARDO
(Siro, Syrus, Sicardo). – Figlio di Sigeardo IV (Sizo) conte di Pongau e di Pilihilde, appartenente alla stirpe degli Andechs, la sua data e il luogo di nascita non sono conosciuti.
La sua famiglia, i Sigardinghi, era tra le più importanti dell’aristocrazia bavarese, radicata sopra tutto nel territorio salisburghese e detentrice, nell’arco di un paio di secoli, di diversi comitati, fra i quali Chiemgau, Salisburgo, Pongau, Pinzgau, nonché dell’avvocazia dell’arcivescovado di Salisburgo.
Sigeardo compare per la prima volta in un diploma imperiale del 1048, con il quale Enrico III donava alla chiesa di Salisburgo un’ampia selva a est del fiume Traun, dopo aver ottenuto il consenso di una folta schiera di nobili, tra i quali la vedova Pilihilde (Sigeardo IV era caduto nella battaglia di Ménfő nel 1044, combattendo contro gli ungheresi), con i figli Sigeardo e Federico. Dato che il suo nome precede nel diploma quello del fratello maggiore, conte di Tengling-Peilstein, si è ipotizzato che egli fosse già stato ordinato sacerdote (Štih, 2006, p. 784). Si conosce anche il nome di una sorella, Fredegonda (Friderunda), che divenne più tardi badessa del monastero di Santa Maria di Aquileia.
Per quanto sia complessa una verifica puntuale, è verosimile che Sigeardo sia rimasto influenzato per tutta la sua vita dai vincoli e dalle logiche di collegamento implicite nell’ampia tessitura parentale alla quale apparteneva. È probabile che proprio grazie a tali intrecci, al personale status ecclesiastico e alla fedeltà della famiglia ai sovrani della casa di Franconia, egli abbia conseguito, almeno dal febbraio del 1064, l’ufficio di cancelliere di Enrico IV, che esercitò per circa un quadriennio, maturando ulteriori conoscenze ed esperienze di potere. Tuttavia, al di là delle sottoscrizioni nei diplomi regi, non sono riconoscibili particolari azioni o maneggi di Sigeardo, idonei a favorire la propria carriera.
In ogni caso, annota Lamberto di Hersfeld, nel febbraio del 1068 morì il patriarca d’Aquileia Ravengero e gli successe il cancelliere Sigehardus. La nomina fu imposta dal sovrano tedesco, secondo una prassi corrente, ma non si conoscono i motivi che indussero Enrico a prediligerlo.
I primi anni di governo patriarcale sono privi di documentazione e i pochi documenti reperibili a partire dal 1072 sembrano confermare le impressioni sopra enunciate. Il 17 luglio 1072 Sigeardo partecipò alla consacrazione della chiesa del monastero di famiglia di Michaelbeuern, a nord di Salisburgo, dotato dallo stesso patriarca con il consenso della madre, la quale cedette tutti i beni ereditari di sua proprietà siti nella località. Nell’occasione Sigeardo riservò l’avvocazia del monastero al suo omonimo nipote, figlio del fratello Federico, e ai successori.
Concelebrarono l’arcivescovo di Salisburgo, Ghepardo, e il vescovo di Concordia, Dietvino. Erano inoltre presenti il margravio Leopoldo di Carinzia, il conte del Friuli Ludovico, l’avvocato della Chiesa aquileiese Marquardo IV di Eppenstein con un figlio, il conte Cacellino della famiglia degli Ariboni futuro fondatore del monastero di Moggio, Mainardo III, conte di Lurn nei pressi di Lienz, il cui figlio omonimo sarebbe stato il capostipite dei conti di Gorizia, e numerosi altri aristocratici bavaresi e carinziani, tutti in qualche modo legati anche alla Carniola e al Friuli. Attorno al monastero, dunque, si condensava e si ostentava una solidarietà familiare e una ben più estesa tramatura di alleanze e di interessi di natura tanto sociale quanto politica.
Pochi giorni prima, il 10 luglio, Sigeardo aveva anticipato una simile ritualità religiosa e sociale consacrando una cappella dedicata a s. Michele nella chiesa di Eichstätt (Gundechari Liber pontificalis Eichstetensis, a cura di L.C. Bethmann, 1846, p. 247). I due episodi testimoniano la spiccata propensione alla mobilità e l’ampio orizzonte relazionale del patriarca, che le fonti superstiti colgono quasi sempre lontano da Aquileia. Non è fuori luogo ipotizzare che nel 1072 egli abbia incontrato il re Enrico IV, il cui itinerario è compatibile con quello di Sigeardo.
Furono queste relazioni che agevolarono, per quanto si può sapere, alcune azioni di consolidamento dell’ambito patrimoniale e signorile della chiesa patriarcale. Nel giugno del 1074, assistito dall’avvocato Marquardo IV di Eppenstein, Sigeardo stipulò ad Aquileia un’intesa con il vescovo di Frisinga, Ellenardo, che disciplinava i rapporti tra i due episcopati in materia di reciproche competenze economiche e giuridiche a proposito di beni patrimoniali detenuti nelle rispettive diocesi (F. Kos, Gradivo za..., 1911, n. 284). Nel medesimo anno il vescovo di Ceneda (Treviso), Giovanni, cedette al patriarca alcune pievi, con i rispettivi territori e diritti decimali (San Cassiano del Meschio, San Fior, San Polo di Piave). Tali pievi rimasero stabilmente nella disponibilità della Chiesa aquileiese. Le pattuizioni miravano, da una parte, ad appianare conflitti economico-giurisdizionali e, dall’altra, a irrobustire la nervatura signorile e territoriale del patriarcato. Esse seguivano accordi simili stipulati dal predecessore Ravengero con il vescovo di Bressanone.
Non sono riferibili a un anno preciso altri atti di Sigeardo, come quelli in favore del monastero femminile di S. Maria di Aquileia, al quale donò, per amore della sorella Fredegonda badessa, le ville di Zompicchia, Pantianicco e Beano, nella fascia centrale del Friuli, oppure le dotazioni patrimoniali e i diritti pubblici ceduti al capitolo di Aquileia, nel Friuli centrale (Rive/Rivis e Flaibano) e in Carnia (Lauco, Preone, Mione), o la possibile partecipazione nella fondazione dell’abbazia di Rosazzo, che pare adombrata nella menzione che ne fa il necrologio. Una memoria dei monaci di S. Maria di Sesto al Reghena (Pordenone) della fine del XII secolo rivelerebbe invece un conflitto con quel monastero, che avrebbe cagionato l’imprigionamento e la morte in carcere dell’abate. Tale episodio, pur se inserito in un memoriale di denuncia contro gli abusi degli ordinari aquileiesi nei confronti del monastero e perciò reputato poco credibile (Paschini, 1913, p. 193), non è estraneo alle abitudini violente di molti presuli.
Il registro di Gregorio VII conserva due lettere indirizzate a Sigeardo, in quanto metropolita. La prima, del 24 gennaio 1074, è la convocazione alla sinodo quaresimale indetta per quell’anno a Roma. La seconda, del 23 marzo 1075, è l’invito a recepire e a far applicare nella propria diocesi e in quelle dei suffraganei le disposizioni contro i chierici simoniaci e fornicatori assunte nella sinodo quaresimale appena conclusa (24-28 febbraio). In entrambe le lettere il tono del papa è amichevole. Non si sa se Sigeardo ottemperasse alle specifiche richieste di Gregorio, ma è certo che ne godette la fiducia, almeno per un periodo, dopo la scomunica e la sentenza di deposizione fulminante contro il re di Germania (febbraio del 1076). Infatti, il patriarca fu presente in qualità di legato papale, insieme con il vescovo Altmanno di Passau, alla dieta di Trebur/Oppenheim, nell’ottobre del 1076, dove i principi tedeschi concedettero a Enrico IV un anno di tempo per riconciliarsi con Gregorio (Lamberti monachi..., a cura di O. Holder-Egger, 1894, p. 252). Anche Bertoldo di Reichenau ritiene che Sigeardo, citato per primo insieme con i vescovi di Salisburgo, Passau e Worms, fosse tra coloro che «cum apostolico indubitanter sentiebant» (Die Chroniken Bertholds von Reichenau..., a cura di I.S. Robinson, 2003, pp. 240 s.).
Eppure, dopo la riconciliazione di Canossa, Sigeardo pare aver intrapreso una strada diversa, che lo riavvicinò al sovrano salico. All’inizio d’aprile del 1077, a Pavia, egli ricevette da Enrico la donazione del comitato del Friuli, con tutti i diritti pubblici, e dopo aver trascorso la Pasqua con il re, forse nel patriarcato, lo seguì in Germania, rimanendogli sempre accanto sia con opere di propaganda sia, secondo Bernoldo di Costanza, con contingenti militari (p. 416). Per tale sua fedeltà, l’11 giugno 1077 a Norimberga ottenne le donazioni a titolo proprietario del Comitato dell’Istria e della Marca della Carniola.
Una simile evoluzione gli costò l’ostilità dei cronisti favorevoli a Gregorio VII, che videro nella sua morte preceduta da una repentina demenza, avvenuta il 12 agosto 1077 mentre tornava alla sua sede, la punizione divina per il tradimento della causa papale. Il corpo fu trasportato ad Aquileia e sepolto nella basilica. Il suo nome compare nei necrologi di Aquileia, Rosazzo, Michaelbeuern, Salisburgo e Frisinga.
Il giudizio negativo su Sigeardo, comprensibile nella polemica della lotta per le investiture, va probabilmente sfumato. Non vi è necessariamente contraddizione tra l’obbedienza ai mandati papali, nel 1076, quando Sigeardo fu legato e forse mediatore del pontefice, conscio della sua antica consuetudine con Enrico, e la svolta successiva, avvenuta dopo l’assoluzione di Canossa. Data la cronologia degli eventi, è possibile che la scelta di campo di Sigeardo fosse conseguente all’elezione a re di Germania di Rodolfo di Svevia (15 marzo 1077), che lo avrebbe spinto a radicalizzare le sue posizioni in favore di Enrico, secondo la logica di schieramenti familiari e le solidarietà sociali e politiche che lo accompagnavano fin dalla gioventù. In questo caso, più che l’adesione o meno all’ideologia della riforma e allo schieramento ‘romano’, avrebbe avuto peso determinante un fattore di politica interna alle partes che si contendevano il potere in Germania.
Nonostante la ‘fama’ di traditore prezzolato, in cambio di consistenti proprietà e diritti pubblici, Sigeardo ha goduto della stima di certa storiografia friulana, perché in lui è stata riconosciuta una sorta di fondatore dello ‘stato’ patriarcale, tanto che il 3 aprile si celebra una festa del Friuli, in memoria della donazione regia del 1077. Anche questa interpretazione va riveduta, giacché «la concessione enriciana del 1077 aveva sancito una coerenza tra possedimenti patrimoniali e attribuzioni di sovranità che si era venuta maturando, da antiche fondamenta, in età ottoniana» (Cammarosano, 1988, p. 90). Si trattava dunque del riconoscimento di uno stato di fatto già maturato, più che di un inizio, fosse pure dovuto a un geniale do ut des.
Fonti e Bibl.: Brunonis Liber de bello Saxonico, a cura di G.H. Pertz, in MGH, Scriptores, V, Hannoverae 1844, p. 361; Gundechari Liber pontificalis Eichstetensis, a cura di L.C. Bethmann, ibid., VII, Hannoverae 1846, p. 247; Lamberti monachi Hersfeldensis opera, a cura di O. Holder-Egger, ibid., Scriptores rerum Germanicarum, Hannoverae-Lipsiae 1894, pp. 105, 276 s., 301; Salzburger Urkundenbuch, a cura di W. Hauthaler, I, Salzburg 1910, n. 1, pp. 771-774; F. Kos, Gradivo za zgodovino Slovencev v srednjem veku III (= Fonti per la storia degli Sloveni nel Medioevo), Ljubljana 1911, nn. 252, 253, 271, 281, 284, 288, 317, 323, 327, 329-333, 337, 340; Gregorii papae VII. Registrum, a cura di E. Caspar, I-II, Berolini 1920-1923, nn. I, 42, II, 62, V, 5-6, pp. 64 s., 217, 352-355; MGH, Diplomatum regum et imperatorum Germaniae, IV, Heinrici IV. Diplomata, pars II, Hannoverae 1978, nn. 293, 295, 296, pp. 384 s., 387-390; Necrologium Aquileiense, a cura di C. Scalon, Udine 1982, pp. 276, 396; Die Chroniken Bertholds von Reichenau und Bernolds von Konstanz 1054-1100, a cura di I.S. Robinson, in MGH, Scriptores rerum Germanicarum, n.s., Hannover 2003, pp. 240 s., 275 s., 278-280, 416; R. Härtel, Die älteren Urkunden des Klosters S. Maria zu Aquileia (1036-1250), Wien 2005, n. 3, p. 78.
P. Paschini, Vicende del Friuli durante il dominio della casa imperiale di Franconia, in Memorie storiche forogiuliesi, IX (1913), pp. 176-205 (in partic. pp. 190-198); G. Schwartz, Die Besetzung der Bistümer Reichsitaliens unter den sächsischen und salischen Kaisern mit den Listen der Bischöfe 915-1122, Leipzig-Berlin 1913 (rist. anast., Spoleto 1993), pp. 33 s.; H. Schmidinger, Patriarch und Landesherr. Die weltliche Herrschaft der Patriarchen von Aquileja bis zum Ende der Staufer, Graz-Köln 1954, ad ind.; P. Paschini, Storia del Friuli, Udine 1975, pp. 237-240; P. Cammarosano, L’alto medioevo: verso la formazione regionale, in Storia della società friulana. Il medioevo, a cura di P. Cammarosano, Tavagnacco 1988, pp. 83, 87-90; P. Golinelli, L’abbazia di Santa Maria di Sesto nel pieno medioevo (967-1198), in L’abbazia di Santa Maria di Sesto fra archeologia e storia, a cura di G.C. Menis - A. Tilatti, Pordenone 1999, pp. 132, 140; H. Dopsch, Origine e posizione sociale dei patriarchi di Aquileia nel tardo medioevo, in Aquileia e il suo patriarcato. Atti del Convegno internazionale di studio... 1999, a cura di S. Tavano - G. Bergamini - S. Cavazza, Udine 2000, pp. 293-295; P. Štih, Sighardinger (di) Sigeardo, patriarca di Aquileia, in Nuovo Liruti. Dizionario biografico dei friulani, I, Il medioevo, a cura di C. Scalon, Udine 2006, pp. 782-789.