Sierra Leone
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(App. IV, iii, p.326; V, iv, p. 755)
Popolazione e condizioni economiche
di Paolo Migliorini
Secondo una valutazione delle Nazioni Unite, nel 1998 la popolazione della S. L. ammontava a 4.568.000 ab.: dato quanto mai incerto, poiché dal 1991 il paese è sconvolto da una sanguinosa guerriglia che ha provocato migliaia di morti e costretto centinaia di migliaia di abitanti ad abbandonare le proprie case e a cercare rifugio in accampamenti o in ripari di fortuna nelle zone rurali. La S. L. da lungo tempo appartiene al gruppo dei cinque paesi più poveri dell'Africa, e già all'inizio degli anni Novanta era al quartultimo posto nella graduatoria mondiale dei paesi classificati in base all'indice dello sviluppo umano elaborato dalle Nazioni Unite.
Da allora, la situazione economica e sociale non ha fatto che peggiorare e, specialmente da quando, nel maggio 1997, un colpo di Stato militare ha costretto il presidente eletto A.T. Kabbah a rifugiarsi in Guinea, il paese è precipitato nel caos. I dati relativi alle attività economiche vanno presi con beneficio di inventario, in particolare quelli attinenti alle produzioni rivolte al mercato, dato che la vita commerciale è virtualmente paralizzata per effetto della chiusura della maggior parte delle banche e della smobilitazione delle imprese (1998). Le chiese e gli enti assistenziali forniscono alla popolazione alimenti di emergenza e medicine, ma la distribuzione è intralciata dalle sanzioni imposte dai Nigeriani, che controllano l'aeroporto internazionale e hanno imposto un embargo aereo, terrestre e marittimo. Le scuole sono chiuse e il sistema giudiziario è allo sbando.
L'agricoltura, che nel 1997 occupava ancora quasi il 64% delle forze di lavoro, in tempi normali ha i suoi punti di forza nella coltivazione del caffè (la quale nel 1994 ha concorso a formare il 2,3% del valore totale delle esportazioni) e del cacao. I raccolti di sussistenza sono essenzialmente costituiti da manioca, riso e banane. Fra le attività estrattive (17,5% del PIL nel 1994-95) si segnalava nel 1994 la produzione di minerali di rutilo (144.000 t, estratte dalle miniere di Shenge e Gbangbana), dai quali si ottiene biossido di titanio (47,8% del valore delle esportazioni nel 1994). La lotta per il controllo delle miniere di diamanti (213.000 carati estratti nel 1995) si intreccia strettamente con le vicende e con la logica del conflitto in corso. A partire dal 1995 l'intensificarsi della guerriglia ha comportato la sospensione delle attività minerarie (ma i diamanti continuano a essere illecitamente commercializzati) e il ritiro degli investimenti da parte degli investitori stranieri, con rilevante danno per l'erario statale. Nel gennaio 1998 accaniti combattimenti si sono svolti nel distretto diamantifero di Bo, nel Sud del paese, tra miliziani di origine locale, i Kamajor, appoggiati dai Nigeriani, da un lato, e le forze antigovernative del Revolutionary United Front, dall'altro. Nel 1997 il debito estero ammontava a 1142 milioni di dollari statunitensi. In quello stesso anno il costo del debito rappresentava oltre la metà del valore complessivo delle esportazioni.
bibliografia
Sierra Leone: disaster waits, in The Economist, 1998, 8053.
Storia
di Silvia Moretti
Sul finire degli anni Novanta si manifestò in tutta la sua gravità il profondo stato di crisi della S. L., uno dei paesi più poveri dell'Africa, dilaniato dalla guerra civile e vittima della lotta per l'egemonia nella regione intrapresa dai paesi vicini, in particolare dalla Nigeria.
Dopo l'aprile 1992, quando un colpo di stato militare portò al potere il capitano V.E.M. Strasser, il paese ha conosciuto anni di tensione e violenza: il governo formato da Strasser dovette infatti fronteggiare le azioni di lotta armata del Revolutionary United Front (RUF), una formazione collegata a una delle fazioni in lotta nella guerra civile in corso in Liberia e attiva sin dal 1991 in Sierra Leone. Inizialmente attestato nelle regioni meridionali, il RUF riuscì gradualmente ad ampliare le zone soggette al suo controllo saccheggiando le miniere di diamanti del paese, unica fonte di ricchezza nazionale.
La guerra civile condizionò l'attuazione del programma per il ritorno dei civili al potere, inizialmente programmato da Strasser per il gennaio 1996, ma bloccato dalla pericolosa avanzata dei ribelli nel corso della prima metà del 1995: giunti fino a poche decine di chilometri dalla capitale Freetown, i ribelli fecero strage dei civili e provocarono l'allontanamento di decine di migliaia di abitanti dalle loro case. Nel mese di giugno la controffensiva dei militari al potere, coadiuvati dalle truppe mercenarie di un'organizzazione sudafricana e dalle truppe nigeriane e della Guinea stanziate nel paese, ebbe ragione dei ribelli, che furono ricacciati nelle zone di confine con la Liberia.
Alla fine del mese Strasser autorizzò la ricostituzione dei partiti politici, messi al bando nell'aprile 1992, e alcuni mesi più tardi annunciò per il febbraio 1996 le elezioni presidenziali e legislative. Tale calendario fu rispettato nonostante le divisioni emerse all'interno delle forze armate, divisioni che portarono nel gennaio 1996 alla deposizione di Strasser e alla sua sostituzione con il generale J. Maada Bio. Svoltesi tra scontri ed episodi di violenza, le consultazioni legislative videro la vittoria del Sierra Leone People's Party (SLPP), il cui candidato A.T. Kabbah fu eletto a marzo alla presidenza della Repubblica. Il ritorno a un'amministrazione civile consentì l'inizio di difficili colloqui tra esponenti del nuovo governo e ribelli per porre fine alla guerra civile costata al paese oltre 10.000 morti e quasi un milione di profughi. I colloqui si conclusero con gli accordi siglati ad Abidijan (Costa d'Avorio) nel novembre 1996, ma il processo di pace nel paese fu messo in pericolo dai contrasti emersi all'interno del RUF nei primi mesi del 1997 e dal colpo di stato militare che nel maggio dello stesso anno depose Kabbah e portò al potere il maggiore J.P. Koroma appoggiato dai ribelli. Isolato dalla comunità internazionale, il governo di Koroma subì la pressione economica e militare delle truppe, in prevalenza nigeriane, dell'ECOMOG, l'organizzazione militare di monitoraggio dell'ECOWAS (Economic Community of West African States).
Tra la fine del 1997 e l'inizio del 1998 le forze dell'ECOMOG bombardarono più volte l'aeroporto, il porto e la città di Freetown preparando il terreno per un ultimo, decisivo attacco alla capitale nel mese di febbraio, che determinò il rovesciamento di Koroma e il ritorno al potere di Kabbah (marzo). Il reinsediamento del legittimo presidente provocò un inasprimento della guerra civile: asserragliati sulle montagne del Nord, i militari fedeli a Koroma si unirono ai ribelli del RUF e nel corso di tutto il 1998 si avvicinarono pericolosamente alla capitale. Nell'estate 1998 alcune organizzazioni umanitarie riferirono di atrocità (stupri, mutilazioni, stragi) commesse dai ribelli ai danni della popolazione. Il 7 luglio 1999 la firma degli accordi di pace a Lomé (Togo) tra Kabbah e il leader del RUF Foday Sankoh sembrò stabilire una tregua; ma nel maggio 2000 la situazione precipitava drammaticamente dopo la cattura da parte dei ribelli di circa 500 caschi blu dell'ONU in missione nel paese.
bibliografia
A.K. Koroma, Sierra Leone. The agony of a nation, Freetown 1996; African guerrillas, ed. C. Clapham, Oxford 1998; E. Conteh-Morgan, Sierra Leone at the end of the twentieth century: history, politics and society, New York 1999.