Sibilla
Appellativo d'incerta origine etimologica, usato dalla tradizione religiosa greco-romana e orientale, con riferimento a figure femminili mitiche e storiche, cui era attribuita capacità divinatoria dovuta a invasamento divino, ma al di fuori dell'ambito sacerdotale.
Il più antico scrittore che nomini la S. è Eraclito, il quale ne conosce una sola (cfr. Plutarco De Pythiae orac. 6 e Clemente Alessandrino Strom. I XV 70). In epoca più tarda il numero delle S. oscilla in genere tra due e dieci e ognuna di esse è associata a un antro o a una fonte sacra, posti in località disparate. Dieci S. comprende in particolare il catalogo di Varrone, che è tra tutti il più noto (in Lattanzio Div. Inst. I 6); e di queste la più celebre, grazie a Virgilio, è la S. Cumana, la quale in origine s'identificava con la S. Eritrea, portata a Cuma dai coloni ionici, ma divenuta poi completamente autonoma per la sua relazione con Roma. Secondo la tradizione leggendaria raccolta da Virgilio, la S. Cumana scriveva i propri responsi su foglie che, disperse dal vento all'aprirsi della caverna in cui erano racchiuse, li rendevano indecifrabili (Aen. III 443-452; cfr. anche Giovenale Sat. III 2-3, VIII 126).
Alla fonte virgiliana s'ispira l'immagine che in Pd XXXIII 66 (così al vento ne le foglie levi / si perdea la sentenza di Sibilla) costituisce la terza delle tre similitudini intese a rievocare almeno per approssimazione la rapidità con cui si è dileguata dalla mente di D. la visione di Dio da lui avuta nell'Empireo.
Il nome della S. ricorre ancora in Cv IV XXVI 9 (Quanto spronare fu quello, quando esso Enea sostenette solo con Sibilla a intrare ne lo inferno a cercare de l'anima di suo padre Anchise, contra tanti pericoli, come nel sesto de la detta istoria si dimostra), con riferimento al racconto della discesa di Enea agl'Inferi quale si legge in Aen. VI 236 ss. Ma qui il fulcro dell'interesse è spostato tutto sul personaggio di Enea, in quanto l'attacco iniziale (Quanto spronare fu quello) riproduce Aen. VI 261 " nunc animis opus, Aenea, nunc pectore firmo ", un'espressione in cui D. individua l'elemento atto a sviluppare l'allegoria della fortezza, entro una prospezione storica che fa dell'eroe troiano il fondatore dell'impero universale (v. ENEA).
Bibl. - F. Allevi, Con D. e la S. ed altri (dagli antichi al volgare), Milano 1965.