Pseudonimo della scrittrice Rina Faccio (Alessandria 1876 - Roma 1960). Meglio che nei romanzi, dove un certo femminismo d'intonazione ibseniana (Una donna, 1906) si è venuto sempre più mescolando a motivi dannunziani (Il passaggio, 1919; Amo, dunque sono, 1927; Il frustino, 1932), le sue tendenze alla confessione autobiografica trovano adeguata espressione nelle poesie (Momenti, 1921; Poesie, 1929; Sì alla terra, 1935; raccolta definitiva, Selva d'amore, 1947), che tengono conto delle esperienze del frammentismo vociano e della "poesia pura", e soprattutto nelle prose liriche, in certe pagine di diario o di taccuino, nelle quali il tumulto dei sensi e dei ricordi si illimpidisce, a tratti, in una panica ebbrezza (Andando e stando, 1921; Gioie d'occasione, 1930; Orsa minore, 1938: raccolte poi in Gioie d'occasione e altre ancora, 1954; Dal mio diario, 1945). Negli ultimi anni la produzione letteraria, e specialmente poetica dell'A. (Aiutatemi a dire, 1951; Russia alto paese, 1953; Luci della mia sera, 1956, ecc.), assunse toni sociali, d'ispirazione marxista, in cui trovano sbocco quei motivi di un socialismo umanitario e quella attenzione alla vita degli umili, che avevano già caratterizzato la sua attività giovanile, accanto a G. Cena, nel tentativo di redenzione dell'Agro Romano. È infine da ricordare, interessante anche per il periodo cui si riferisce, il carteggio d'amore con Dino Campana (S. Aleramo-D. Campana, Lettere, 1958).