shinto
Religione tradizionale del Giappone, complesso delle attività rituali rivolte ai kami (una pluralità di esseri, concepiti talvolta antropomorficamente nella mitologia e poi nell’iconografia). Letteralmente s. significa «la via dei kami», sorta per distinguerla dall’insegnamento buddhista (bukkyo), introdotto in Giappone nel 6° sec. d.C. Il concetto è stato sottoposto a una profonda ridefinizione a partire dalla seconda metà del secolo scorso sulla base dell’idea di «religione» elaborata in Europa. Nell’accezione moderna s. viene inteso come l’insieme di credenze, pratiche e istituzioni sviluppatosi come tradizione ininterrotta dal culto delle antiche divinità «indigene». La definizione di «divinità» spesso citata come la più puntuale è quella di Motoori Norinaga (1730-1801), per il quale kami sarebbe l’attributo di qualsiasi cosa «possieda un potere superiore fuori dall’ordinario e ispiri timore reverenziale». La manifestazione di tale qualità assume forme molto svariate. Accanto alle divinità del mondo naturale, localizzate nei cieli (il sole, gli astri, i fenomeni atmosferici), oppure sulla terra (monti, fiumi, rocce, alberi, animali), vi sono quelle di origine umana, innanzitutto gli dei tutelari della comunità (casa, villaggio, gruppo di parentela). Tra questi spiccavano per importanza nell’antichità le divinità dei clan (➔ ), identificate spesso con il nume che nella società locale presiedeva al ciclo agricolo. Ruolo non meno centrale hanno le divinità legate alle attività dell’uomo, in rapporto alle tappe della vita dei singoli (nascita, malattia, vincolo matrimoniale, morte) o alle funzioni produttive che interessano il gruppo (agricoltura, caccia, pesca). La venerazione di esseri umani come kami, sia in vita sia dopo la morte, insieme alla nascita di figure divine dalle caratteristiche sincretiche ha enormemente arricchito nel corso dei secoli il pantheon shinto. Il matsuri è la festa durante la quale si rende omaggio alle divinità, che visitano i fedeli, ringraziandole per la protezione accordata, e prescrive una condizione di purità rituale per i partecipanti, ottenuta nel periodo di preparazione che precede l’evento; a volte il kami esprime il suo volere per il tramite di un oracolo. Nella maggior parte dei casi il culto si articola in riti agricoli, legati alla coltivazione del riso, che scandiscono i momenti di trapasso stagionale. I santuari (jinja) sono preferibilmente immersi nella natura; l’ingresso viene segnalato da uno o più portali in legno (torii). Le ricorrenze si trovano codificate nel calendario rituale di corte (Engishiki, compilato dal 905). La divinità suprema del pantheon è la dea del sole, Amaterasu Omikami (giapp. «la grande augusta dea che illumina il cielo») considerata come origine diretta della dinastia imperiale giapponese, attraverso il suo pronipote Ninigi, avo a sua volta, secondo la tradizione, del primo imperatore del Giappone Jinmu Tenno, con il quale si chiude l’era degli dei e comincia quella degli imperatori umani. Proprio per questo strettissimo è sempre stato il collegamento tra attività di governo e pratica cultuale: il sovrano ebbe sempre tra i suoi compiti quello di celebrare i riti per propiziare i kami. Il termine s. è stato tradotto con «shintoismo», diffuso nel secolo scorso dai primi interpreti moderni della cultura giapponese; oggi si preferisce indicare con s. tale religione tradizionale e con il termine «shintoismo» il cd. , da esso derivante.