Shao Yong
Filosofo cinese (Fanyang 1012 - Luoyang 1077). Annoverato fra i ‘cinque maestri’ della filosofia cinese dell’11° sec., studiò lungamente l’Yijing (➔) «Classico dei mutamenti» con Li Zhicai, e divenne un profondo conoscitore della cosmologia in esso contenuta e un raffinato maestro della dottrina delle ‘immagini e numeri’ (xiangshu), come attestato con dovizia dalla sua opera Huangji jingshi shu («Libro dei sommi principi che governano il mondo»), inclusa anche nel Daozang (Canone taoista). Proprio dall’Yijing mosse la sua speculazione sul cosmo e sul mutamento. Nel cosmo, nel mondo della natura e dell’uomo il mutamento è incessante e regolare e ciò discende dalla costituzione intrinseca del qi («energia vitale» o «energia materiale»): moto (dong) e quiete (jing), yin e yang al contempo. Tutto è composto di qi, infinito e finito, impercettibile e percepibile, amorfo e distintamente formato. Il mondo e le sue complesse e misteriose attività non si comprendono affatto con le sole parole, quasi sempre create arbitrariamente, ma grazie al potere rappresentativo di ‘immagini e numeri’, veri e propri simboli. Così il taiji («supremo estremo») genera le due forze (liangyi), che a loro volta producono le quattro stagioni (sixiang) da cui si originano gli otto trigrammi (bagua). Da questi, infine, si sviluppano i sessantaquattro esagrammi, che in tutto e per tutto rappresentano ogni possibile circostanza o situazione del mondo. È evidente che il numero, più che esprimere una quantità determinata, è invece come una entità tangibile, la cui natura numerativa è proprio il modo perfetto per immaginare il continuo e perenne processo generativo del cosmo.