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SHANGHAI

di Anna Irene Del Monaco - Enciclopedia Italiana - IX Appendice (2015)
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SHANGHAI.

Anna Irene Del Monaco

– Il fascino della città storica. L’odierno sviluppo urbano. Il modello di policentrismo urbano e il programma di sviluppo sostenibile. Bibliografia

Il fascino della città storica. – S. è fra le più popolose città della Repubblica Popolare Cinese. Nel 2013 i residenti erano circa 24 milioni: solo 13 milioni in possesso dell’hukou urbano di S., cioè l’iscrizione al registro delle famiglie con pieno e ristretto diritto di residenza urbana per nascita; gli altri 11 milioni sono immigrati dal resto del Paese con minori diritti di residenza. Secondo le previsioni del masterplan del 1999, invece, gli abitanti di S. nel 2020 non avrebbero superato i 19 milioni. S. continua a godere del suo speciale statuto di municipalità con autonomia provinciale.

Nata come un villaggio di pescatori, città commerciale di una certa importanza in età imperiale, S. si è affermata come uno dei maggiori centri finanziari del commercio internazionale fin dall’inizio del 19° sec. con un’importante presenza di cittadini stranieri residenti. Fra il 1842 e il 1946 fu abitata da una popolazione multiculturale e venne particolarmente amata dalla borghesia mercantile e intellettuale europea che la definì la Parigi d’Oriente associandola, quindi, alla metropoli più in voga in Europa. S. conquistò la sua fama cosmopolita con l’istituzione delle ‘concessioni’, quartieri abitati da cittadini non cinesi che godevano di diritti extraterritoriali. Al tempo delle concessioni, dunque, la città era divisa in aree amministrate separatamente: a sud la città cinese recintata, in vista del fiume Hangpu; a nord e nord-est la concessione internazionale istituita nel 1863 dall’unione di quella britannica e quella statunitense; a sud-ovest la concessione francese istituita nel 1879; la concessione giapponese, la più affollata, era localizzata a nord e contigua al ghetto ebraico, non recintato.

Oggi queste aree urbane, intrise di storia e di fascino esotico perfino per i cinesi, sono profondamente diverse da come si presentavano al tempo del loro primo successo internazionale. Tuttavia permane in esse, nonostante le travolgenti metamorfosi, il carattere cangiante determinato dalle contaminazioni culturali. La concessione internazionale includeva il Bund, il famoso lungofiume moderno e monumentale apprezzabile nelle viste ottocentesche, il cui prospetto sull’acqua è ancora oggi scandito dalle facciate neoclassiche e déco dei circa 250 edifici coloniali sedi di banche, dogane e hotel. Il più famoso dal punto di vista culturale e turistico è il Peace Hotel, una vera istituzione cittadina ancora in vita, inaugurato nel 1926 con il nome di Cathai Hotel progettato da Palmer & Turner Architects Limited. Le aree della ex concessione internazionale e francese – oggi fra le più praticate dal turismo di massa – in passato brulicavano di densi quartieri residenziali, definiti entro maglie urbane non regolari di lotti urbani sottili e lunghi, occupati da case dal fronte stretto sulla strada, secondo la tipologia residenziale lilong (li «quartiere», long «vicoli»), cioè l’adattamento dell’impianto tradizionale della casa a corte cinese, shikumen, a una tipologia abitativa che fosse in grado di rispondere a condizioni di alta densità, per famiglie composte di poche unità e dal reddito basso. Si può descrivere come un tessuto di case urbane su tre livelli che ibridano l’impianto della casa a corte tradizionale cinese shikumen – basata sul modello sociale rurale della famiglia allargata – e quello della casa urbana operaia inglese della prima età industriale. Un certo numero di lilong ancora oggi sopravvive fra le estese maglie dei tessuti degli edifici alti contemporanei, dando testimonianza del carattere urbano della città storica, realizzata nello spirito del placemaking, cioè della riproposizione d’atmosfera più che del restauro o del riuso inteso secondo la tradizione italiana.

All’incessante realizzazione di nuovi interventi urbani corrispondono sempre più frequenti esperimenti di riqualificazione sui tessuti e di riuso architettonico degli edifici ex industriali più interessanti, soprattutto se localizzati in aree urbane strategiche, come l’area designata per l’Expo 2010. La gran parte delle aree industriali presenti nel tessuto urbano è stata riqualificata e trasformata in creative centers. A S. ce ne sono circa 80. Fra i casi più noti, progettati soprattutto per l’intrattenimento e il tempo libero nelle aree centrali, non lontani da People’s Square, centro rappresentativo della vita urbana, si trova il quartiere commerciale Xintiandi (1999, Wood and Zapata inc., Nikken Sekkei, The architectural design & research institute of Tongji University) o le gallerie d’arte Tian Zi Fang a Taikang Road.

Thames Town

Nella ex concessione giapponese, il distretto Hongkou, a Shajing Road, in prossimità del ghetto ebraico, Dan Pearson Studio ha ristrutturato e trasformato in museo d’arte un ex mattatoio, 1933 Old Millfun (2013), un singolare edificio dal carattere art déco e brutalista insieme. Nel medesimo quartiere lo studio Neri&Hu ha progettato l’hotel The waterhouse at South bund (2010) riqualificando l’ex quartier generale dell’esercito giapponese. Nello stesso distretto, inoltre, Neri&Hu hanno aperto il proprio spazio espositivo, il Design republic commune (2012), ristrutturando un edificio coloniale, una stazione di polizia. Sempre a Jingan, precisamente a Moganshan Road, lungo il Suzhou River, si trova il distretto d’arte M50, ristrutturato spontaneamente da un gruppo di artisti riunitisi nel già Shanghai chunming textile mill secondo modalità organizzative molto simili a quelle degli artisti di Pechino riunitisi nel Yuangmingyuan Village.

L’odierno sviluppo urbano. – Le due rive del fiume Huangpu, su cui si affaccia il Bund, documentano le più significative trasformazioni urbane delle ultime decadi: assieme a People’s Square e Nanjing Road esse rappresentano la più importante agglomerazione di spazi e, soprattutto, di edifici pubblici, commerciali e turistici tra quelle costruite nel mon do negli ultimi decenni. La sua realizzazione è stata condotta interpretando il noto slogan divulgato dal ‘movimento per il rafforzamento della Cina’ alla fine del 19° sec.: «La cultura cinese come base, la cultura occidentale come mezzo». L’area urbana fra il Bund e il fiume Huangpu è stata recentemente pedonalizzata con un grande parco urbano lineare, una passeggiata da cui si ammira lo spettacolo dei grattacieli dell’isola di Pudong – nuovo centro finanziario contemporaneo – che si stagliano sulla riva opposta del fiume Huangpu. Sviluppatosi a partire dal 1992, come effetto delle riforme di Deng Xiaoping, il distretto finanziario di Pudong è il simbolo della cangiante immagine contemporanea della città. A Pudong hanno sede i grattacieli più alti di S., in competizione con i grattacieli di Dubai: la Jin Mao Tower (420 m; 1999, Skidmore Owings & Merrill), la torre televisiva Oriental Pearl (468 m; 1995, Shanghai Modern Architectural Design Co. Ltd.) e lo Shanghai World Financial Center (492 m; 2008, Kohn Pedersen Fox), Shanghai Tower (632 m; 2013, 2Define Architecture, Gensler). Prendendo in prestito una metafora utilizzata da Lucio Barbera (2011), si può affermare che, dall’alto dei grattacieli giganti di Pudong – la ‘foresta’ – , è possibile apprezzare l’immensa distesa di grattacieli nani – la ‘savana’ – il continuo tessuto di torri residenziali, un tipo edilizio divenuto oramai standard in Cina. Sia la ‘savana’ sia la ‘foresta’ insistono su una griglia urbana molto meno rigida e meno stretta della griglia urbana di Manhattan.

Il modello di policentrismo urbano e il programma di sviluppo sostenibile. – Nel 2001 il Decimo programma quinquennale di S. pose i presupposti per avviare il programma One city, nine towns, basato su un’ipotesi di sviluppo policentrico. Il Piano comprensivo 1999-2020, infatti, prevedeva la generale ristrutturazione delle aree periferiche attorno a S. e l’avviamento della sperimentazione indirizzata verso il policentrismo urbano, attraverso la realizzazione, attorno alla città, di tre città satelliti maggiori che avrebbero inglobato e riorganizzato insediamenti già esistenti: Song jiang (500.000 abitanti, in stile inglese), Anting (160.000 abitanti, in stile tedesco), Lingang (200.000 abitanti, in stile statunitense). Il programma per le altre città satelliti prevedeva di insediare circa 80-100.000 abitanti in ciascuna di esse dando vita a centri urbani di nuova fondazione: Pujiang (in stile italiano), Luodian (in stile svedese), Gaoqiao (in stile olandese), Zhujiang (in stile cinese), Fengchen (in stile spagnolo), Fengjing (in stile canadese). Oltre a questi nuovi insediamenti è iniziata sull’isola Chongming la realizzazione di una città sperimentale ecologica sui principi delle Garden City dal nome di Chenjiazhen.

Il programma, nei fatti, ha favorito i cittadini più ricchi come strumento per acquistare seconde case in centri urbani gradevoli e ben organizzati non lontani dal centro della città; quattro delle nove città nuove non sono state realizzate e alcune sono state completate con grande ritardo rispetto al programma. Il masterplan e alcuni interventi architettonici della città satellite di Pujiang sono opera dello studio milanese Gregotti Associati International.

Con il motto «Better city, better life» e con l’intento di realizzare una livable city in linea con la concezione di ‘città armoniosa’ radicata nella cultura urbana tradizionale cinese, in un’ex area industriale degradata lungo il Suzhou Creek, si è tenuto l’Expo 2010. Il sito di progetto è rientrato in un più ampio programma di sviluppo sostenibile, finalizzato a preservare la memoria del carattere industriale delle aree lungofiume, tenendo conto dell’attuale spirito ecologico, attraverso la realizzazione di spazi di uso pubblico secondo una tendenza già avviata in precedenza e che aveva coinvolto il Bund come patrimonio storico e rappresentativo dell’identità moderna della città.

Anche le linee della metropolitana sono state incrementate in modo considerevole: si prevede la realizzazione di 970 km di nuove linee di cui 422 km sono stati già realizzati prima dell’Expo 2010. Il traffico urbano, infatti, utilizza per il 50% mezzi pubblici. Nel settembre 2013 è stata inaugurata la zona di libero scambio (free trade zone) di S. che comprende quattro zone doganali già esistenti sul fiume Yangtze: Shanghai Waigaoqiao bonded zone, Waigaoqiao bonded logistic zone, Yangshan bonded port e Shanghai Pudong airport free trade zone. Una parte considerevole del futuro sviluppo urbano di S. sarà diretto a collegare alcune di tali zone con il tessuto più moderno della città, come è il caso del piano di sviluppo dell’isola di Pudong che include, nel suo margine meridionale, il nuovo aeroporto. Lo scopo delle autorità cinesi sembra quello di rendere la Repubblica Popolare Cinese leader nella comunità economica internazionale, soprattutto nel settore del libero scambio rafforzato da importanti accordi bilaterali. In un prossimo futuro lungo le aree che si affacciano sul fiume Yangtze, ulteriori trasformazioni urbane e architettoniche troveranno grandi opportunità di sperimentazione.

Bibliografia: Shanghai reflections. Architecture, urbanism and the search for an alternative modernity, ed. M. Gandelsonas, New York 2002; L. Neri, R. Hu, Persistence of vision. Shanghai architects in dialogue, Shanghai 2007; S. Zhang, Study on Shanghai’s spatial structure for further urban development, «China city planning review», 2007, 16, 2, pp. 24-39; L. Barbera, Shanghai Siena. Un viaggio nell’incertezza. A journey into incertitude, Pisa 2010 (in partic. i capitoli La foresta e La savana); C. Pimpini, Shanghai. Next to the future, Roma 2010; Metamorfosi. La cultura della metropoli, a cura di R. Antonelli, M.I. Macioti, Roma 2012 (in partic. Z. Shiling, Shanghai present and future, pp. 105-10; P. Dadò, La metropoli di Shanghai, la memoria, pp. 179-92).

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shanghai
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sciangài
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