SHAMIL
. Nato nel 1797 nell'aul avarico di Ghimree (Daghestan), morto il 4 febbraio 1871 a Medina. Dal 1834 al 1859 Sh. (pronuncia locale del nome arabo-islamico Samauwal "Samuele") fu spiritualmente e militarmente anima e capo della resistenza delle popolazioni musulmane caucasiche contro la penetrazione russa. Capo (Imām) dell'ordine di dervisci Naqshbandiyyah, estese il suo dominio su gran parte del Daghestan e la occidentale Cecnja, fondandosi sul diritto canonico maomettano (sharī‛ah) da cui trasse la sua legislazione (niẓām). Le sue gesta s'ispirarono alla difesa del diritto del musulmano, all'unione delle popolazioni caucasiche per la "guerra santa" contro i Russi. I suoi seguaci si sottomisero ciecamente alla sua autorità. Dopo una sospensione (1848-56) delle operazioni nel Caucaso i Russi lo respinsero sistematicamente. La lotta disperata, sostenuta nel più assoluto isolamento con fanatismo religioso, terminò il 6 settembre 1859 con la capitolazione di Sh. nella fortezza montana di Ghunib che si arrese alle soverchianti forze russe, capitanate dal principe A.J. Barjatinskij. Sh. dovette stabilirsi in Russia e morì durante un pellegrinaggio in Arabia.
La tradizione popolare immaginò una parentela tra Sh. e la vecchia dinastia della Georgia, i Bagratidi. Sh. divenne un simbolo così eloquente delle aspirazioni di indipendenza caucasica che nel 1877 durante la guerra russo-turca fu offerto a suo figlio Ghāzī Muḥammad (= Kazi Magoma) residente in Turchia di capitanare l'insurrezione nazionale religiosa del Daghestan; la stessa offerta fu ripetuta nel 1920-21 a suo nipote Sa‛īd bey.
Bibl.: J. F. Baddeley, The Russian conquest of the Caucasus, Londra 1908; Ibrahimoff, Chamyl... jugé par les siens (Mémoires du Seid Abdourrahim Houssein), in Rev. du Monde Musulman, X (1910), pp. 533-41; R. Majerczak, Le Mouridisme au Caucase, ibid., XX (1912), pp. 162-225; M. Burr, Shamyl, in Blackwood's Magazine, CCXXIX (1931), pp. 246-56; W. Barthold, in The Encyclopaedia of Islam, I (1913), pp. 887-92; IV (1934), p. 306 segg.