sgridare (isgridare)
In If XXXII 79 Piangendo mi sgridò: " Perché mi peste?... ", dove il Petrocchi annota: " come a Inf. XVIII 118, ‛ gridare ma con voce di rimbrotto '; la maggior frequenza di gridare... spinge vari copisti ad intervenire ".
In entrambi i casi, infatti, il verbo esprime il risentimento dei dannati che D. ha in qualche modo provocato: qui si tratta di Bocca degli Abati cui il poeta, passeggiando tra le teste, ha violentemente colpito il viso col piede (e che continua a ‛ bestemmiare ' duramente: cfr. v. 86); nel c. XVIII è Alessio Interminelli che reagisce alla curiosità indagatrice di D., sentendosi oggetto di particolare e non gradita attenzione: vidi un col capo sì di merda lordo, / che non parea s'era laico o cherco. / Quei mi sgridò: " Perché se' tu sì gordo / di riguardar più me che li altri brutti? " (v. 118). Anche in questo passo alcuni codici recano la forma gridò.
In Pg XXIX 61 il poeta introduce con La donna mi sgridò le parole di Matelda, che vede D. tutto intento ad ammirare i candelabri della processione nel Paradiso terrestre, e " sgridandolo lo riprende esortandolo a guardar quello che seguitava dietro ad essi candelabri " (Landino). Le parole hanno un tono di rimprovero, sia pur dettato da ben diverso motivo da quello di Bocca e Alessio.
Si aggiungano, sempre per " rimproverare ", Fiore CCXI 11, e XXV 5 Vergogna fortemente lo [Schifo] sgridava: in quest'ultimo caso al verbo non segue il discorso diretto.
La forma ‛ isgridare ' è, dopo consonante, in Rime LXI 2 Sonar bracchetti, e cacciatori aizzare, / lepri levare, ed isgridar le genti, " gridare insieme, nel clamore che segue le bestie fuggenti. Il Sapegno spiega ‛ rimproverarsi a vicenda ', e potrebbe darne conferma Folgóre da S. Gimignano, Ed ogni venerdì, v. 6: ‛ e rampognare insieme i cacciatori '; ma pare più naturale che si ricordino in genere le grida della caccia " (Barbi-Maggini, da consultare per ulteriori testimonianze).