BRIVIO (Brippio), Sforza
Nacque nella prima metà del sec. XVI da Dionigi, senatore di antica nobiltà milanese, e Isabella Pusterla. Entrato a far parte della magistratura dei Sessanta per diritto di nascita, ebbe una lunga carriera diplomatica. Il 20ag. 1563 venne eletto ambasciatore della città di Milano al concilio di Trento, per una importante missione.
Era giunta infatti in quei giorni da Roma la gravissima notizia che nell'ultimo concistoro si era discusso di introdurre in Milano un tribunale dell'Inquisizione secondo il modello spagnolo, in seguito ad una richiesta di Filippo II. Il pontefice Pio IV, nonostante l'opposizione di parecchi cardinali, sembrava favorevole ad acconsentire al desiderio del re "per occulta speranza ... che per quel servizio dovesse acquistar il favor del re di Spagna al papato", come commentava P. Sarpi nella sua Istoria (p. 965).Il timore che "questo iugo insolito et laccio pernicioso" fosse imposto anche ai Milanesi spinse i magistrati cittadini ad intervenire prontamente. Vennero inviati ambasciatori a Madrid e a Roma, e il B. a Trento, allo scopo di mobilitare a favore di Milano alcuni prelati di origine milanese, come il Morone, il Simonetta e il vescovo di Ventimiglia, Carlo Visconti. Dalla relazione del B. inviata a Milano qualche tempo dopo emergevano notizie contortanti: non stavano soltanto muovendosi i cardinali interpellati, ma tutti i vescovi dello Stato di Milano, timorosi di veder diminuita la loro autorità nelle diocesi e soprattutto i prelati napoletani, che pensavano "non forse fuor di proposito" che, una volta arrivata l'Inquisizione spagnola a Milano, ci sarebbe voluto poco ad imporla anche a Napoli. "Gridandosi da tante parti", non sarebbe quindi stato difficile vincere la partita. Di fronte ad una opinione pubblica tanto contraria ed alla minaccia di una sollevazione popolare a Milano, il pontefice e lo stesso Filippo II furono costretti a rinunciare al loro disegno.
Dal 1564 al 1570 il B. fu eletto più volte dal Consiglio dei sessanta, soltanto per incarichi di minor importanza. Nel 1571 gli fu data nuovamente la responsabilità di risolvere un altro difficile problema cittadino.
Il 7 febbr. 1571 Pio V aveva soppresso l'antichissimo Ordine degli umiliati, una delle confraternite religiose maggiormente legate alla vita milanese. Gli ingenti beni requisiti erano stati suddivisi in commende tra diversi cardinali. I Milanesi tuttavia non volevano rinunciare ad una ricchezza che i loro padri avevano accumulato "con tanta la fatica et danno delle lor case, alle quali hanno levati i propri beni". In un primo tempo il B. fu eletto perché si recasse a Roma a sollecitare la restituzione di tutte le entrate degli umiliati, considerate come beni cittadini inalienabili, da suddividersi tra i più bisognosi monasteri femminili della città. Le richieste vennero in seguito un poco ridimensionate, soprattutto in considerazione della fiera opposizione che ne sarebbe seguita da parte di quei cardinali che avevano già beneficiato della distribuzione. Il B. dopo molti tentativi riuscì a vincere infine l'ostinazione del pontefice, facendosi assegnare una modesta sovvenzione di 1.000 scudi d'oro sulle entrate della prepositura degli umiliati, da suddividersi tra ben diciassette monasteri milanesi.
Una terza importante ambasceria fu assegnata al B. nel 1576. Il Consiglio dei sessanta decise il 17 luglio di mandarlo ambasciatore alla corte del re di Spagna per stornare il pericolo di nuove tasse.
La situazione era tanto grave che correva persino la proposta di eleggere un ambasciatore stabile che "ogni di et hora si lamentasse con S. Maestà per haver qualche alleggerimento di tanti carichi et gravezze". Il B. rinviò la partenza fino a settembre e a novembre rimase bloccato ad Alessandria a causa della peste, che proprio in quei mesi aveva cominciato a devastare il ducato. Soltanto ai primi del 1577 raggiungeva Madrid, da dove veniva comunicando i suoi infruttuosi tentativi presso il sovrano. Conscio della propria importanza, il B. chiese ripetutamente di tornare, ma inutilmente, giacché si trovava ancora presso la corte spagnola nell'aprile del '78, quando una stagione avversa danneggiò gravemente i raccolti, facendo temere una carestia nel Milanese. Gli fu chiesto quindi di insistere almeno per lo sgravio delle tasse imposte durante la peste, ma la sua missione diplomatica fu fallimentare, tanto che un anno dopo, per pagare il mensuale richiesto fin dal tempo della peste, i magistrati milanesi, costretti ad alienare l'entrata del sale che rendeva 20.000 ducati ed incerti sui mezzi più adatti a procacciare gli altri 20.000 richiesti, rinunciarono momentaneamente ad opporsi alla cieca politica di spoliazione del governo di Filippo II. Il B., ritornato a Milano nel 1579 confermò al Consiglio dei sessanta il suo fallimento nonostante "ogni diligenza e sollecitudine". Membro del Consiglio dei sessanta e questore del magistrato delle Entrate ordinarie, nel 1588 dovette scagionarsi da una accusa di malversazione e di corruzione, non si sa fino a che punto fondata, che egli negò sdegnosamente.
Nel 1589, grazie al favore del re spagnolo, fu promosso commissario generale degli eserciti di Lombardia e Piemonte, carica che esercitò fino al 1601, anno in cui si perdono le sue tracce. In questa occasione Geronimo Frova scrisse una Congratulatoria nella promozione dell'Ill.mo sig. Sforza Brivio, di tono cortigianesco ed adulatorio, in cui si ricordano altre sue ambascerie per Filippo II a Lucca, Napoli e Firenze.
Sposò Giulia Visconti ed ebbe tre figli, Giovan Battista, dottore, vicario della giustizia civile a Pavia nel 1586-87. podestà della città e provincia di Lodi nell'88-89; Francesco, luogotenente nell'esercito regio, Cesare, e due figlie, Maria ed Isabella.
Fonti e Bibl.: Milano, Arch. stor., Uffici Regi, p. a. Questori, b. 698 (1531-1753), 26 marzo 1588; Arch. stor. civ., Dicasteri, cart. 14, fasc. 32, 33, 36; cart. 15, fasc. 39; cart. 16, fasc. 7; cart. 18, fasc. 13; cart. 28; per la questione delle entrate della prepositura degli umiliati: Dicasteri, cart. 15, fasc. 30; sull'introduzione a Milano dell'Inquisizione spagnola: Dicasteri, cart. 14, fasc. 25, 27; sull'ambasceria al re di Spagna: Dicasteri, cart. 16, fasc. 22, 23, 27, 28, 33, 38, 42, 43, 45; cart. 17, fasc. 8, 9. Cfr. inoltre: P. Morigia, Historia dell'antiquità di Milano divisa in quattro libri, Venezia 1592, p. 680; G. Frova, Congratulatoria nella promotione dell'illustrissimo sig. S. B. al Commissariato generale..., Roma 1590; P. Sarpi, Istoria del concilio tridentino, Firenze 1966, pp. 965 s.; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 4, Brescia 1763, p. 2116; A. Salomoni, Memorie storico-diplomatiche degli ambasciatori,incaricati degli affari,corrispondenti e delegati che la città di Milano inviò a diversi suoi principi dal 1500 al 1796, Milano 1806, pp. 183 s.; E. Verga, Il municipio di Milano e l'inquisizione di Spagna, in Arch. stor. lomb., XXIV (1897), 2, pp. 92 s.