GAZZELLONI (Gazzellone originariamente), Severino
Nacque a Roccasecca, in provincia di Frosinone, il 5 genn. 1919 da Giuseppe Gazzellone e Amalia Pascarella (il G. modificò successivamente il cognome paterno in Gazzelloni). Il suo interesse per la musica fu stimolato fin dall'infanzia dalla presenza nel paese natale di un'apprezzata banda musicale della quale faceva parte anche il padre come suonatore di bombardino. Il G. iniziò lo studio del flauto da autodidatta all'età di sette anni e di lì a poco fu inserito anch'egli nella formazione bandistica.
Nel 1934 fu ammesso al conservatorio di S. Cecilia di Roma, dove si diplomò nel 1942 sotto la guida di A. Tassinari. Durante la guerra cominciò la carriera musicale esibendosi nell'orchestra ritmo-sinfonica di A. Semprini e presso il teatro Odescalchi nella compagnia di avanspettacolo di E. Macario. Nel 1944 entrò nell'Orchestra sinfonica della RAI di Roma (allora Orchestra di Radio Roma, diretta da F. Previtali), di cui divenne in seguito primo flauto e con la quale collaborò per un trentennio. La sua carriera come solista iniziò ufficialmente nel 1945 con un'avventurosa tournée a Belgrado, mentre il debutto italiano avvenne nel 1947 presso il teatro Eliseo di Roma in un concerto con l'arpista A. Soriani. Nel dopoguerra partecipò alla realizzazione di numerose colonne sonore di film neorealisti ed ebbe modo di conoscere compositori come N. Rota e B. Maderna, dei quali divenne amico fraterno; e fu proprio tramite Maderna che il G. si avvicinò, qualche anno più tardi, alla Neue Musik. Nel 1947 partecipò alla tournée italiana del Pierrot lunaire di A. Schönberg organizzata da M. Peragallo, esperienza che lo avvicinò con entusiasmo alla musica del Novecento.
A partire dal 1949 il G. si dedicò con straordinario intuito alla ricerca di una tecnica strumentale basata su un nuovo tipo di respirazione, l'impiego di suoni multipli e di particolari colpi di lingua, aprendo nuovi orizzonti al flauto, che divenne così uno degli strumenti protagonisti della produzione musicale contemporanea. Il G. stesso definì il suono da lui creato come nato "sul vibrato del violino, del violoncello, non sulla scuola francese", vieille manière di suonare il flauto; egli pensava infatti "a un bel suono robusto, un vibrato da adattare ai vari stili della musica".
Dal 1952 il G. partecipò agli Internationale Ferienkurse für Neue Musik di Darmstadt, insegnandovi ininterrottamente il flauto dal 1956 al 1966. In quegli anni strinse rapporti professionali con i maggiori esponenti della nuova avanguardia come P. Boulez, K. Stockhausen, L. Nono, F. Donatoni, O. Messiaen, J. Cage, L. Berio e S. Bussotti.
Nel 1951 il compositore M. Zafred, con il suo Concerto per flauto e orchestra, aveva dato inizio all'innumerevole serie di brani dedicati al Gazzelloni. Ma fu nel 1954, con l'esecuzione a Darmstadt, insieme con il pianista D. Tudor, della Sonatina composta da P. Boulez nel 1946 per J.-P. Rampal, ma da questo mai eseguita, che il G. fece conoscere il suo eccezionale talento al mondo dell'avanguardia musicale. L'innata musicalità, nonché le esplorazioni condotte nell'universo tecnico del flauto, suscitarono grande interesse e indussero molti compositori a scrivere per lui.
Nella lunga lista di brani dedicati al G. si ricordano la Sonata (1953) e la Fantasia concertante (1958) di C. Togni, Le merle noir di O. Messiaen (1954), la Sonatina di G. Pannain (1954); la Sonata da concerto (1958) di F. Ghedini; la Sequenza per flauto solo (1958) di L. Berio, composta, come dichiarò lo stesso autore, "su misura" per il G.; Ideogrammi n. 2 (1959) di A. Clementi; Couple per flauto e pianoforte (1959) di S. Bussotti; Flötenstück neunphasig (1959) di E. Krenek; Polyphonie I per flauto contralto (1962) di J. Guyonnet, il quale era rimasto affascinato dal meraviglioso suono del G. durante le prove a Darmstadt del Marteau sans maître di Boulez; Neumi (1963) di B. Porena. Seguirono poi Condicionado (1963) e Reciproco (1963) di L. de Pablo; Julianische Minuten (1964) di F. Döhl; Rhymes for Gazzelloni (1965) di Yori-Aki Matsudaira, e Chorus (1965) di G. Gaslini; In (1966) di T. Scherchen e Puppenspiel 2 di F. Donatoni (premio Marzotto nel 1966); il Concerto per flauto e orchestra (1967-68) di G.F. Malipiero; Tre pezzi per flauto e pianoforte (1970) di A. Szöllösy e Souffle (1970) di G. Petrassi, che dedicò al G. anche un concerto per flauto e orchestra; la Sonatina (1945) e le variazioni mozartiane per flauto e pianoforte intitolate Il magico flauto di Severino (1971) di R. Vlad, e ancora Honeyrêves (1961) e Grande aulodia (1970) di B. Maderna. Quest'ultimo fu influenzato a tal punto dallo straordinario flauto del G. da sceglierlo come protagonista di composizioni come Don Perlimplin ovvero Il trionfo dell'amore e dell'immaginazione (1961) e Hyperion (1964).
La maggior parte di questi brani fu eseguita dal G. in prima esecuzione nelle diverse edizioni del Festival internazionale di musica contemporanea della Biennale di Venezia a partire dal 1952. Nell'ambito di questo stesso festival e in onore del G., M. Labroca, organizzatore della rassegna, decise nel 1961 di dedicare un intero recital alla nuova letteratura per flauto, appuntamento che divenne stabile a partire da quell'anno.
Parallelamente all'attività di interprete della musica di avanguardia, il G. continuò a esibirsi come concertista presso il grande pubblico nelle maggiori istituzioni del mondo e proseguì con grande generosità la sua professione di didatta, iniziata nel 1955 presso il conservatorio G. Rossini di Pesaro, che lo portò a insegnare in sette scuole internazionali di perfezionamento. Tra queste si ricordano il corso di musica d'avanguardia a Darlington in Gran Bretagna, il corso su Bach e Mozart alla Opera Schule di Colonia, i corsi presso l'Accademia Sibelius di Helsinki e, infine, quelli presso l'Accademia nazionale di S. Cecilia. L'impegno didattico maggiore fu tuttavia quello presso l'Accademia Chigiana di Siena, dove egli insegnò ininterrottamente dal 1965.
Altrettanto intensa fu l'attività discografica, con la quale il G. ottenne ben sette "Grand Prix" del disco. La disinvoltura e la spontaneità con cui affrontò composizioni di ogni genere musicale e le contaminazioni che spesso ne scaturirono, nonché l'assidua frequentazione di programmi radiofonici e televisivi, anche di musica leggera, gli consentirono inoltre di raggiungere una grandissima popolarità e di diffondere la conoscenza del flauto e della musica presso un pubblico vastissimo. Il G. infatti partiva dalla convinzione che "la musica è una sfera in cui vige la più assoluta democrazia per cui un suono non è meno interessante perché appartiene ad una canzone popolare piuttosto che ad una sinfonia", e fu il primo musicista in Italia a comprendere le possibilità dei mezzi di comunicazione di massa per una divulgazione della musica a tutti i livelli. Tanta apertura tuttavia fu spesso causa di qualche giudizio ingeneroso nei confronti del musicista che pure un critico come M. Mila definì "il primo artista che abbia riscattato l'umile flauto dal complesso di inferiorità che gravava sugli strumenti a fiato, uguagliando la fama di solito riservata ai virtuosi della tastiera e dell'arco" (Gazzelloni su S. G., pp. 9 s.).
Il G. morì a Cassino il 21 nov. 1992.
Fonti e Bibl.: Necr. in Il Tempo, 23 nov. 1992; Il Corriere della sera, 23 nov. 1992; Il Messaggero, 23 nov. 1992; La Repubblica, 24 nov. 1992; M. Bortolotto, Fase seconda. Studi sulla Nuova Musica, Torino 1969, p. 137; G. Vigolo, Mille e una sera all'opera e al concerto, Firenze 1971, p. 662; Gazzelloni su S. G., Roma 1977; I. Stravinsky - R. Craft, Colloqui con Stravinsky, Torino 1977, p. 176; S. Gazzelloni - E. Granzotto, Il flauto d'oro, Torino 1984; F. Florit, Il trio di Trieste, Torino 1992, pp. 44 s.; G.L. Petrucci - M. Benedetti, S. G. Il flauto del Novecento, Napoli 1993; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, III, p. 144; The New Grove Dict. of music and musicians, VII, pp. 206 s.