Seventh Heaven
(USA 1927, Settimo cielo, bianco e nero, 93m a 24 fps): regia: Frank Borzage; produzione: Frank Borzage per Fox; soggetto: dall'omonimo testo teatrale di Austin Strong; sceneggiatura: Benjamin Glazer; fotografia: Ernest Palmer, Joe Valentine; montaggio: Katherine Hilliker, H.H. Caldwell; scenografia: Harry Oliver; costumi: Kathleen Kay.
Chico è un operaio addetto alle fogne, nella Parigi del 1914. Diane è un'orfana abbandonata nelle mani d'una sorella alcolista e manesca. Chico la difende, la porta con sé nella sua soffitta 'vicina alle stelle'. Però tiene le distanze (il suo alloggio è diviso in due parti da una passerella di legno), perché sa che poi le donne s'affezionano e non se ne vanno più. Lui invece è spirito libero, per di più ateo (lo proclama con orgoglio). Ma la gentilezza di lei lo vince, e arriva una proposta di matrimonio. Subito dopo Chico è chiamato alle armi. Si sposano, e lui pronuncia le parole rituali del matrimonio rivolgendosi direttamente a quel buon Dio che ama sfidare. Suonano le undici: prima che lui parta, i due si fanno reciproca promessa che ogni giorno, alla stessa ora, penseranno l'uno all'altra. Chico raggiunge il reggimento, Diane lavora in una fabbrica di munizioni. Passano gli anni, ma non passa giorno senza che tengano fede alla promessa. Poi lui viene ferito, e rimarrà cieco. A Parigi, Diane legge il suo nome in una lista di vittime di guerra, ma non può credere alla sua morte. Un compagno che torna mutilato e un cappellano che ha visto Chico agonizzante le confermano la triste notizia. Lei comincia a dirsi che è stato stupido continuare a sentirlo accanto a sé, ogni mattino alle undici. Il giorno dell'armistizio la rabbia di Diane esplode disperata, e proprio allora il miracolo si produce: Chico fende la folla esultante, sale alla soffitta, appare davanti a lei. È salvo, e ha trovato la fede in Dio.
C'è un momento, nel romanzo La nausée di Sartre, in cui i due protagonisti alludono alle stampe di Épinal come a una dimensione totale, da cui può scaturire una filosofia sociale dell'essere. Non si tratta, in alcun modo, di un ambito naif; è invece un robusto codice, preliminarmente visivo, in cui si vive, si parla, si ama, senza mai uscirne, proponendo uno stile di vita che possiede, prima di tutto, una qualificata visività. La Parigi interamente finta di Frank Borzage scaturisce da un patrimonio illustrativo coerente e complesso, più ampio di quello di Épinal, ma a esso strettamente collegato. Molti momenti del film sono dedotti esplicitamente dalle opere di George Cruikshank, il grande illustratore dickensiano, così ci sono stradine malamente illuminate, con il selciato quasi untuoso, e porte ansiogene, anditi orrorifici, vicoli delittuosi. Un altro pittore esplicitamente citato è Lyonel Feininger, che preferiva firmarsi 'your uncle' Feininger quando creava fumetti, non quadri, e Borzage ha preso in prestito dalle sue tavole quei camini inconfondibili che siglano una città e parlano di una stagione nella vita dell'umanità.
Accade poi che tante finzioni producano, insieme, una specie di cumulativa e struggente verità. È l'anno fatale, quel 1914 in cui sparì per sempre una certa idea del mondo, in cui si passò dall'Ottocento, che non si decideva a morire, in un Novecento pieno di sangue, di stragi, di rovine. Il film ha una struttura ascensionale, come se fosse un grande affresco, un trionfo della morte o un ciclo murario di storie. Borzage deve essersi domandato come si poteva raffigurare una classe pericolosa, quella degli ultimi, ripensando certo al 'popolo dell'abisso' di Jack London. Il suo Chico sta nell'abisso fuor di metafora, vive prevalentemente nelle fogne, perché lavora lì e perché sente che non si può barare: chi sta nel "buco maleodorante" come vien detta la stradina, abbia coscienza della sua collocazione vera, sia autentico fino in fondo.
Sono fogne non generiche, la letteratura le ha già visitate scrupolosamente: di lì è passato Jean Valjean, portando in spalle Marius ferito, e proprio le fogne hanno accolto i 'miserabili' per trasformarli e redimerli. Borzage, per delineare il suo Chico, si è fidato dei giornali amati dai proletari duri e lettori, come Valjean, quelli che si riconoscevano nelle litografie del battagliero "Assiette au beurre". Chico non fa mai piagnistei, si dichiara ateo, allude spesso a un'aspirazione concreta: quella di risalire dal limo catacombale, fino a diventare lavastrada, come il compagno che ammira. Si sa che il Sotto e il Sopra sono due delimitazioni antropologico-culturali, adatte a richiamare il Mito e a ricalcare la Fiaba. Però chi lo sposta, appunto, sopra, è un sacerdote. Chico resta ateo ma sa di dovere quella forma di redenzione a un prete: con vicende di questo tipo le tavole con le incisioni su legno e gli inchiostri ad acqua, di Épinal, hanno sedotto operai e contadini che in esse si sono ritrovati. Così Chico può salvare Diane dalla frusta di una sorella che rovescia su di lei topoi dell'abiezione, frustandola spesso a sangue. Una coppia di zii ricchi, di ritorno "dai mari del sud", aveva pensato di provvedere alle nipoti, ma poi le aveva lasciate nel fango perché non si erano comportate da brave ragazze.
Lassù, nell'autentico 'settimo cielo', nella soffitta da cui si vedono le stelle e si scorge la cupola di Montmartre come se Maurice Utrillo avesse appena finito di dipingerla, lassù dove si deve camminare su una umbratile passerella sospesa sull'abisso per recarsi in casa del fido compagno lavastrada, lassù inizia una convivenza proletaria, dove la grazia di Diane si unisce alla chiara e severa virilità di Chico.
Poi comincia una guerra di Épinal che mostra di sé un'immagine stupenda, come raramente se ne sono viste: i famosi taxi della Marna che portano, proprio in taxi, l'esercito francese direttamente al fronte a fermare la 'marea delle divise grigie', pronta a invadere Parigi. È una guerra nuova e antica, resa potentemente gotica proprio dalla presenza dei taxi, ma senza sconti nobilitanti: le trincee sono molto più fogne delle fogne, e qui ci sono i gas, non il settimo cielo. Creduto morto, Chico si salva ma torna a casa cieco, aveva in trincea con sé il prete che lo aveva spostato dalla fogna alla strada, ora è credente perché, da cieco, vede bene solo Dio.
Il film di Borzage è unico, per tanti versi: rappresenta, da solo, un'immersione totalizzante in qualcosa che non c'è più. Il sogno Épinal degli oppressi fieri e dignitosi, la speranza Épinal di raggiungere il settimo cielo direttamente dalle fogne, la guerra d'Épinal che porta i fanti al fronte nei taxi di foggia liberty, sono tutte fiabe ben narrate e scomparse, una volta per sempre.
Interpreti e personaggi: Janet Gaynor (Diane), Charles Farrell (Chico), Ben Bard (colonnello Brissac), David Butler (Gobin), Marie Mosquini (madame Gobin), Albert Gran (Boul), Gladys Brockwell (Nana), Emile Chautard (padre Chevillon), George Stone ('topo di fogna'), Jassie Haslett (zia Valentine), Brandon Hurst (zio George), Lillian West (Arlette).
Ung., 7th Heaven, in "Variety", May 11, 1927.
Anonimo, Seventh Heaven, in "National board of review", June 1927, poi in From Quasimodo to Scarlett O'Hara, a cura di S. Hochman, New York 1982.
M. Oms, 'L'heure suprême' de Frank Borzage, in "Cahiers de la cinémathèque", n. 12, hiver 1974.
J.-L. Bourget, Au ciel j'irai la voir un jour, in "Positif", n. 183-184, juillet-août 1976.
Ph. Rosen, Difference and displacement in 'Seventh Heaven', in "Screen", n. 2, summer 1977.
R. Combs, 7th Heaven, in "Monthly film bulletin", n. 558, July 1980.
A. Slide, 7th Heaven, in Magill's Survey of cinema. Silent films, 3° vol., a cura di F.N. Magill, Engelwood Cliffs (NJ) 1982.
H. Dumont, Jacob's Ladder, or Love and Adversity, in "Griffithiana", n. 46, dicembre 1992.