Settimio Severo (L. Septimius Severus Pertinax) Imperatore romano (Leptis Magna 146 d. C
Eboraco 211). Africano d’origine, di famiglia equestre, fu questore (170-71), legato proconsolare in Africa, tribuno della plebe (176), propretore in Spagna (178), governatore della Gallia Lugdunense (187) e della Sicilia (189), console suffetto (190), ed ebbe nel 191 il governo della Pannonia Superiore. Dopo l’uccisione di Commodo (dic. 192), fallì il tentativo senatorio di restaurare l’equilibrio dell’impero con Pertinace, proclamato dai pretoriani il 1° genn. del 193 e dagli stessi ucciso il 28 marzo. I pretoriani proclamarono poi all’impero Didio Giuliano, le legioni di Siria acclamarono Pescennio Nigro, quelle di Gallia e Britannia Clodio Albino e quelle di Pannonia (il 13 apr. del 193 a Carnuntum) Settimio Severo. Questi scese subito in Italia, ottenne l’adesione della flotta di Ravenna e marciò su Roma dove il senato stesso si decise a far decadere Didio Giuliano. Primo atto di S.S. fu la sostituzione con elementi provinciali, soprattutto illirici, della guardia pretoriana fino allora composta prevalentemente da italici e accanto ai pretoriani insediò in Italia una legione (II Partica) al comando di un suo legato. Questo imperatore d’origine africana fu quindi il primo degli imperatori militari che avevano nelle province illiriche la grande riserva di soldati e nelle province orientali il patrimonio culturale. S.S. stesso aveva sposato in seconde nozze una siriana, Giulia Domna, figlia di un sacerdote romanizzato di Emesa. La forza militare illirica ebbe ragione delle legioni di Pescennio Nigro, sconfitto nel 194 e, nel 197, a Lione, di quelle di Clodio Albino. S.S. quindi si autoadottò nella famiglia di Marco Aurelio. In realtà il governo dei Severi non è che la continuazione logica dell’impero antonino, come quello in cui maturano quelle premesse provinciali e il rafforzamento del nesso milizia-provincia. L‘atteggiamento verso i cristiani fu ambivalente: se li favorì col riconoscimento dei collegia tenuiorum, si ricorda d’altra parte un suo divieto di conversione al cristianesimo e al giudaismo, con atti di persecuzione specie in Egitto e in Africa. Giulia Domna era al centro di un movimento intellettuale e religioso, mentre i prodromi della suddivisione dell’impero già s’intravedono nel progetto di assegnare ai due figli e successori, Caracalla e Geta, due capitali e due senati, Roma e Antiochia (o Alessandria). Il tentativo di S.S. di portare a fondo la lotta contro i parti, di cui conquistò (197 e 198) la capitale Ctesifonte, non ebbe conseguenze perché egli dovette rientrare, ma fu costituita la nuova provincia di Mesopotamia. Il riordinamento militare, comportando anche inflazione monetaria e aumento dei prezzi, fu la causa dell’impoverimento progressivo dei ceti borghesi sotto la pressione tributaria. Ormai solo un irrigidimento burocratico e militare poteva mantenere un’unità che minacciava di dissolversi. Le circostanze della morte di S.S., avvenuta nel 211 a Eboraco (York) in Britannia mentre guidava una campagna di repressione contro i provinciali ribelli, testimoniano questo cedimento del tessuto connettivo dell’impero.