SETH
Dio dell'antico Egitto (eg. śêteġ; gr. Σηϑ, raro Σητ; copto ant. sêt). - In origine era l'animale okapi (cfr. egitto: Religione) e, quando lo personificarono, divenne figlio di Gêbeb e di Nûte. Insieme con il dio Hôr era patrono del regno e il faraone si pensava incarnazione dei due; quindi lo si venerava in Ombos, nel nomo di Aphroditopolis, in Hypsele, in Oxyrhynchos e nelle prossime oasi, le cui vie carovaniere proteggeva. La diffusione del suo culto nella parte orientale del Delta, intorno a Tanis, forse è dovuta agli elementi siri che vi risiedevano e l'identificaroo con Ba‛al (più tardi con Tešub). Per altri fu il dio che causa i temporali (Tifone secondo lo dissero i Greci), i terremoti, che sta nelle tenebre. Poi videro nell'Orsa Maggiore la sua coscia. Fu solo verso la XXII dinastia che egli divenne oggetto di persecuzione religiosa, per la parte attribuitagli nel mito di Osiride. Fu il malvagio per eccellenza; il giorno della sua nascita, il 3° degli epagomeni, si ritenne nefasto; si tracciavano colpite da coltello le immagini sue e quelle degli animali nei quali si vedeva, ossia l'asino, il maiale, l'antilope, il coccodrillo, l'ippopotamo, i pesci, i rettili. Nei sacrifici spesso si immolavano agli dei bestie tifoniche.
Bibl.: L. Borchardt, Das Sethier mit dem Pfeil, in Zeitschr. f. äg. Sprache, XLVI (1909), p. 90; H. Boussac e E. Trouessart, L'animal sacré de Set-Typhon et ses divers modes d'interpretation, in Rev. Hist. Relig., LXXXII (1920), pagine 189-203; E. Meyer, Set-Typhon, eine religionsgeschichtliche Studie, Lipsia 1875; P. E. Newberry, The Pig and the cult-animal of Set, in Journ. Eg. Arch., 1928, pp. 211-25; cfr. Kees, Seth, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl, s. v.; G. Roeder, Seth, in L. Roscher, s. v.