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POMPONIO, Sesto

di Vincenzo ARANGIO-RUIZ - Enciclopedia Italiana (1935)
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POMPONIO, Sesto

Vincenzo ARANGIO-RUIZ

Giurista romano dell'età classica. Contemporaneo, ma molto più giovane, dei due grandi dell'età adrianea, Celso e Giuliano, è molto inferiore a loro in penetrazione e coerenza sistematica; e piuttosto anticipa il programma, proseguito più tardi da Ulpiano e da Paolo, di esporre in una serie di commentarî tutto il diritto vigente al suo tempo, tirando le somme dall'opera delle due scuole sabiniana e proculiana. Non sembra che sia stato fra i giuristi ufficiali, muniti del ius respondendi: esercitò invece una lunga attività di maestro e di scrittore, dall'età di Adriano fino ai primi anni di M. Aurelio e L. Vero. Visse probabilmente una vita modesta, e non risulta che abbia mai rivestito cariche pubbliche.

La sistemazione del diritto romano non poteva essere unitaria, a causa del dualismo del diritto civile e pretorio. Per esporre il diritto civile, P. prese a fondamento le più insigni trattazioni del passato, parafrasandole e mettendole al corrente: nacquero in tal modo, sotto Adriano, i 35 o 36 libri ex Sabino, basati sui tre di Massurio Sabino, e, sotto Antonino, i 39 libri ad Q. Mucium, condotti sui 18 di Q. Mucio Scevola. Quanto al diritto pretorio, ne compose, probabilmente ancora sotto Adriano, un commento vastissimo, che forse raggiungeva i 150 libri. Più incerto è il carattere dell'opera, in 41 libri almeno, intitolata Variae lectiones, nonché dei 7 libri ex Plautio, sul cui contenuto si rinnovano le dispute intorno al contenuto dell'opera originale di Plauzio stesso. Alla casistica son dedicate le Epistolae (20 libri), edite sotto i divi fratres: questioni delicate, poste probabilmente nella scuola, con le relative soluzioni. Ricordiamo infine il libro delle Regulae e i due manuali detti Enchiridia, l'uno in due, l'altro in un libro: da quest'ultimo è tratto il lungo brano sulla storia del diritto e della giurisprudenza, che è riprodotto in Dig., I, 2, de orig. iur., 2, e che rappresenta per noi, ad onta delle sviste inevitabili, un sussidio prezioso.

I giuristi posteriori fecero delle opere di P. largo uso, valendosene anche come di repertorî della giurisprudenza antica; e i compilatori del Digesto ne riprodussero molti brani (trascurando però il commentario all'Editto). Fra riproduzioni testuali e citazioni, il nome di P. ci ritorna 861 volte: il che permette anche a noi di attingere spesso, e con profitto, alle larghe cognizioni di questo probo e limpido giurista.

Bibl.: J. G. Heineccius, De S. P. iurisconsulto (Opera, III, i, Ginevra 1746, p. 61 seg.); H. Pernice, Miscellanea, Praga 1870, p. 40 segg.; O. Lenel, Palingenesia iuris civilis, Lipsia 1889, II, c. 15 segg.; Krüger, Histoire des sources du dr. rom., trad. Brissaud, Parigi 1894, p. 230 segg.; S. Di Marzo, Saggi critici sui libri di P. ad Q. Mucium, Palermo 1898; Th. Mommsen, S. P., in Gesammelte Schriften, II, Lipsia 1907, p. 21 segg.; P. Bonfante, Storia del dir. rom., 3ª ed., Milano 1923, I, p. 386; F. Ebrard, Die Lehre von den Rechtsschulen und Rechtslitteratur römischer Juristen im Lichte eines vorjustinianischen Digestentitels, in Zeitschr. Savigny-Stift., XLV (1925), p. 111 segg.; P. De Francisci, Storia del dir. rom., II, i, Roma 1929, p. 359 seg.

Vedi anche
Marco Antistio Labeóne Labeóne, Marco Antistio (lat. Marcus Antistius Labeo). - Giureconsulto romano (n. prima del 43 a. C. - m. prima del 22 d. C.) della scuola di Trebazio Testa. Figlio di Pacuvio Antistio, giurista, avversario di Cesare, che si era fatto uccidere dopo la battaglia di Filippi (42), Labeone, Marco Antistio, ... Gaio Atèio Capitóne Atèio Capitóne, Gaio (lat. C. Ateius Capĭto). - 1. Tribuno della plebe nel 55 a. Ateio Capitone, Gaio, combatté in senato i triumviri e le leggi di Trebonio e tentò d'impedire la partenza di Crasso per la spedizione contro i Parti. 2. Giurista romano dell'epoca augustea, console nell'anno 5 d. Ateio ... Quinto Mucio Scèvola Scèvola, Quinto Mucio. - Giureconsulto romano (n. 140 circa - m. 82 a. C.), figlio del giureconsulto Publio; pontefice (115), questore (110), tribuno (106), console (95), poi (94) proconsole d'Asia; pontefice massimo (89). Con L. Licinio Crasso fece approvare (95) la legge Licinia Mucia, che, ponendo ... Publio Mucio Scèvola Scèvola, Publio Mucio. - Giureconsulto romano (m. 115 circa a. C.); tribuno della plebe (141), pretore (136), console (133). Pontefice massimo (130), abolì (123) l'uso delle tavole pontificie e raccolse quelle dei predecessori: a lui risale, se non la paternità, almeno l'edizione degli Annales Maximi. ...
Categorie
  • DIRITTO CIVILE in Diritto
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    Giurista romano (sec. 2º d. C.); svolse la sua attività dall'età di Adriano fino ai primi anni di Marco Aurelio e di Lucio Vero. Non si distinse per profondità di pensiero e coerenza sistematica; piuttosto anticipò il programma, che fu poi di Ulpiano e di Paolo, di esporre in commentarî tutto il diritto ...
Vocabolario
sèsto²
sesto2 sèsto2 s. m. [sostantivazione di sesto1; cfr. sesta2]. – 1. ant. Compasso: Colui che volse il sesto A lo stremo del mondo (Dante). 2. In architettura, linea curva d’intradosso dell’arco, che può assumere varie forme (circolare, ellittica,...
sèsto¹
sesto1 sèsto1 agg. num. ord. s. m. [lat. sĕxtus, der. di sex «sei»]. – 1. a. Che, in una sequenza o in una successione ordinata, occupa il posto corrispondente al numero sei, cioè viene dopo altri cinque (in cifre arabe 6°, in numeri romani...
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