Sesto Empirico
Filosofo e medico (fine del 2° sec. d.C. e inizi del 3°). Della sua vita non si conosce nulla con certezza; quanto alla patria, sembra fosse africano, in quanto il lessico Suida cita sue opere sotto il nome di Σέξτος Χαιρωνεύς e di Σέξτος Λίβυς (Sextus Africanus). L’appellativo di empirico gli è già attribuito nella tradizione antica, con chiaro riferimento al legame tra l’indirizzo scettico e la corrente della medicina empirica, alla quale tuttavia, in un passaggio delle Πυρρώνειοι ὑποτυπώσεις (trad. it. Schizzi pirroniani, I, 236-241), S. E. riconosce una minore compatibilità con l’orientamento scettico rispetto alla medicina metodica. I suoi scritti intitolati ‘Ιατρικὰ ὑπομνήματα o ‘Εμπειρικὰ ὐπομνήματα («Commentari medici» o «Commentari empirici») e i Περὶ ψυχῆς ὑπομνήματα («Commentari sull’anima») risultano perduti, mentre si conservano gli undici libri raccolti sotto il titolo Πρὸς μαϑηματικούς (trad. lat. Adversus mathematicos). Con questo titolo complessivo i manoscritti hanno tramandato due opere diverse: quello che propriamente è l’Adversus mathematicos (dove i «matematici» sono coloro che insegnano le dottrine base dell’educazione, e cioè la grammatica e la retorica, nonché le discipline che costituiscono quel che si dirà il quadrivio) e l’opera in cinque libri (composta precedentemente) intitolata Πρὸς δογματικούς (trad. lat. Adversus dogmaticos) contro i filosofi (logici, fisici, etici), definiti dogmatici in quanto ritengono di poter asserire dottrine (δόγματα) vere. Sono pervenute inoltre gli Schizzi pirronani, che costituiscono un denso compendio di filosofia pirroniana, cioè di filosofia scettica, secondo l’identificazione dello scetticismo con il pensiero del suo primo fondatore, Pirrone, che era usuale nella terza e ultima fase evolutiva di tale indirizzo filosofico. Il primo libro contiene un’introduzione generale e un’esposizione delle varie tesi scettiche, gli altri due combattono le posizioni dei dogmatici, il secondo sul piano della logica e della gnoseologia e il terzo su quello della fisica e dell’etica. Difficile è determinare il contributo di S. E. al pensiero scettico di cui egli è tra le più importanti fonti storiche. S. E. non distingue, infatti, fra ciò che è patrimonio già acquisito della scuola e ciò che egli aggiunge; inoltre, interpretando dottrine antiche e cercando di ricavarne quanto può essere utilizzato in sostegno delle sue tesi, non si preoccupa di evitare che tale procedimento si traduca, come spesso accade, in alterazione della fisionomia storica di tali dottrine. L’interesse dei suoi scritti consiste nel presentare una summa della critica scettica contro le varie forme di dogmatismo, cioè ogni pretesa di giungere ad affermazioni assolutamente e universalmente valide. La sua confutazione delle filosofie dogmatiche si svolge attraverso la contrapposizione dei dati sensibili e le ipotesi teoriche che le varie scuole propongono per rendere ragione di essi, mostrando l’uguale forza degli argomenti (ἰσοσϑήνεια) e quindi la necessità della «sospensione del giudizio» (ἐποχή) in sede teoretica e dell’«imperturbabilità» (ἀταραξία) nella sfera pratica (I, 8). S. E. svolge sistematicamente la critica dei modi o mezzi di dimostrazione adottati dalle scuole filosofiche ‘dogmatiche’. Nell’ambito dell’esame critico di questi mezzi o modi di conoscenza si svolge la critica delle tecniche sillogistico-dimostrative, delle classificazioni categoriali, ecc., come pure dei concetti di cui fanno uso le varie scienze (quiete e moto, rapporto causale, ecc.). Notevole è anche la critica delle varie dottrine teologiche, soprattutto stoiche, circa la divinità e la provvidenza, nelle quali è fondamentale il materiale che risale a Carneade. Nella dottrina dei τρόποι, cioè dei modi della sospensione del giudizio, egli aderisce in generale alle posizioni dello scetticismo più recente, di Enesidemo e specialmente di Agrippa: particolare importanza assume poi, nella sua trattazione, il rifiuto della deduzione sillogistica aristotelica, acutamente criticata in quanto «logo diallelo», ossia circolo vizioso. Nell’indicare il fine dello scetticismo nell’«imperturbabilità nelle cose opinabili e la moderazione nelle affezioni che sono per necessità» (I, 25), la vita del filosofo è scandita da quattro criteri, assunti in senso non dogmatico (ἀδόξαστος), che sono: la guida della natura, la necessità delle affezioni, le leggi e le consuetudini, l’insegnamento delle arti. Il filosofo scettico si radica così nella vita ordinaria, alla stregua degli altri uomini; in tal modo può realmente raggiungere l’assenza dei turbamenti, obiettivo ultimo della filosofia.