SESTINA
Metrica. - È una forma speciale della canzone a stanze indivisibili, che si compone di sei stanze di sei endecasillabi ciascuna con un commiato di tre versi della stessa misura. La singolarità è soprattutto nelle rime e nel modo di allacciare le stanze. La rima non si limita alla consonanza delle parole dall'accento in poi (v. rima), ma si estende a tutta la parola finale del verso. Queste parole-rime che normalmente devono essere sostantivi bisillabi, non hanno corrispondenza dentro ciascuna stanza, ma dalla prima si ripetono nelle altre nell'ordine che risulta dal seguente schema: ABCDEF / FAEBDC / CFDABE / ECBFAD / DEACFB / BDFECA. Nel commiato le sei parole-rime si ripetono due per verso rispettivamente nel mezzo e nel fine con un ordine che è vario nelle sestine che si conoscono.
Questo metro fu inventato da Arnaldo Daniello, trovatore provenzale del sec. XII, e, sebbene appaia e in sostanza sia una costruzione artificiosa, tuttavia nel pensiero del poeta, se bene si osserva, aveva una ragione artistica. Egli trovò alcuni elementi della sua innovazione nella tradizione versificatoria latina del Medioevo e volgare dei trovatori, ma questi elementi coordinò e integrò soprattutto con l'uso delle parole-rime e col modo di ripeterle nelle varie stanze, sì da farne risultare un tutto organico, di cui la stanza è parte, e il motivo musicale (v. canzone) si svolge insieme col pensiero per tutta la composizione, evitando in questo modo il fastidio della ripetizione di uno stesso motivo breve in ciascuna stanza, come avveniva nelle canzoni a stanze divisibili. Il pensiero d'altra parte si sviluppa, presentandoci allo spirito con le parole-rime che si ripetono, le stesse idee sotto aspetti successivamente diversi, pur conservando tra loro una certa somiglianza.
Dopo Arnaldo composero qualche sestina altri trovatori, fra essi Bartolomeo Zorzi veneziano. Nella poesia italiana la introdusse Dante (Al poco giorno ed al gran cerchio d'ombra) e dopo di lui ne compose otto il Petrarca, sul cui esempio ne scrissero i petrarchisti per tutto il sec. XVI, non senza introdurvi talora modificazioni che ne alteravano la struttura. Nel Sei e Settecento apparve anche qualche sestina in latino. Dopo cadde in disuso. Del Petrarca si ha pure una sestina doppia (Mia benigna fortuna e 'l viver lieto), cioè di due serie di sei stanze con un commiato di tre versi; ma impropriamente è stata da molti considerata sestina doppia la canzone di Dante Amor tu vedi ben che questa donna che se ha le parole-rime, manca delle altre caratteristiche. Si hanno pure sestine triple e perfino sestuple. Nel sec. XVI Giacomo Filippo Girardini compose l'ottavina con un commiato di quattro versi, in tutto costruita come la sestina. La quale nella sua forma pura in Italia fu ripresa dal Carducci (Notte di maggio) e dal D'Annunzio (Quando più ne' profondi orti le rose, nell'Isotteo). In Francia il petrarchista Pontus de Tyard, uno della Pleiade, a mezzo il sec. XVI ne scrisse due modificando però la primitiva forma, e, similmente, nei tempi moderni una decina il conte di Gramont che ne tradusse pure una del Petrarca e compose un'utile storia della sestina. Qualche esempio si trova nella poesia ispano-portoghese: di Fernando Herrera (sec. XVI), Francesco de Rioja (sec. XVII), Cervantes (nella Galatea, lib. I), Giorgio di Montemayor (nella Diana) e del Camões. Fuori del mondo latino, in Germania usarono questo metro, oltre ai traduttori di Dante e del Petrarca, il Löben e il Rückert in componimenti originali; in Inghilterra la più antica è quella intitolata A margarite of America di Tommaso Lodge (Londra 1596); poi se ne ha una di A. Ch. Swinburne e una di soggetto provenzale Altaforte di Ezra Pound (Personae, New York 1926).
Sestina (o sesta rima) è anche il nome di una strofa composta di 4 endecasillabi a rime alternate più due a rima baciata. Secondo alcuni, non è altro che una delle forme dello strambotto frequente in Toscana e detta perciò sestina toscana (v. Carducci, Cantilene e Ballate, ecc., p. 59); ma secondo altri avrebbe avuto origine dal serventese ritornellato che ha identica struttura. Se ne hanno esempî sin dal sec. XIV nel poemetto sul signore di Coucy di Gidino da Sommacampagna (Trattato dei Ritmi volgari, Bologna 1870, p. 226) e in alcune laude drammatiche umbre e abruzzesi (A. D'Ancona, Due antiche devozioni italiane, in Rivista di filologia romanza, II, p. 1 segg.; V. De Bartolomaeis, Teatro abruzzese, Bologna 1924, p. 26 segg.). Nei tempi moderni l'hanno usata G. B. Casti nel suo poema Gli animali parlanti, il Leopardi nella versione della Batracomiomachia, il Giusti, il Guadagnoli e altri.
Bibl.: I. Affò, Dizionario precettivo ecc., Parma 1727, pp. 312-14; U. A. Canello, La Vita e le opere di Arnaldo Daniello, Halle 1883, pp. 18-25; G. Mari, La sestina d'Arnaldo e la terzina di Dante, in Rend. Istituto lombardo di scienze e lettere, s. 2ª, XXXII (1899), p. 953 segg.; F. Flamini, in Giorn. stor. lett. it., XXXVIII, p. 128 segg.; F. J. Davidson, The origin of the sestina, in Modern Languages Notes, XXV (1910), pp. 18-20; A. Jeanroy, La "sestina doppia" de Dante, in Romania, XLII, pp. 481-89; F. Flamini, Du rôle de Pontus de Tyard dans le pétrarchisme franç., in Rev. de la Renaiss., I, p. 43 segg.; C.te de Gramont, Sextines précédées de l'histoire de la sextine dans les langues dérivées du latin, Parigi 1872; G. Carducci, Opere, XI, p. 339.