SESSUOLOGIA
(XXXI, p. 494)
Allo stato attuale nell'ambito della s. si devono comprendere tutte le conoscenze relative alla dinamica tra i sessi: identità di genere, determinanti culturali, relazioni di coppia e familiari, sessualità in senso stretto, patologia delle relazioni e della funzionalità sessuale (Eibl-Eibesfeldt 1993).
È indispensabile porsi in una prospettiva non riduzionistica dati i continui cambiamenti che si rilevano nella cultura occidentale rispetto a queste problematiche e rispetto alla valorialità che il sociale definisce con oscillazioni a volte inquietanti. Basti pensare come operano a livello del sociale le conseguenze imprevedibili di una contraccezione efficace e della procreazione assistita. Il dibattito serrato e continuo che investe l'etica al confine del nascere e della configurazione dei campi familiari segnala quanto sia sfuggente ogni referenzialità stabile e condivisa (Donati 1989). Siamo quindi in un'epoca di violenta transizione e non è dato a nessuno prevedere quale forma di stabilizzazione di valori assumerà la cultura occidentale nel prossimo futuro. Si può tuttavia sicuramente affermare che tale stabilizzazione richiederà decenni e forse anche più, secondo i tempi delle trasformazioni epocali di cui stiamo vivendo l'inizio.
Come sempre succede in tempi di trasformazione socio-antropologica confusa e ad alta oscillazione, è impossibile riferirsi a conoscenze scientifiche condivise dal momento che l'interpretazione dei dati di ricerca diventa predominante rispetto ai dati stessi. I codici di pensiero dei singoli esseri umani e soprattutto le Weltanschauungen delle istituzioni umane prendono legittimamente il posto delle conoscenze scientifiche, e si nota come anche gli studiosi propongano un tasso elevato d'ideologizzazione, cioè di valorialità, nelle loro conclusioni (Eibl-Eibesfeldt 1993). Non è ovviamente casuale che il cuore del dibattito sia rappresentato dai paradigmi della sessualità e dalla definibilità o meno della istituzione famiglia (Burguière 1987). Si assiste come conseguenza a un evento nuovo nella storia della specie: il piano del biologico, rappresentato dalla configurazione di genere maschio e femmina, si sovraordina rispetto al piano della cultura e tenta di significarlo allo stato puro.
Come hanno da sempre osservato gli antropologi, il fondamento biologico maschio e femmina è assunto come significante di tutte le rappresentazioni culturali. Questo significante ultimo, simile al concetto di significante zero della linguistica (Gil 1978), è definito dualismo (Geertz 1987). Tutti i miti di origine presso ogni cultura etnica pongono tale dualismo all'inizio del tutto: maschio e femmina Dio li creò, sole e luna, giorno e notte, cielo e terra, e così via. Il dualismo definisce lo spazio misterioso ma essenziale della generatività come mandato della sopravvivenza della specie. La fecondazione assistita rompe questo vincolo necessitante, vincolo che ovviamente informa di sé la fondazione della famiglia e delle strutture di parentela. La generatività diviene evento possibile di ''manipolazione biologica'' entro una discrezionalità che è tutta dell'ordine dello psichico e del culturale. Una donna sola, una donna anziana, una donna in coppia omosessuale può garantire la nuova generazione. Specularmente la coppia eterosessuale può esimersi dal mandato universale di garantire lo scorrere delle generazioni. Il corpo, tramite la fecondazione assistita e la contraccezione, riappare sulla scena della storia in tutta la sua biologicità e informa tutto il pensiero di una cultura su se stessa. Determina le forme del vivere sociale, i valori di riferimento che le sottendono, le economie, le politiche, le scienze umane stesse, dalla filosofia alla psicologia, alla sociologia, fino alla teologia, al confine imperscrutabile del sacro.
Si vanno quindi a intersecare due ordini di fenomeni che finiscono per influenzarsi a vicenda pur essendo tra loro distinti e reciprocamente irriducibili: da un lato variano le forme sociali e psichiche delle istituzioni familiari, dall'altra variano i codici della sessualità. La famiglia occidentale abbraccia un campo psichico e sociale sempre più ristretto (famiglie nucleari, famiglie monoparentali, famiglie a componente unico) rispetto a epoche lontane e recenti della storia (Donati 1989). Nella cultura, a iniziare dall'Ottocento fino a oggi, in modo sempre più esteso e significativo l'unità di riferimento non è più il singolo e ben radicato raggruppamento umano ma il singolo individuo, che diviene soggetto ultimo dei diritti e doveri di cittadinanza, di socialità, dei valori nella sua irriducibile originalità soggettuale e psichica. Le istanze del soggetto, i suoi desideri, emozioni, sentimenti, affetti acquistano un primato che sarebbe stato impensabile in altre epoche e appare impensabile in altre culture della nostra stessa epoca (Pontalti 1993). Ciò determina un'antinomia istitutiva tra soggetto (come sfera del privato) e sociale. Determina inoltre un'antinomia tra culture fondate sul soggetto e culture fondate sul concetto antropologico di gruppo. Quest'antinomia ha la sua rappresentazione ultima sulla scena della sessualità. Non è possibile tuttavia analizzare questa scena come se fosse isolabile dal più ampio, complesso e multidimensionale contesto sopra delineato.
La sintesi fin qui svolta è chiaramente incompleta; era peraltro necessario segnalare quanto sia articolato l'universo in cui va a iscriversi la sessualità. Da questo vertice epistemico risulta quindi chiaro che la s. non può che essere quella scienza che studia la sessualità, le sue forme e le sue disfunzioni, non in assoluto ma in relazione a tutta la problematica referenziale fin qui accennata. Vi è infatti un interrogativo che viene continuamente posto e che non incontra mai risposte capaci di saturarlo: qual è il confine tra normalità e devianza? qual è il confine tra normalità e patologia? Sullo sfondo, questo stesso interrogativo si declina in proposizioni più fondamentali: qual è il bene e quale il male sia per il singolo soggetto che, soprattutto, per la comunità e in ultima istanza per la specie stessa? Non è casuale che sia venuta costituendosi una nuova scienza umana, la bioetica, come scienza sovradeterminata alle altre scienze umane (Spinsanti 1991). La bioetica viene infatti interrogata sia dal teologo, sia dallo psicologo, sia dal sociologo, sia dall'economista sia dal giurista. E a sua volta la bioetica sembra l'ultimo riferimento capace d'informare il legislatore. Il legislatore riassume questo lungo travaglio in atti normativi che fondano e danno visibilità ai codici generali, in sé provvisori e oscillanti, di quel raggruppamento umano chiamato Stato.
Appare evidente come negli ultimi decenni sia completamente cambiato il quadro di riferimento per la sessuologia. Due grandi ambiti di conoscenze generavano sapere e dati sulla sessualità umana: la medicina e la psicologia clinica, in primis soprattutto la psicoanalisi. La psicoanalisi, come teoria generale e universale della mente e come teoria della psicopatologia e terapia, disocculta sul finire del 19° secolo la sessualità quale coordinatore essenziale dell'identità umana, sia del singolo individuo che della civiltà. Essa illumina il complesso gioco di forze che il sociale e la singola persona devono padroneggiare per creare una cintura di protezione attorno alla sessualità stessa. Le vicissitudini delle pulsioni sessuali e delle forze intrapsichiche e collettive relative alle pulsioni vengono a rappresentare, nella teoria psicoanalitica classica, la prima e più potente forma di mediazione simbolica tra il biologico e il culturale. La psicoanalisi diviene conseguentemente il modello denotativo più esaustivo sulla trasformazione psichica della pulsione biologica. Vi sono due direttrici portanti dell'impianto psicoanalitico: la prima riguarda lo sviluppo dell'individuo da una posizione iniziale di autoerotismo fino alla genitalità matura passando attraverso la fallicità come copresenza di erotismo, aggressività e contrapposizione. La genitalità matura è relazione complementare entro il dualismo basico maschio e femmina. La metafora rappresentativa di tale maturazione completata diviene infatti la contemporaneità dell'orgasmo per la coppia e l'orgasmo vaginale per la donna (Gregory 1991). La seconda direttrice attiene alla centralità del complesso di Edipo come regolatore del primigenio legame tra i sessi opposti e lotta per il possesso del partner sessuale con il rivale dello stesso sesso. Il complesso di Edipo pone in primo piano il tabù dell'incesto come trasformazione della configurazione biologica endogamica verso la configurazione culturale esogamica. La patologia sessuale viene quindi interpretata secondo queste due direttrici come fissazione dello psichismo a fasi di sviluppo precedente e come permanenza entro il triangolo endogamico dell'Edipo. La psicoanalisi permette di spostare le variazioni nel comportamento sessuale dal codice normativo etico della cultura al codice medico della patologia. Essa diviene perciò, fino agli anni Sessanta, la prima s. scientifica. Tuttavia la condensazione del biologico entro la definizione vaga di pulsione portava, come conseguenza, a leggere l'etiopatogenesi dei disturbi sessuali come collegata ubiquitariamente a conflitti psichici. E il corpo, nella sua autonomia biologica, scompariva ancora una volta entro significanti mentali. Inoltre la prevalenza del lavoro terapeutico sul mondo intrapsichico del singolo soggetto occultava sullo sfondo la dimensione relazionale della sessualità; relazionale in quanto relazione entro il dualismo uomo-donna; relazionale in quanto sovraordinato dalla cultura entro le reti di parentela e le matrici sociali. Un ulteriore dato veniva a complicare il quadro. L'efficacia terapeutica della psicoanalisi sui sintomi prettamente sessuologici (impotenza, eiaculazione precoce, vaginismo) risultava sostanzialmente modesta nonostante la ricchezza dei modelli esplicativi dei sintomi stessi (Abraham e Pertò 1979).
Tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta assistiamo a un cambiamento straordinario nel campo della psicoterapia da un lato e delle scienze mediche dall'altro. I paradigmi psicoterapici si diversificano sia rispetto ai modelli epistemologici, con il progressivo consolidamento delle psicoterapie cognitivo-comportamentali (Semerari 1991), sia rispetto ai vari tipi di seduta terapeutica (psicoterapie di gruppo e soprattutto familiari e di coppia; Lo Verso 1994). La medicina apre la frontiera dell'endocrinologia, delle neuroscienze e della genetica molecolare. Ciò avrà molto da insegnare alla s. (Bancroft 1983). Il rapporto Kinsey (1956; Kinsey 1967), ripetuto vent'anni dopo come rapporto Hite (1976), segnala quanto sia diffusa la problematica sessuologica nella cultura statunitense e quanto alta sia l'insoddisfazione sessuale nelle coppie. Queste rilevazioni, pur con importanti limitazioni metodologiche, hanno il potere di disoccultare un problema che sembrava limitato a una piccola casistica psicopatologica. La conseguenza è un rinnovato impegno del mondo scientifico nell'affrontare il disagio e la sintomatologia sessuologica come reale ostacolo alla salute e al benessere della persona e della relazione. Masters e Johnson (1982 e 1986) negli anni Sessanta aprono una nuova traiettoria di studi. Da un lato, con la messa a punto di un laboratorio sperimentale di valutazione diretta della sessualità, offrono dati obiettivi sulla dinamica fisiologica e patologica dell'atto sessuale. Dall'altro orientano un approccio originale alla sintomatologia, approccio fondato sulla terapia di coppia entro un modello di progressivo apprendimento di modalità diverse nell'atto sessuale stesso. L'ottica da cui muovono questi autori è sicuramente di tipo comportamentale con il vantaggio di riproporre la presenza del corpo e del suo vissuto sulla scena terapeutica, affidando la terapia alla coppia e collocando il terapeuta nel ruolo di consulente-supervisore del programma di cura. Nascono così le ''terapie sessuologiche'' che accompagneranno e informeranno la ricerca specifica fino ai giorni nostri. Le terapie sessuologiche si basano su di una serie di procedure sufficientemente omogenee e diverse da sindrome a sindrome (Rifelli e Moro 1989-90; Fenelli e Lorenzini 1991). Sono state spesso accusate di essere manipolazioni corporee senza elaborazione mentale. Si dimentica tuttavia, in queste critiche, che l'assunto umanistico che le supporta è quello di aumentare il livello d'intimità e di confidenza all'interno della coppia e di attenuare la sovradeterminazione simbolica del comportamento sessuale (Pontalti 1980). Va infatti detto che l'eccesso di aspettative, la mitologia che pervade sempre più la cultura rispetto alla performance sessuale, la fragilità rispetto allo scarto tra immaginario collettivo implicito e realtà delle prestazioni nella concretezza quotidiana sono pesanti handicap che possono minare la salute sessuale e la serenità di coppia.
Si apre quindi un campo di ricerca nuovo all'interno della comunità scientifica, un campo che va a costituirsi come s. clinica. La possibilità di comprendere sempre meglio la fisiologia dell'atto sessuale, la possibilità di condividere con la coppia la storia e il senso della loro vita sessuale hanno sempre più definito e arricchito l'ambito delle conoscenze e l'efficacia degli interventi. Si è inoltre costituita una rete specifica nella comunità scientifica formata da società, congressi, istituti di training, con riviste e libri dedicati all'area. Come è noto, uno degli obiettivi principali della comunità scientifica è cercare un accordo, dibattere le differenze, uniformare il linguaggio. Il risultato di questo continuo sforzo consiste soprattutto in sistemi di classificazione diagnostica omologabili e in protocolli terapeutici confrontabili. Tutto ciò ha permesso di costruire un modello unitario della risposta sessuale che fonda a sua volta i sistemi di classificazione.
Tre sono i grandi raggruppamenti concettuali nei sistemi di classificazione. Il primo attiene sostanzialmente all'identità di genere e alle complesse vicissitudini attraverso le quali essa si va a definire. Di ciò si è accennato nella parte iniziale. Ci riferiamo quindi alle grandi polarizzazioni: eterosessualità, bisessualità, omosessualità, transessualismo. Queste configurazioni sono studiate entro un complesso crocevia attraversato dalla medicina, dall'etologia, dall'antropologia, dalla sociologia, e, meno forse al giorno d'oggi, dalla psicologia. È il confine massimo d'interfaccia con la bioetica nelle sue due radici: l'antropologia laica e l'antropologia religiosa. Le determinanti genetiche, ormonali, gli imprinting psicologici s'intrecciano in modo spesso indistinguibile, sicuramente peculiare nelle singole situazioni; tendenzialmente tale orientamento di genere nell'attività sessuale risulta immodificabile.
Il secondo raggruppamento attiene agli ambiti e agli oggetti (persone o cose o azioni) che stimolano l'eccitazione e la performance sessuale lungo linee deviate, non accettabili socialmente, trasgressive e/o violente verso il partner designato. Sono le parafilie o deviazioni sessuali. Siamo nell'ambito della pericolosità sociale sia per la violenza psicologica verso gli altri sia per la possibile violenza fisica. Esistono nelle parafilie anche gradi d'intensità più sfumati, con fantasie e relazioni con partners consenzienti, senza dannosità sociale; spesso tuttavia tali situazioni sono vissute con grave sofferenza e disagio dal soggetto. Anche in questo raggruppamento la modificabilità è scarsa e ne consegue una problematica sociale, medico-legale e penale di non facile soluzione. È comunque più condivisa l'appartenenza delle parafilie alla sfera della psicopatologia e della sociopatia (Piscicelli 1994). I quadri principali sono: esibizionismo, feticismo, frotteurismo, pedofilia, masochismo sessuale, sadismo sessuale, feticismo di travestimento, voyeurismo. È forse doveroso includere inoltre un comportamento terribile per le conseguenze psichiche che produce e la cui incidenza sta apparendo sempre più in chiaro: l'incesto con la sua drammatica violenza endogamica, sia psicologica che fisica.
Il terzo raggruppamento attiene alle disfunzioni sessuali vere e proprie che vanno a definire l'ambito più specifico della s. clinica. Lo studio della fisiologia della risposta sessuale e la clinica delle disfunzioni entro il campo terapeutico della coppia hanno permesso a H. Kaplan (1976) di formulare un modello trifasico della risposta sessuale. La curva di tale risposta inizia con l'attivazione del desiderio (fase appetitiva). Si eleva come fase dell'eccitazione con i caratteristici fenomeni della vasocongestione che permette l'erezione nell'uomo e la lubrificazione nella donna. Tale fase raggiunge un plateau che corrisponde all'attività sessuale vera e propria della penetrazione e culmina con la fase dell'orgasmo. La fase di successiva quiescenza è sostanzialmente importante per l'intimità relazionale affettiva della coppia. Questo modello riscuote alta consensualità tra gli studiosi e permette di definire e di classificare le disfunzioni sessuali: esse sono quindi alterazioni della risposta psicofisiologica lungo le tre fasi.
Seguendo la classificazione proposta dal più accreditato manuale diagnostico internazionale (American Psychiatric Association 1988) possiamo quindi definire:
a) disturbi del desiderio sessuale o anafrodisia: è una condizione prevalentemente psicologica per cui non vi è nessuno o scarso desiderio nell'iniziare e proseguire l'atto sessuale. Lo studio delle caratteristiche della disfunzione del desiderio è il momento più importante per il terapeuta, lì si vanno a condensare le mitologie immaginarie del sociale da un lato e le fratture del legame di coppia dall'altro;
b) disturbi dell'eccitamento: frigidità per la donna, impotenza per l'uomo; questi quadri sono i più articolati come intreccio tra etiopatogenesi psichiche ed etiopatogenesi organiche; sono le sindromi che nella nostra epoca intaccano maggiormente il senso di autostima e di tranquillità nelle relazioni affettive;
c) disturbi dell'orgasmo: anorgasmia stabile nella donna, eiaculazione precoce nell'uomo. Queste sindromi sono state e sono al centro di appassionati dibattiti ideologici. Basti pensare alla querelle pluridecennale sull'orgasmo clitorideo e vaginale che in passato era il segno della raggiunta o meno maturità psicologica della donna, poi è diventato uno dei cavalli di battaglia del primo femminismo contro il maschilismo della società e della psicoanalisi (Baker Miller 1976). Basti pensare inoltre all'intreccio fra questi nodi e alla durata temporale dell'erezione che è diventata la tragedia di tanti, tantissimi uomini. Questo intreccio si è venuto configurando come un potente operatore psichico nella nostra cultura. Infatti, tramite la relazione orgasmo femminile e tempo dell'eiaculazione, si ripresenta sulla scena l'immaginario di una sessualità femminile onnipotente e misteriosa nei confronti di una sessualità maschile limitata e succube. È come se l'eterno mito dualistico rinascesse su nuove basi, ancora una volta a parlare dell'eterna dialettica tra i sessi. Dialettica, non guerra. La storia ha bisogno di tale dialettica nella continua trasformazione adattativa della cultura. Forse sul finire del secolo 20° nel mondo occidentale vi è troppa guerra, troppa contrapposizione che intacca non solo la coppia ma la famiglia e intacca quindi la relazione tra le generazioni. E questo scenario è sempre pericoloso per la sopravvivenza della cultura stessa.
Bibl.: A.C. Kinsey e altri, Il comportamento sessuale dell'uomo e della donna, Milano 1967; J. Baker Miller, Le donne e la psicoanalisi, Torino 1976; S. Hite, The Hite report: a nationwide study of female sexuality, New York 1976; H. Kaplan, Le nuove terapie sessuali, Milano 1976; J. Gil, Corpo, in Enciclopedia Einaudi, 3, Torino 1978; G. Abraham, R. Pertò, Psicoanalisi e terapie sessuologiche, Milano 1979; C. Pontalti e altri, Le terapie sessuologiche. Interventi proteiformi in cerca di un inquadramento, in Terapia Familiare, 8 (1980); W.H. Masters, V.E. Johnson, Patologia e terapia del rapporto coniugale, Milano 1982; J. Bancroft, Human sexuality and its problems, Edimburgo 1983; W.H. Masters, V.E. Johnson, L'atto sessuale nell'uomo e nella donna, Milano 1986; C. Geertz, Interpretazione di culture, Bologna 1987; Storia universale della famiglia, a cura di A. Burguière e altri, 2 voll., Milano 1987; The American Psychiatric Association, Diagnostic and statistical manual of mental disorders, third edition revised, ivi 1988; La cultura della vita, a cura di P.P. Donati, ivi 1989; Primo rapporto sulla famiglia in Italia, a cura di P.P. Donati, Milano 1989; G. Rifelli, P. Moro, Sessuologia clinica, 2 voll., Bologna 1989-90; Bioetica e antropologia medica, a cura di S. Spinsanti, Roma 1991; A. Fenelli, R. Lorenzini, Clinica delle disfunzioni sessuali, ivi 1991; R.L. Gregory, La sessualità femminile, in Id., Enciclopedia Oxford della mente, a cura di B. Saraceno ed E. Sternai, Firenze 1991; A. Semerari, I processi cognitivi nella relazione terapeutica, Roma 1991; I. Eibl-Eibesfeldt, Etologia umana, Torino 1993, capitoli 4° e 10°; C. Pontalti, Famiglia e cultura degli affetti, in III Rapporto sulla Famiglia in Italia, a cura di P.P. Donati, Milano 1993; G. Lo Verso, Le relazioni soggettuali, Torino 1994; U. Piscicelli, Sessuologia, Padova 1994.