SESHAT (Ssh't)
Dea egiziana patrona della scrittura e degli archivî (casa della vita, pr ῾cnkh), sorella o figlia di Thot. E accostata a Nephthys e talvolta anche a Ḥatḥōr.
Horapollo (ii, 29), descrivendo il suo simbolo dice che esso indica: "μοῦσαν ἥ ἄπειρον ἤ μοῖραν" definizione fondamentalmente esatta date le funzioni attribuite alla dea di scriba degli Annali reali (Μοῦσα); di numeratrice degli anni e della vita del regno nelle feste dell'incoronazione (Μοῖρα); di partecipante alle feste del Giubileo nelle quali promette innumeri giubilei (ἄπειρον).
Viene rappresentata in aspetto di donna col capo sormontato da un ornamento il cui significato non è chiaro ma che probabilmente ricorda l'aspetto originario della dea: una stella o un fiore a sette punte, talvolta sollevata su un alto stelo, ricoperta da un arco (o un crescente lunare) rovesciato, a sua volta coronato da due piccole penne diritte. In età tarda l'arco si trasforma in un paio di corna rovesciate e talora in due serpenti affrontati. In qualche caso porta una pelle di pantera sull'abito femminile. In tale aspetto S. appare sia in statuette, sia soprattutto in rilievi raffiguranti le feste reali dell'incoronazione e del giubileo. In essi, noti soprattutto in età ramesside, la dea S. appare assieme a Thot nell'atto di scrivere il nome del sovrano sulle foglie dell'ished, l'albero sacro di Heliopolis.
Bibl.: H. Schäfer, Μοῦσα bei Horapollo II, 29 und die Göttin S., in Zeitschrift für aegyptische Sprache und Altertumskunde, XLII, 1905, pp. 72-75; G. Roeder, in Roscher, IV, 1909-15, c. 714-24, s. v. Seschat; H. Bonnet, Reallexikon der aegyptischen Religionsgeschichte, Berlino 1952, s. v. Seschat; W. Heck, in Zeitschrift für aegyptische Sprache und Altertumskunde, LXXXII, 1958, p. 117-140.