Servizio sanitario nazionale
L’organizzazione del Servizio sanitario nazionale italiano
Il Servizio sanitario nazionale (SSN) vigente deriva da un iter legislativo iniziato nei primi anni Novanta del 20° secolo e concluso con il d.lgs. 19 giu. 1999 n. 229 e la revisione costituzionale (l. 5 mag. 2009, n. 42) che ha completato la regionalizzazione con il decentramento fiscale. Il SSN oggi attua in modo uniforme sul territorio nazionale, in base alle risorse finanziarie disponibili: principi costituzionali di tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività; uguaglianza e universalità dell’accesso ai servizi; globalità dell’assistenza; inviolabilità della libertà individuale nel consenso al trattamento sanitario; rispetto della dignità personale nell’erogazione delle prestazioni; solidarietà politica, economica e sociale; sussidiarietà tra i vari livelli del servizio pubblico e l’autonoma iniziativa dei cittadini nel processo assistenziale. A tal fine sono determinati i Livelli essenziali e uniformi di assistenza (LEA) per prevenzione, cura e riabilitazione, da garantire a tutti i cittadini indistintamente, e il fabbisogno finanziario per realizzarli. I LEA sono distinti in assistenza ospedaliera, distrettuale e collettiva nell’ambiente di vita e lavoro, e costituiscono premessa e vincolo per l’autonomia dei Servizi sanitari regionali (SSR), che li erogano attraverso le Aziende sanitarie locali (ASL) e le Aziende ospedaliere di rilievo nazionale (AO). Le ASL forniscono i LEA attraverso strutture accreditate pubbliche o private convenzionate. Le prestazioni ambulatoriali, di ricovero e pronto soccorso sono remunerate con tariffe, mentre le altre funzioni assistenziali sono rimborsate secondo costi standard. I cittadini possono scegliere luogo di cura e curanti. Il fine è quello di creare un mercato regolato delle prestazioni, per incentivare efficienza e qualità dei servizi.
All’attuazione dell’SSN concorrono Stato, Regioni e ASL: lo Stato con funzioni di indirizzo, coordinamento e garanzia della tutela della salute sul territorio nazionale; le Regioni con funzioni legislative e amministrative; le ASL come erogatrici di servizi. Lo Stato adotta il Piano sanitario nazionale (PSN), definisce i LEA e le prestazioni sanitarie e sociali con relative modalità di remunerazione, emana atti di indirizzo tecnico-scientifico su problemi di rilievo nazionale o internazionale. Le Regioni adottano il Piano sanitario regionale (PSR), definiscono i criteri per organizzare le ASL e per integrare servizi sanitari e servizi sociali comunali, accreditano e convenzionano gli erogatori di prestazioni, pubblici e privati. Le ASL e le AO hanno autonomia giuridica, sono guidate da un direttore generale di nomina regionale, adottano il Piano attuativo locale (PAL), erogano i LEA concordati con la Regione. Le ASL sono divise in distretti, come ambiti territoriali adeguati per l’integrazione tra i servizi sanitari e sociali. Ai distretti, che hanno autonomia gestionale, fanno capo la medicina di base (medici e pediatri di libera scelta) e i servizi per la salute mentale, la maternità e infanzia, le tossicodipendenze, l’assistenza domiciliare e quella in regime residenziale e semiresidenziale alle persone in condizioni di fragilità fisica, psichica, sociale. I Dipartimenti di prevenzione delle ASL si occupano dell’assistenza nell’ambiente di vita e lavoro. I servizi ospedalieri e territoriali sono anch’essi organizzati in dipartimenti. Gli operatori dell’SSN sono dipendenti o convenzionati. Le ASL garantiscono ai dipendenti l’esercizio della libera professione intra-moenia, disciplinandone modalità e spazi. L’SSN si avvale dell’Istituto superiore di sanità e dell’Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro per il supporto tecnico-scientifico, dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali per il supporto alla programmazione e al controllo, del Consiglio superiore di sanità come organo consultivo in materia di politiche sanitarie.
Lo Stato stabilisce il fabbisogno finanziario per l’SSN e, insieme alla Conferenza Stato-Regioni, il fabbisogno per i SSR, sulla base di una quota per residente ponderata con alcuni rilevanti fattori demografici. Le Regioni finanziano i SSR con la fiscalità diretta (IRPEF-IRAP) e indiretta (IVA) e possono programmare prestazioni ulteriori ai LEA, reperendo le risorse finanziarie necessarie. Per prevenire disuguaglianze territoriali nei LEA, a seguito della regionalizzazione, è stato istituito il Fondo perequativo nazionale per la solidarietà tra Regioni, finanziato con l’IVA delle Regioni più ricche; dovrebbe durare fino al 2013, fino al raggiungimento dell’autosufficienza di ogni Regione. Lo Stato stabilisce livelli e tipologie di partecipazione alla spesa da parte dei cittadini per le prestazioni ricevute; le Regioni ne possono stabilire autonomamente altri per coprire disavanzi di gestione.
I livelli di programmazione sono quattro e procedono dall’alto in modo tale che il livello superiore stabilisca vincoli per quello inferiore: il PSN, adottato dal governo d’intesa con la Conferenza unificata delle Regioni e degli Enti locali, sentite le Commissioni parlamentari e le Organizzazioni sindacali (OS) più rappresentative; il PSR; il PAL delle ASL; il Piano delle attività territoriali (PAT) dei distretti. Le Regioni istituiscono la Conferenza permanente per la programmazione socio-sanitaria, della quale fanno parte i sindaci, e disciplinano la partecipazione all’elaborazione di PSR, PAL e PAT delle OS degli operatori della sanità e delle associazioni senza fini di lucro.
Malgrado i bilanciamenti perequativi, attualmente numerose ricerche epidemiologiche hanno evidenziato la persistenza di una significativa diseguaglianza a sfavore delle classi socioeconomiche svantaggiate e delle popolazioni meridionali nell’accesso ai servizi, negli esiti delle cure ricevute, nei comportamenti rischiosi per la salute, nella mortalità e nella morbosità.