SERVIO
. Filologo latino, che visse fra il sec. IV e il sec. V, e fiorì probabilmente già fin dal cominciare del sec. V. Da sé egli si chiama una volta Servius Honoratus, se l'operetta De finalibus è sua, e i due nomi compaiono spesso associati nei manoscritti. In un codice del sec. VII-VIII si legge Marius Servius, e anche il nome Marius è poi frequente nei codici con la variazione di Maurus. L'attività letteraria e didattica di S., da cui derivano ai codici, agli scoliasti di Orazio e Giovenale e ai grammatici le intitolazioni di Servius magister o grammaticus, si esplicò a Roma, di dovunque egli fosse o venisse, e si sa, tra l'altro, che ivi un allievo, Niceo, sotto la sua guida curò il testo di Giovenale: cosa assai significativa, perché sembra bene che Giovenale con Persio, Stazio e Lucano soltanto con lui assurgesse nella critica filologica alla dignità di auctor idoneus o di classico. Ma l'autore suo fu Virgilio, e non a caso nei Saturnali di Macrobio, che su Virgilio si accentrano, S. è uno degl'interlocutori del dialogo, che pur s'immagina svolto prima del 385, quando egli era certamente molto giovane, e non aveva scritto ancora il commento virgiliano. Il quale illustra prima l'Eneide, quindi le Bucoliche e Georgiche, e, mirando ai bisogni della scuola, riassume insomma, non senza confusione, promiscuità e semplicismi, parecchio del meglio che gli antichi dissero, verso per verso, a chiarimento ed esplicazione di Virgilio; il suo commento è quindi un'immagine dell'intelligenza che l'antichità ebbe del poeta. Di più recente e di più personale c'è, in esso, l'idea informatrice dell'onniscienza virgiliana, del Virgilio miracolo di alto sapere filosofico, teologico, storico.
Che così come c'è rimasto nella redazione di solito chiamata più breve, il commento sia sostanzialmente originario, a parte due lacune cagionate da perdite materiali dell'archetipo della nostra tradizione, appena può essere messo in dubbio ormai. Quello che si suol dire il Servius auctus o plenior o Deuteroservio o, da P. Daniel che lo pubblicò nel 1600, Danielino, ha caratteri troppo distinti, quali l'ordine diverso nell'interpretazione delle opere virgiliane o l'assai più profonda dottrina letteraria, mitologica e religiosa, perché sia ammissibile la tesi di un Servio primitivo a cui le due redazioni ci riportino: molti indizî inducono a credere che il Servius auctus sia un Elio Donato ridotto, andato fuso col Servio genuino, sia cioè la fonte stessa o una delle fonti di S., nonché di Macrobio e di altri esegeti virgiliani; con che larghi ritagli noi avremmo della perduta esposizione virgiliana di Donato. Vivo interesse portò S. alla grammatica formale, di che abbiamo una documentazione nell'Explanatio delle Artes donatiane, emani essa direttamente da lui o piuttosto da appunti di discepoli. Di discussa paternità sono tre scritti metrici, che gli attribuiscono i manoscritti, sebbene non sempre troppo convincenti suonino i dubbî dei critici in proposito.
Editio princeps del vero Servio, R. Stephanus, Parigi 1532; del Servius auctus, P. Daniel, Parigi 1600: edizione migliore per entrambi, G. Thilo, Lipsia 1881 segg. Il resto in H. Keil, Grammatici latini, IV, Lipsia 1864.
Bibl.: P. Wessner, Pauly-Wissowa, Real-Encycl., II A. ii, col. 1834 segg.; G. Funaioli, Esegesi virgiliana antica, Milano 1930, passim.