QUATTROMANI, Sertorio
QUATTROMANI, Sertorio. – Nacque a Cosenza nel 1541 da Bartolo e da Elisabetta di Aquino, imparentata con Bernardino Telesio. L’anno di nascita si deve alla plausibile testimonianza di Matteo Egizio, nella raccolta di scritti di Quattromani da lui curata (Lettere diverse. Il IV libro di Vergilio in verso toscano. Trattato della metafora. Parafrasi toscana della Poetica di Orazio. Traduzione della medesima Poetica in verso toscano. Alcune annotazioni sopra di esse. Alcune poesie toscane e latine, Napoli 1714, p. 2). La famiglia apparteneva alla nobiltà locale. Sertorio era il terzo di quattro fratelli: Giovanni Andrea, Giulia e Ippolita.
La maggior parte delle notizie relative alla vita e alle opere si ricava dal suo epistolario (I ed. in Lettere divise in due libri. Et la tradottione del Quarto dell’Eneide, curata dall’allievo Francesco Antonio Rossi, Napoli 1624; ed. più completa in Scritti, 1999, con 128 testi, di cui 26 trasmessi da una copia ottocentesca, conservata a Cosenza presso la famiglia De Bonis, e dal manoscritto della Biblioteca apostolica Vaticana, Reg. lat., 1603).
Ebbe come maestri, più o meno diretti e assidui, Bernardino Telesio, Onorato Fascitelli e Francesco Vitale. Dal 1560 a 1564 soggiornò a Roma, dove si dedicò allo studio della tradizione poetica italiana, oltre che dei classici latini e greci, favorito dalla conoscenza, tramite Paolo Manuzio, di antichi manoscritti italiani e provenzali.
Dal 1565 al 1570 visse prevalentemente a Napoli, con un’ulteriore tappa a Roma nel 1568. Tornato nel 1570 a Cosenza, divenne il principale animatore dell’Accademia Cosentina. Dal 1583, e forse prima, fu di nuovo a Napoli; nel 1585 partecipò all’allestimento, a cura di Scipione de’ Monti, della raccolta di Rime et versi in lode di Giovanna Castriota (Vico Equense, G. Cacchi), moglie di Alfonso Carafa, duca di Nocera. Tranne due periodi trascorsi a Cosenza, l’uno tra gennaio e novembre 1588 e l’altro tra il 1590 e il 1592, restò a Napoli fino al 1593; nel 1589 pubblicò La philosophia di Berardino Telesio ristretta in brevità (Vico Equense, G. Cacchi), dedicandola, con lo pseudonimo di Montano Accademico Cosentino, a Ferrante Carafa, divenuto suo protettore.
Nel 1593 tornò stabilmente a Cosenza, da cui si allontanò soltanto per due viaggi a Napoli, nel 1597 e nel 1599. Negli ultimi anni di vita, protetto da Francesco Spinelli, principe di Scalea, si dedicò alla raccolta dei suoi scritti inediti. Riuscì tuttavia a pubblicare, con lo pseudonimo di Incognito Accademico Cosentino, soltanto il volgarizzamento in prosa della Gonsalvia (1506) di Giovan Battista Valentini, detto il Cantalicio (Le historie delle guerre fatte in Italia da Consalvo Ferrando di Aylar di Cordova, detto il gran Capitano, tradotte in lingua toscana, Cosenza, L. Castellano, 1595, poi Cosenza, L. Angrisano - L. Castellano, 1597; ed. postuma, con l’esplicitazione dell’autore, Napoli 1607).
Morì a Cosenza tra il 13 ottobre e il 19 novembre 1603, stando alle date presenti, rispettivamente, nel testamento, redatto dal notaio Iacopo Maugerio, e nell’inventario dei beni, redatto dal notaio Gian Domenico Scarpelli (i due documenti si leggono in De Franco, 1996, pp. 58-77).
Nominò erede universale la nipote Lucrezia, figlia della sorella Giulia e di Sebastiano Della Valle. L’inventario dei beni riguarda anche i libri, e consente di ricostruire una biblioteca di almeno 800 volumi manoscritti e a stampa: oltre a numerosi testi di autori italiani, con ampia presenza della produzione umanistica, in essa si contano più di trecento edizioni di autori latini e una quarantina di autori greci.
Quattromani fu uno dei più importanti critici letterari della sua età, come dimostra innanzi tutto la Spositione delle Rime di Giovani Della Casa, ancor oggi fondamentale in virtù dell’ampiezza e della profondità dell’esegesi. L’opera fu edita postuma (con frontespizio e paginazione autonomi in O. Marta, Rime et prose, Napoli 1616) e riproposta dapprima insieme con il commento di Marco Aurelio Severino e Gregorio Caloprese (Napoli 1694; ed. anast. in G. Caloprese, Opere, a cura di F. Lomonaco - A. Mirto, Napoli 2004, pp. 167-482), poi in edizioni delle Opere di Della Casa (a partire da quella veneziana del 1728-1729) e autonomamente (Rime di monsignor Giovanni della Casa sposte da S. Q., Roma 1734; Lucca 1737). Importanti sono anche l’incompiuto commento alle Rime di Pietro Bembo (da assegnare agli anni 1564-1570), conservato adespoto, con il titolo Luoghi difficili del Bembo, nel ms. Palat. 1036 della Biblioteca nazionale di Firenze (l’edizione critica a cura di Petteruti Pellegrino, 2016), e le note di lettura su autori antichi e moderni: Dante, Petrarca, Bembo, Sannazaro, Angelo Di Costanzo, Torquato Tasso, Ascanio Pignatelli, Vincenzo Toraldo, Giovanni Maria Bernaudo, Cosimo Morelli e altri scrittori coevi, consegnate a molte sue lettere (alcune delle quali accolte nella silloge allestita da Pietro Fanfani di Lettere precettive di eccellenti scrittori, Firenze 1855). Rilevanti in tal senso sono anche quattro testi brevi conservati nei manoscritti Reg. Lat. 1602 e 1603 della Biblioteca Vaticana: il trattatello Delle metafore (nel Reg. Lat. 1603 in due redazioni, l’una alle cc. 332r-344v, edita in Scritti, 1999, e l’altra alle cc. 147r-157v); il Pararello tra il Petrarca e il Casa (edito in Petteruti Pellegrino, 2013, pp. 259-268, sulla base delle due trascrizioni conservate nel Reg. Lat. 1603, cc. 140r-144v e 220r-223r); due discorsi sulla Gerusalemme liberata di Tasso, il primo sull’accenno a Cosenza contenuto nel poema (VII, 29, 6-7) e il secondo sulle prime due ottave (entrambi pubblicati in Scritti, 1999, pp. 243-253, dal manoscritto 20187 della Biblioteca civica di Cosenza, cc. 56r-63r, ma il secondo testimoniato anche dal Reg. lat. 1602, cc. 236v-237v, e 1603, cc. 327r-332r).
La tensione all’analisi e al giudizio anima anche gli altri scritti di Quattromani. L’habitus critico si avverte appena nella traduzione del quarto libro dell’Eneide (I ed. in Lettere di Sertorio Quattromani gentil’huomo..., in Napoli 1624), nei volgarizzamenti delle odi I, 6 e II, 10 di Orazio (I ed. in Lettere diverse. Il quarto libro di Vergilio..., in Napoli 1714), nella traduzione dell’orazione di Marco Porcio Catone riferita da Sallustio nel De Catilinae coniuratione, 52 (Reg. Lat. 1602, cc. 9r-12v; 1603, cc. 31r-35r) e nei pochissimi versi che di lui ci restano, consegnati al ms. 165 della Biblioteca universitaria di Bologna e alla raccolta per la Castriota. L’impostazione critica appare invece in modo più chiaro in altri testi: il volgarizzamento della Gonsalvia di Cantalicio, non privo di interpolazioni; l’incompiuta Istoria della città di Cosenza (Cosenza, Biblioteca civica, Mss., 20187; ed. critica in Orlando, 2006), con alcune sequenze critico-letterarie, tra le quali una sugli autori cosentini del Cinquecento; La philosophia di Berardino Telesio ristretta in brevità, compendio in volgare dei primi quattro libri dell’edizione 1586 del De rerum natura iuxta propria principia. Un’attitudine esegetico-interpretativa agisce nel lavoro sull’Ars poetica di Orazio, svolto su quattro piani differenti: una parafrasi in prosa, una traduzione in endecasillabi sciolti, uno schema dei contenuti e una prima annotazione limitata ad appena diciannove chiose (I ed. in Lettere diverse..., cit., 1714).
Quattromani fu innanzi tutto un critico impegnato a conoscere la letteratura italiana e insieme a prospettarne le linee di sviluppo, come emerge in particolare dalla Spositione delle Rime di Della Casa e dal commento alle Rime di Bembo, che ambiscono a illustrare non soltanto i più importanti elementi stilistici e tematici ma anche tutti i luoghi ‘difficili’ del testo, ossia i passi in cui si fa più densa l’espressione, imponendo una delucidazione della lettera, oppure diventa più complessa la presenza della tradizione, consigliando il rinvio alle fonti e ai loci paralleli più congruenti. La sua azione critica fu tra le più influenti per la canonizzazione delle Rime di Bembo e Della Casa. Inserito all’interno di un articolato sistema di relazioni sociali, comprendente letterati quali Bernardo Cappello, Annibal Caro, Rinaldo Corso, Paolo Manuzio, Fulvio Orsini, Margherita Sarrocchi, Berardino Rota, Giulio Cortese, Ascanio Pignatelli, Fabrizio Marotta e Giovan Battista Marino, egli vide riconosciute le sue competenze interpretative da vari contemporanei, che ne elogiarono la profonda dottrina e il sicuro giudizio.
Edizioni. Scritti varii, a cura di L. Stocchi, Castrovillari 1883; La filosofia di Berardino Telesio ristretta in brevità e scritta in lingua toscana, a cura di E. Troilo, Bari 1914; Scritti, a cura di F.W. Lupi, Rende 1999; La filosofia di Berardino Telesio, a cura di P. Crupi, Soveria Mannelli 2003.
Fonti e Bibl.: G. Ferroni-A. Quondam, La “locuzione artificiosa”. Teoria ed esperienza della lirica a Napoli nell’età del manierismo, Roma 1973, pp. 149-164; E.E. Filice, S. Q. accademico cosentino, Cosenza 1974; A. Quondam, La parola nel labirinto. Società e scrittura del Manierismo a Napoli, Roma-Bari 1975, pp. 285-288; V. Paladino, S. Q. (un umanista telesiano), Messina 1976; A. Borrelli, «Scienza» e «scienza della letteratura» in S. Q., in Bernardino Telesio e la cultura napoletana, Napoli 1992, pp. 271-296; A. Fratta, Il “Ristretto” di S. Q. nell’ambito delle traduzioni scientifico-filosofiche del secondo Cinquecento, ibid., pp. 297-314; I. Nuovo, Moduli narrativi e interessi eruditi nell’esperienza storiografica di S. Q., in La storiografia umanistica…, I, 2, Messina 1992, pp. 731-760; S. Debenedetti, Gli studi provenzali in Italia nel Cinquecento e Tre secoli di studi provenzali, a cura di C. Segre, Padova 1995, pp. 46, 211, 310 s.; G. Gorni, Un commento inedito alle Rime del Bembo da attribuire a S. Q., in Il commento al testo lirico…, a cura di B. Bentivogli - G. Gorni, in Schifanoia, 1995, nn. 15-16, pp. 121-132; L. Borsetto, La “Poetica d’Horatio” tradotta, in Ead., Tradurre Orazio, tradurre Virgilio. “Eneide” e “Arte poetica” nel Cinque e Seicento, Padova 1996, pp. 221-277; L. De Franco, La biblioteca di un letterato del tardo Rinascimento: S. Q., in Annali dell’Istituto Universitario Orientale. Sezione romanza, XXXVIII (1996), pp. 49-77; F.W. Lupi, S. Q. interprete di Tasso, in Torquato Tasso quattrocento anni dopo…, a cura di A. Daniele - F.W. Lupi, Soveria Mannelli 1997, pp. 93-115; C. De Frede, I libri di un letterato calabrese del Cinquecento (S. Q., 1541-1603), Napoli 1999; L. Borsetto, «Pulzelle» e «femine di mondo». L’epistolario postumo di S. Q., in Ead., Riscrivere gli Antichi, riscrivere i Moderni e altri studi di letteratura italiana e comparata tra Quattro e Ottocento, Alessandria 2002, pp. 365-399; I. Nuovo, Il mito del Gran Capitano. Consalvo di Cordova tra storia e parodia, Bari 2003, pp. 9-117, 261-265 passim; T.R. Toscano, L’enigma di Galeazzo di Tarsia..., Napoli 2004, pp. 25-27; I. Nuovo, Il “De bis recepta Parthenope”: Gonsalviae libri quatuor di Giovambattista Cantalicio e il volgarizzamento di S. Q., in Il principe e la storia…, a cura di T. Matarrese - C. Montagnani, Novara 2005, pp. 487-504; M. Orlando, S. Q., “Istoria della Città di Cosenza”. Introduzione, testo e note, tesi di dottorato, Università degli studi di Bari, 2006; P. Petteruti Pellegrino, La negligenza dei poeti. Indagini sull’esegesi della lirica dei moderni nel Cinquecento, Roma 2013, ad ind.; Id., Quattromani lettore di Bembo. Studio e edizione dei “Luoghi difficili” delle “Rime”, Roma 2016.