SERRES, Bernardone, di
SERRES (della Serra), Bernardone, di. – Nacque in data imprecisata, attorno alla metà del Trecento, nei pressi di Hagetmau, forse in località Serres-Los (secondo Paul Durrieu), nella diocesi di Aire in Guascogna, secondo figlio di Bernardo e di una donna di cui è sconosciuta l’identità: si definì infatti lui stesso «Bernardone di Bernardo de Serris» (B. Pitti, Cronica, a cura di A. Bacchi Della Lega, 1905, p. 136).
La famiglia fu «di una certa importanza» nella storia del «pays Landais» (Durrieu, 1885, p. 176).
Gration, il fratello primogenito, fu signore di Serres; è probabilmente un errore del notaio rogatario l’attestazione di un terzo fratello, Antonio, a favore del quale Serres avrebbe fatto nel 1401 un legato di 200 fiorini per messe a S. Maria Novella in Firenze. Gration fu erede di Bernardone: si deve dunque suppore che egli non avesse avuto figli dal suo matrimonio con Romana da Baschi, che pure gli sopravvisse e si risposò più volte dopo il 1412.
La carriera militare e politica di Serres in Italia va ricondotta alla presenza nella penisola, a partire dalla metà del XIV secolo, di compagnie provenienti appunto dalla Guascogna; Durrieu condivisibilmente ipotizza che egli fosse giunto in Italia centrale al servizio di Gregorio XI, o nel 1373 con Bernardo de La Salle, o l’anno seguente con Silvestro Bude e Malestroit. Poco è possibile dire, peraltro, dei primi anni della sua carriera militare, dal momento che le fonti non solo sono laconiche, ma tendono anche a confondere bretoni e guasconi, e in parte anche i quasi omonimi Bernardone «della Serra» e de La Salle.
Poggio Bracciolini, per esempio, nell’affermare che Serres giunse in Italia con papa Gregorio, lo definisce come «Aquitanus vir strenuus» (Historia Florentina, a cura di L.A. Muratori, 1731, p. 273), forse sovrapponendolo a de La Salle. Fu comunque subito coinvolto nelle incessanti guerre intra e intercittadine che si svolsero nell’Italia centrale durante il periodo avignonese: nel 1380 lo troviamo a Orvieto con Rinaldo Orsini e Berardo Monaldeschi, capo della fazione dei Muffati.
Nel 1387 risulta al soldo di Antonio Della Scala, in guerra contro Milano; nella circostanza, gli venne impedito da Carlo Malatesta di attraversare i suoi territori. Accanto a Bernardo de La Salle, fu poi tra i comandanti dei bretoni e guasconi che nel 1389 minacciavano Urbano VI. Ma già dal 1390, quando de La Salle lasciò definitivamente l’Italia (per morire pochi mesi dopo), crebbe l’importanza di Serres, considerato unico ‘caporale dei bretoni’, come indistintamente le fonti indicavano tutti i guasconi, bretoni e italiani che combattevano nella sua compagnia. Tra il 1392 e il 1394 operò incessantemente nei territori di Toscana e Lazio: schieratosi con Clemente VII – il papa avignonese – e opposto a Roma e Siena, occupò nel 1393 Montalto di Castro, Corneto (odierna Tarquinia) e Montefiascone.
Egli tentava così di conquistare territori di cui insignorirsi, per rafforzare il proprio status sociale ed elevarsi a signore feudale, come del resto facevano nella stessa epoca altri condottieri.
Dopo un rovescio subito a Viterbo, Serres e i suoi guasconi e bretoni ottennero un significativo successo contro romani e senesi nel 1394: nello stesso anno, Clemente VII lo ricompensò dei servigi per lui prestati in Italia donandogli la signoria su Malaucène, nel contado Venassino, cui si aggiunsero, negli anni successivi, le signorie su Mollans e Noves, sempre nel Sud della Francia. Ancora nel 1395 si trovava nel Lazio settentrionale, dove combatté contro le truppe di Bonifacio IX insieme con Brandolino Brandolini da Bagnacavallo e Cecchino Broglia.
Nel frattempo Serres aveva messo a disposizione del duca Luigi d’Orléans, che progettava un intervento in Italia, le sue armi e i suoi possedimenti nel Patrimonio di S. Pietro, ottenendo come ricompensa un dono di 100 fiorini d’oro da Enguerrand conte di Coucy, luogotenente del duca, che si trovava in quel momento a Pavia presso la corte di Gian Galeazzo Visconti.
Nell’agosto del 1396, due anni dopo la morte di John Hawkwood (Giovanni Acuto), Serres fu nominato capitano di guerra del Comune di Firenze, con una condotta di 200 lance e altrettanti arcieri: si trovò così a contrastare i viscontei, operando sempre in Toscana tra Pisa e Siena. Nel corso di questa campagna Serres dovette affrontare delicati problemi. Nel 1397, mentre si trovava accampato a Colle di Val d’Elsa, fece decapitare con l’accusa di tradimento Bartolomeo da Prato, detto Boccanera, un importante condottiero ai suoi ordini che ne accettava l’autorità con disappunto. La successiva inchiesta dei Dieci di Balìa approvò l’operato di Serres, ma l’episodio minò temporaneamente la fiducia del governo fiorentino in lui e la coesione dell’esercito in campo, sì che Alberico da Barbiano ebbe agio di saccheggiare il territorio di Firenze (salvo poi essere costretto a una precipitosa ritirata quando la situazione nel campo fiorentino si tranquillizzò).
L’anno successivo (1398), anche grazie alla ritirata del da Barbiano nella pianura Padana, Bernardone poté cavalcare contro Pisa raccogliendo un grande bottino e giungendo a minacciare da vicino la città. Nonostante questi successi, nel giugno del 1398 il governo fiorentino – per ragioni di spesa – lo mise «in aspetto», con impegno a rientrare in servizio con 200 lance se necessario. Fu quindi coinvolto nello scontro tra Luigi II d’Angiò e Ladislao d’Angiò-Durazzo, e – presa senza colpo ferire L’Aquila con il concorso del conte di Montorio – fu nominato dall’Angioino nel luglio dello stesso anno viceré d’Abruzzo. Nel 1399, sempre combattendo nell’Italia centrale, si trovava nel territorio di Apecchio, al servizio del Comune di Città di Castello.
Nel 1402 la sua carriera, all’apice del prestigio, traversò un passaggio decisivo. Nuovamente designato come capitano generale dell’esercito fiorentino (1401), nell’anno successivo fu anche comandante in capo dell’alleanza antiviscontea promossa da Giovanni Bentivoglio signore di Bologna, con Firenze, Padova e Ferrara. A capo di contingenti nettamente meno numerosi (solo 7000 cavalieri circa, contro i 15-16.000 di Gian Galeazzo Visconti, guidati tra l’altro dal fior fiore dei capitani del momento: Iacopo Dal Verme, da Barbiano, Facino Cane, Ottobono Terzi), Bernardone fronteggiò l’esercito nemico per alcuni giorni nei pressi di Casalecchio (sulla riva destra del Reno, presso Bologna), e fu attaccato frontalmente (26 giugno 1402). Nonostante il personale valore del comandante (che ferì con un colpo di lancia Ludovico Cantelli) la sconfitta degli alleati fu totale: Serres stesso fu preso prigioniero, con Francesco III da Carrara, da Cane.
Benché, a quanto pare, il guascone avesse consigliato al Bentivoglio di non tentare la sorte contro un nemico preponderante, «per molti» fu «grande isciocchezza quella di Bernardone... a stare a campo in quello luogo» (Cronica volgare..., a cura di E. Bellondi, 1915-1918, p. 278).
Quali che siano state le sue responsabilità nel disastro, impossibili da accertare, la rotta di Casalecchio segnò una svolta nella biografia di Serres che, rimasto senza incarichi nella penisola, ricomparve nel 1404 in Francia, al servizio del duca Luigi d’Orléans, che poco dopo lo nominò governatore di Asti. In tale incarico, ove fu affiancato come vice dal fratello Gration, Serres rimase fino al maggio del 1409, quando – venutogli a mancare l’appoggio del duca, assassinato nel 1407 – il titolo gli fu revocato. Restò tuttavia fedele al figlio Carlo d’Orléans.
Morì nel 1412 combattendo contro le forze del duca di Borgogna presso Villefranche, nel Beaujolais.
Secondo il suo contemporaneo Lapo Mazzei, Serres aveva fama di imprevedibilità e velocità, tanto che di lui si diceva che volasse: «si dice andrebbe per aria» (Lettere di un notaro..., a cura di C. Guasti, 1880, p. 179), afferma infatti il notaio. Secondo la storiografia ottocentesca italiana (Ricotti, 1844), egli fu soltanto uno degli ultimi (e non dei più celebri) capitani stranieri attivi nella penisola prima che, con il da Barbiano, si imponessero le compagnie di italiani. La sottovalutazione di Ercole Ricotti contrasta con l’apprezzamento di Durrieu, la cui biografia di Serres (pur qua e là encomiastica) resta tuttora imprescindibile; lo storico francese vide in lui un abile e valente guerriero che, attraverso il mestiere delle armi, seppe riscattarsi dal ristretto ruolo di semplice avventuriero cui pareva destinato. Anche Michael E. Mallett ne limita sbrigativamente la carriera, come «non particolarmente brillante» (Mallet, 1974; trad. it. 1983, p. 64), ma forse a torto. Serres fu personaggio all’epoca sua non irrilevante; esponente non trascurabile di un periodo di transizione della storia militare italiana, che meriterebbe di essere maggiormente indagato anche attraverso sistematiche ricerche archivistiche.
Fonti e Bibl.: Cronica di Giovanni Morelli, in R. Malespini, Istoria fiorentina, a cura di T. Bonaventuri, 1718, pp. 311 s.; P. Bracciolini, Historia Florentina, a cura di L.A. Muratori, in RIS, XX, Mediolani 1731, p. 273; L. Mazzei, Lettere di un notaro a un mercante del secolo XIV, a cura di C. Guasti, I, Firenze 1880, p. 179, 433; B. Pitti, Cronica, a cura di A. Bacchi Della Lega, Bologna 1905, p. 136; Corpus chronicorum Bononiensium, a cura di A. Sorbelli, in RIS, XVIII, 1, Città di Castello 1905-1939, pp. 475-481; Cronica volgare di anonimo fiorentino, a cura di E. Bellondi, ibid., XXVII, 2, Città di Castello 1915-1918, pp. 168, 218, 231, 278.
I. Columbus, De rebus gestis episcoporum Vasionensium, Lione 1656, pp. 139-142; E. Ricotti, Storia delle compagnie di ventura in Italia, II, Torino 1844, p. 198; C. Baronio, Annales ecclesiastici, XXVI, Parigi 1880, pp. 488 s.; P. Durrieu, Les Gascons en Italie, études historiques, Auch 1885, pp. 175-225; A. Esch, Brandolini, Brandolino, in Dizionario biografico degli Italiani, XIV, Roma 1972, p. 29 s.; M. Mallett, Mercenaries and their masters: warfare in Renaissance Italy, London 1974 (trad. it. Bologna 1983, p. 64); A. Falcioni, Malatesta (de Malatestis), Carlo, in Dizionario biografico degli Italiani, LXVIII, Roma 2007, pp. 17-21; Ead., Malatesta, Galeotto Novello..., ibid., pp. 40-44; A. Santilli, I Monaldeschi di Orvieto tra la fine del Trecento e gli inizi del Quattrocento, in Famiglie nella Tuscia tardomedievale. Per una storia, a cura di A. Pontecorvi - A. Zuppante, Orte 2011, p. 197; P. Grillo, Una generazione in transizione. Capitani e condottieri fra Tre e Quattrocento, in Facino Cane. Predone, condottiero e politico, a cura di A.A. Settia - B. Del Bo, Milano 2014, pp. 18-23 (in partic. p. 22).