Série Léonce
(Francia 1913-15, 38 episodi colorati, dai 10m ai 15m a 16 fps); regia: Léonce Perret; produzione: Gaumont.
Léonce Perret costituisce una delle grandi figure della Gaumont e del cinema muto francese, e, proprio come succede in America a David W. Griffith, la sua carriera copre gli anni che vanno da prima della guerra fino alle soglie del sonoro. Dopo la Prima guerra mondiale Perret girò film negli Stati Uniti e quindi tornò in Francia per dirigere il suo film più noto, Koenigsmark (1923). Le commedie della Série Léonce, girate prima e durante la guerra, differiscono nettamente dal cinema comico coevo che, come è noto, sfrutta prevalentemente i registri del burlesco e del bizzarro. Ora, i film di Perret sono vere e proprie piccole commedie psicologiche che non vogliono far ridere a ogni costo, basta un sorriso… Al centro si trova sempre una coppia formata dallo stesso Léonce Perret e da una compagna, che, nel corso degli anni, sarà interpretata da Suzanne Grandais, Fabienne Fabrèges, Suzanne Le Bret. Straordinarie attrici, impressionanti per la loro recitazione naturale e moderna. Perret, al contrario, dà vita, col suo Léonce, a un personaggio di bonaccione, più abbozzato che realmente rifinito, in linea con la tradizione teatrale. Il contrasto fra i due stili di recitazione (quello della donna, su un registro spontaneo, e quello di Léonce che allude alla tradizione teatrale) funziona perfettamente. Léonce e la sua Poupette formano una delle coppie più belle del cinema.
Come avviene per certe serie dei fumetti, la più celebre delle quali è certamente quella americana di Blondie e Dagwood, la Série Léonce si compone di scenette di vita coniugale. I motivi del disaccordo tra gli sposi è spesso triviale, la riconciliazione finale inevitabile. Ma il tono è leggero, senza cattiveria, profumato di malinconia e con una verve appena anarchica. Siamo nella tradizione dell'umorismo parigino che ritroveremo più tardi ‒ con toni certo assai diversi ‒ nei film dei fratelli Prévert o nelle commedie di Truffaut, oppure compiutamente realizzato in quel tipo di canzone francese che va da Mireille a Trenet. Questi piccoli film vibrano di un umorismo e una tenerezza impregnati di nostalgia delle origini, come certe pagine di Proust o di Colette. In generale l'azione si svolge in un interno borghese, dei cui elementi tradizionali (il letto coniugale è spesso in primo piano) Perret si serve per ricavare bellissimi effetti. Ma i meglio caratterizzati sono soprattutto i film della serie che si svolge in campagna. Léonce e Poupette amano l'aria aperta, i giardini, la spiaggia, ed è evidente che il cineasta Perret ‒ da buon cittadino ‒ adora riscoprire le bellezze della natura. Allora "sulla terrazza", "nella veranda", "dal balcone", divengono luoghi privilegiati. Perret, grande artista figurativo, sfrutta con eleganza e attenzione il 'quadro nel quadro' (che si tratti dell'arco di una veranda o del finestrino di un treno), dove situa e sviluppa le sue piccole commedie dell'intimità. La purezza plastica di queste immagini è di grande poesia e bellezza, sottolineata molto spesso da meravigliosi effetti di colore au pochoir: cosa che, ai nostri occhi di spettatori contemporanei, conferisce loro una certa aria di fragilità e le avvicina agli autocromi (prime foto a colori) e alla pittura impressionista, la pittura dell'aria aperta per eccellenza. I film comici sono i soli, nell'intera produzione cinematografica dell'epoca, a fare a meno degli effetti del pochoir, del colore per imbibizione o del viraggio, come se si fosse detto: non è necessario per questo genere di film cercare effetti estetici, visto che le situazioni e i personaggi fanno ridere… Invece la Série Léonce è dotata di colore, elemento che indica l'aspirazione da parte della produzione (che pure girava in serie) a una precisa ricerca qualitativa.
Queste piccole perle degli anni Dieci figurano come momenti di disimpegno nell'opera più seria e ambiziosa di Léonce Perret. Ma con quale luminosa leggerezza sanno restituire il clima visivo della Belle Époque, quanto talento e quale piacere della regia mettono in mostra! Jean Mitry le giudicava mediocri e Georges Sadoul le considerava lugubri e 'terribilmente brodo della nonna'. Oggi noi le troviamo deliziose e rilucenti di squisita finezza. Non sarà perché, nell'epoca dei MacDonald's, siamo finalmente in grado di apprezzare tutto il sapore del brodo della nonna?
J. Mitry, Léonce Perret ou l'invention d'un langage cinématographique, in Gaumont: 90 ans de cinéma, a cura di Ph. d'Hugues, D. Muller, Paris 1986.
J.A. Gili, L'enfant de Paris, in "1895", hors-série, 1993.
H. Langlois, Léonce Perret. En avance sur son temps, in "Cinémathèque", n. 19, printemps 2001.
M. Lewinsky, Léonce Perret, la bellezza del mondo, in "Cinegrafie", n. 15, 2003.
Léonce Perret, a cura di B. Bastide, J.A. Gili, Paris-Bologna 2003.
J.A. Gili, Léonce Perret: une redécouverte, in "Positif", n. 504, février 2003.