SERGIO VII, duca di Napoli
SERGIO VII, duca di Napoli. – Esponente della dinastia ducale (pervenuta al potere sotto Sergio I) che resse il Ducato napoletano sin dal IX secolo, fu figlio e successore del duca Giovanni VI (a sua volta figlio e successore di Sergio VI e anche lui protosebasto) e di Anna (o Eva) di Gaeta; fu l’ultimo console e duca del Ducato autonomo; data e luogo di nascita sono sconosciuti.
Il governo di Sergio VII (prima del 1123-37) coincise cronologicamente con l’ascesa e il trionfo del conte di Sicilia Ruggero II, che successe al duca di Puglia Guglielmo nel 1127, divenne nel 1130 «re di Sicilia, del Ducato di Puglia e del principato di Capua» e negli anni successivi riuscì a eliminare gli opponenti, e in particolare il principe di Capua Roberto II. A dispetto della sua volontà di resistenza, Sergio VII dovette progressivamente sottomettere il Ducato napoletano a Ruggero II. Inoltre, è molto probabilmente Sergio VII ad aver giurato il pactum Sergii, che riconosceva alla città di Napoli (ultimo avanzo del Ducato) un regime di tipo comunale.
Prima di sottomettersi a Ruggero II, Sergio VII nell’aprile del 1129 concluse un trattato con i Gaetani, il cui testo originale è conservato nell’archivio di Montecassino.
In tale accordo, prometteva loro una pace di dieci anni, garantiva la protezione dei loro beni e navi nel Ducato napoletano, il ricorso al foro gaetano in caso di lite con un gaetano, con diritto di rappresaglia dopo 15 giorni e con clausola di reciprocità. Il documento fornisce una interessante descrizione del Ducato di Napoli, ormai ridotto a una striscia litorale e insulare che comprendeva Ischia, Procida, Pozzuoli, Gipeum (fra Pozzuoli e Posillipo), la fortezza del Castel dell’Ovo (che da poco aveva soppiantato il monastero di S. Salvatore in insula maris), la città di Napoli con il suo porto e Torre del Greco. Inoltre il duca di Napoli manteneva la disponibilità di diritti (o redditi) chiamati tercia – probabilmente risalenti al periodo in cui Gaeta era sottomessa a Napoli – in città e nelle isole gaetane di Ponza, Zannone e Palmarola.
L’assoggettamento ai Normanni era il punto d’arrivo di un lungo percorso (già nel 1048 i Normanni erano sistemati nella pertinentia istius civitatis Neapolis; B. Capasso, Monumenta..., 1881-1892, a cura di R. Pilone, 2008, II, 1, n. 483, pp. 343 s., 26 gennaio 1048).
Prima del Ducato di Sergio VII, a Nola, un vescovo Guglielmo (molto probabilmente normanno) datava i suoi documenti senza riferimento a Napoli e all’Impero (nel 1093, 1105 e 1123); nel 1114 e 1116 Acerra e Suessula (vicino all’odierna stazione di Cancello) avevano un signore normanno, Goffredo de Madania (di Mayenne), che riconosceva l’autorità del principe di Capua; il suo vassallo Riccardo de Avenabile controllava la zona tra Ottaviano e Somma Vesuviana. La progressione dei Normanni portò anche al moltiplicarsi degli insediamenti fortificati (Mugnano di Napoli, Marigliano, Villarica, Patria), mentre tradizionalmente nel Ducato solo le città erano fortificate (la maggior parte dell’insediamento rurale era costituito dai «casali di Napoli»). Vicino Napoli, i Normanni esigevano una tassa specifica, la fidantia: nel 1130, un visconte la riscuoteva a Capodimonte. Il Ducato tendeva a ridursi alla città. Nella bolla che creò il regno di Sicilia, Anacleto II riconobbe al re, tra l’altro, l’honor Neapolis eiusque pertinentiarum (P.F. Kehr, Italia pontificia, VIII, 1935, n. 137, p. 37): la formula, tutt’altro che precisa, significava comunque che il Ducato napoletano doveva essere dipendente dal nuovo regno.
Dopo l’incoronazione di Ruggero II (Natale 1130), Sergio partecipò alla prima resistenza organizzata contro il re con Roberto II di Capua, Rainolfo di Alife, poi Lotario III, i pisani, nonché il papa Innocenzo II. Tuttavia fu costretto a sottomettersi progressivamente, in tre tempi intervallati da periodi di ribellione.
Nel 1131, mentre Ruggero II, che aveva acquisito Amalfi, era a Salerno, Sergio VII, atterrito dalla sua potenza, andò a incontrarlo e si sottomise a lui («eius subicitur dominatui»; Alexandri Telesini abbatis Ystoria Rogerii, a cura di L. De Nava, 1991, II, 12, p. 28); Alessandro di Telese notava in proposito come Napoli, in precedenza mai sottomessa con la forza (ma dimenticava l’episodio di Sergio IV), lo fosse dalla sola parola del nuovo re. A dispetto della sottomissione, i documenti napoletani sono datati secondo gli anni del basileus sino al 1139.
Sin dalla fine del 1131, Sergio VII partecipò di nuovo alla coalizione contro il re; nel febbraio del 1134, i vasi sacri della cattedrale di Napoli contribuirono a pagare l’aiuto richiesto ai pisani e ai genovesi dalla coalizione formatasi contro Ruggero II. Un attacco di quest’ultimo contro il porto di Napoli fu respinto e Napoli accolse il ribelle beneventano Rolpotone. Fu in quell’anno che per la seconda volta nel 1134 Sergio VII si sottomise a Ruggero II, secondo modalità più precise, cioè tramite l’omaggio e il giuramento di fedeltà: secondo Alessandro di Telese «genibus flexis manusque suas manibus suis immittens, suum ei hominium subdidit fidelitatemque iuravit» (ibid., II, 67, p. 56).
A dispetto dell’omaggio, Sergio VII riprese la ribellione; il re assediò la città di Napoli per quasi due anni, dal 1135 al 1137. Le macchine d’assedio tuttavia non bastarono per prenderla; il re dovette abbandonare l’assedio perché Roberto II aveva ripreso Capua e l’imperatore Lotario era entrato in Salerno.
Alla fine, Sergio VII tornò definitivamente alla fedeltà regia: morì combattendo nell’esercito regio alla battaglia di Rignano Garganico (30 ottobre 1137), mentre l’arcivescovo di Napoli Marino seguiva l’imperatore Lotario, nemico di Ruggero.
Dopo due anni (1137-39) di reggimento aristocratico, la città accettò come duca Anfuso, figlio di Ruggero II, già promosso principe di Capua, e nel settembre 1140 Ruggero II fece ingresso solenne nella città.
La documentazione archivistica superstite, concernente Sergio VII, presenta una notevole importanza. Sono ancora conservati infatti i suoi documenti in favore dei monasteri di S. Gregorio Armeno e dei Ss. Severino e Sossio, due dei quali vergati non più nella scrittura dei curiales napoletani, bensì in beneventana e con un formulario inconsueto a Napoli, segno chiaro questo dell’indebolimento delle istituzioni pubbliche e del particolarismo del Ducato. Viene inoltre, e soprattutto, attribuito a Sergio VII (forse agli anni 1129-30) il (non datato) pactum Sergii, tradito da un codice della Vaticana (Ottoboniano Latino 2940, c. 7): scoperto e pubblicato da Bartolomeo Capasso che l’attribuiva a Sergio IV, fu successivamente assegnato a Sergio VII da Francesco Brandileone (1900) e da altri. Si tratta di un importante accordo con le forze cittadine.
Le motivazioni della datazione sono plausibili: oltre alle ragioni lessicali, il pactum ha senso se si suppone che, quando fu giurato, il Ducato era ridotto alla città di Napoli. Con questo patto, il duca Sergio giurava ai nobiles, agli homines mediani e a tutti gli abitanti di Napoli di non molestarli e di far giudicare le liti dai nobiles nella sua curia nell’arco di quindici giorni; garantiva i loro beni e la libertà di sposarsi, di non far guerra né pace senza l’assenso de quampluribus Neapolitanis, garantiva il libero ingresso nella città, prometteva infine di non imporre nuove consuetudines (cioè nuove tasse). Ma in particolare prometteva di rispettare la societas già organizzata dai cittadini o incipiente. Sembra dunque che i napoletani dei diversi ceti avessero costituito un organismo di tipo comunale, che il duca si impegnava a non sciogliere, e a consultarne anzi i rappresentanti, scelti fra i nobiles, per consigliarlo nei campi della giustizia e della politica. Per carenza documentaria non sappiamo nulla sul «Comune» napoletano, ma due documenti, uno emesso da re Guglielmo I nel 1156 (e conservato nello stesso codice del pactum) e un privilegio di re Tancredi del 1190, sembrano riferirsi a patti conclusi fra i diversi ceti della popolazione napoletana. Del resto, i movimenti comunali sono rarissimi nell’Italia meridionale del XII secolo, ma se ne trovano altri esempi a Gaeta e Benevento.
Fonti e Bibl.: Codex diplomaticus Cajetanus, II, Montecassino 1891 (ed. anast. Montecassino 1969), pp. 129 nota a, 242 s.; B. Capasso, Monumenta ad Neapolitani ducatus historiam pertinentia, I-III, Napoli 1881-1892, poi a cura di R. Pilone, II, 2, Salerno 2008, pp. 75-86; P.F. Kehr, Regesta pontificum Romanorum. Italia pontificia, VIII, Regnum Normannorum-Campania, Berolini, 1935 (rist. 1961) Tancredi et Willelmi III regum diplomata, a cura di H. Zielinski, Köln-Graz 1982, pp. 15-19; Alexandri Telesini abbatis Ystoria Rogerii regis Sicilie, Calabrie atque Apulie, a cura di L. De Nava, Roma 1991, passim; Guillelmi I. regis diplomata, a cura di H. Enzenberger, Köln-Weimar-Wien 1996, pp. 36 s.; Falcone di Benevento, Chronicon Beneventanum, a cura di E. D’Angelo, Firenze 1998, pp. 122-198, ad indicem.
B. Capasso, Il Pactum giurato dal duca Sergio ai Napoletani (1030?), in Archivio storico per le province napoletane, IX (1884), pp. 319-333, 530-562, 710-742 (attribuisce il pactum a Sergio IV); M. Schipa, Il Mezzogiorno d’Italia anteriormente alla monarchia. Ducato di Napoli e Principato di Salerno, s.l. 1892-1894, a cura di M. Napoli, Salerno 2002, pp. 200-218. F. Brandileone, Sulla data del «Pactum» giurato dal duca Sergio ai Napoletani, in Rivista italiana per le scienze giuridiche, XXX (1900), pp. 163-188 (poi in Id., Scritti di storia giuridica dell’Italia meridionale, a cura di C.G. Mor, Bari 1970, pp. 183-209; attribuisce il pactum a Sergio VII); F. Chalandon, Histoire de la domination normande en Italie et en Sicile, I-II, Paris 1907 (rist. anast. New York 1960-1969), ad ind.; M. Merores, Gaeta im frühen Mittelalter (8. bis 12. Jahrhundert). Beiträge zur Geschichte der Stadt, Gotha 1911, p. 95; M. Schipa, Nobili e popolani in Napoli nel medioevo in rapporto all’amministrazione municipale, in Archivio storico italiano, s. 7, III (1925), pp. 3-45, 187-248; G. Cassandro, La «Promissio» del duca Sergio e la «Societas» napoletana, ibid., s. 8, 1942, n. 3-4, pp. 135-145; M. Fuiano, Napoli dalla fine dello Stato autonomo alla sua elevazione a capitale del «Regnum Siciliae», in Archivio storico per le province napoletane, n. s., XXXV (1956), pp. 111-258 (in partic. pp. 141-185); G. Cassandro, La fine del ducato, in Storia di Napoli, II, 1, L’Altomedioevo, Napoli 1969, pp. 307-352; J.-M. Martin, Les communes en Italie méridionale aux XIIe et XIIIe siècles, in Villes, bonnes villes, cités et capitales. Mélanges offerts à Bernard Chevalier, a cura di M. Bourin, Tours 1989, pp. 201-210 (in partic. pp. 204 s.); Id., Guerre, accords et frontières en Italie méridionale pendant le haut Moyen Âge, Roma 2005, pp. 96, 224-226; T. Stasser, Où sont les femmes? Prosopographie des femmes des familles princières et ducales en Italie méridionale depuis la chute du royaume lombard (774) jusqu’à l’installation des Normands (env. 1100), Oxford 2008, ad ind.; A. Feniello, Napoli. Società ed economia (902-1137), Roma 2011, pp. 247-256.