SERGIO III, duca di Napoli
SERGIO III, duca di Napoli. – Fratello minore (nato circa il 940) o figlio (nato circa il 950) del duca Marino II (969-976/977) cui successe dal 976-977 alla morte, avvenuta tra il gennaio 998 e il marzo 999. Non si conosce il nome della madre.
Il governo di Sergio coincise con un nuovo apogeo del potere bizantino in Italia meridionale al tempo del basileus Basilio II (976-1025), ma anche con la ripresa, a opera dei sovrani sassoni, delle rivendicazioni e degli interventi nel Mezzogiorno già tipici della politica di Ludovico II, e sostenuti nel Sud da Pandolfo I Capodiferro, principe di Capua e Benevento (943-981), e duca di Spoleto e marchese di Camerino per volontà di Ottone I dal 966-967.
Nessuna fonte prova che fu associato al potere dal padre; di lui si conosce sicuramente solo un figlio, il futuro duca Giovanni IV. È assente qualunque menzione del duca anche in occasione dell’ultima campagna meridionale di Ottone II, tra il 981 e il 982; entrando a Napoli tra l’ottobre e il novembre 981, l’imperatore sassone vi promulgò un diploma il 4 novembre. Ma nulla si sa dei rapporti di Sergio con l’imperatore, se gli abbia riservato un’accoglienza amichevole o se si sia trattato di un’occupazione subita. È certo tuttavia che Sergio non partecipò alla spedizione e alla battaglia di capo Colonna del 13-14 luglio 982 contro i Saraceni, le cui ingenti perdite provocarono la fine degli interventi militari imperiali nel Mezzogiorno fino alla spedizione di Enrico II nel 1022.
Probabilmente nel 991, una flotta saracena attaccò Amalfi (22 luglio), Maiori e Minori, poi entrò nel golfo di Napoli e arrivò di fronte a Stabia. In questa circostanza Sergio guidò la risposta armata che costrinse la flotta a ritirarsi; i Saraceni attaccarono poi Ischia, da cui furono ancora una volta respinti. Secondo i Sermoni agiografici su san Costanzio di Capri (in cui l’autore sostiene di essere testimone degli eventi), in questo caso fu decisivo l’aiuto dei santi Costanzio e Severino di Napoli che provocarono una tempesta, facendo sbandare le navi saracene verso sud. Al di là dei motivi agiografici, si percepisce la capacità del duca nel mobilitare le forze armate del Ducato per la difesa contro i pericoli venuti d’oltremare.
Un episodio alquanto oscuro è documentato alcuni anni più tardi, verso la fine del governo di Sergio, nel 996-997, quando la sede vescovile napoletana sembra fu oggetto di un’usurpazione.
Nel concilio di Pavia di febbraio del 997, papa Gregorio V (996-999; Bruno di Carinzia, pronipote di Ottone I e cugino di Ottone III) minacciò di anatematizzare un «usurpatore napoletano, che ha fatto arrestare l’arcivescovo e si è fatto insediare sul posto grazie all’eresia simoniaca» (Gregorii V. Synodus Papiensis, a cura di G.H. Pertz, 1837, p. 172). Nessun’altra fonte ci documenta sul fatto e l’aggettivo «napoletano» designa la sede, non l’origine dell’usurpatore, che potrebbe dunque venire da un’altra città. L’uso dell’espressione simoniacam heresiam lascia pensare che la denuncia dal pontefice fosse legata a motivazioni di carattere disciplinare.
Non conoscendo né le persone coinvolte, né i motivi e gli intenti dell’usurpazione, né la precisa natura del commercio, ignoriamo se il duca fosse coinvolto nella faccenda. Si può solo notare che il nome dell’arcivescovo legittimo, Sergio I (990 circa-1005 circa), può far ipotizzare una parentela con il duca, e che il tentativo di usurpazione potrebbe essere legato alla cattura, di poco successiva, del duca Giovanni IV (998-1005) a opera del marchese Ademaro, inviato da Ottone III.
La fine del ducato di Sergio e l’inizio di quello successivo sono dunque caratterizzati da una ripresa indiretta delle ambizioni e rivendicazioni ottoniane, tramite l’intervento disciplinare pontificio e l’azione militare di un subordinato.
Di fronte alla minaccia costituita dall’alleanza tra Ottoniani e Longobardi, Napoli si rivolse al protettore bizantino, unico garante della sua indipendenza. Diversamente dai suoi predecessori omonimi, si conservano di Sergio alcuni diplomi (il primo diploma ducale conosciuto, di Gregorio IV, è del 907), non vergati da una cancelleria ducale, ma dal primus curiae, il principale notaio privato della città.
Il più antico diploma di Sergio conosciuto risale al 20 giugno 977 (o 992): il duca, a nome proprio e per conto di un suo giovanissimo figlio (probabilmente il futuro Giovanni IV), concedeva tutti i beni fondiari e gli uomini in loco sancti Negranti (San Nicandro, nei dintorni di Acerra) all’abate Pietro di San Salvatore in insula Maris (Castel dell’Ovo; B. Capasso, Monumenta ad Neapolitani ducatus..., II, 2, 1892, pp. 95 s.). Anche a San Salvatore e al suo abate Sicone (forse successore di Pietro; il diploma sarebbe dunque del 993-998) erano concesse terre ubicate a Casoria (oggi nell’agglomerato urbano di Napoli), che furono di Maria, vedova di Pietro Appianus: si tratta di terre apparentemente raccolte dal potere pubblico, in mancanza di eredi legittimi.
Il primo documento datato sicuramente risale al 6 agosto 992, e non è un diploma: si tratta di una carta in cui Filippo, igumeno del monastero San Sergio e Bacco, dopo una lite e un giudizio di Sergio e dei boni homines (di cui fu stesa una sentenza scritta), confermava ad Alfano, Iohanniperto, Pietro e Guiso le terre già concesse contro un responsaticum, ma poi attribuite ad altri tenutari. Infine si conosce il regesto di un diploma datato genericamente al regno di Basilio II, in cui un duca Sergio (III o IV – il documento sarebbe dunque del 1005-25) concedeva una casa sita nella junctura civitatis di Napoli (la zona del porto, inter murum et muricinum) a Pietro Gaietanus pro bono et fideli servitio que mihi fecisti (B. Capasso, Monumenta..., cit., p. 97). Del 17 gennaio 998 è l’unico diploma di cui si è conservato l’originale fino a tempi recenti (oggi ne esistono solo delle fotografie): Sergio concedeva all’abate Roccio di San Severino e Sossio i diritti di pesca nella metà del lago di Patria appartenente alla pars militiae, cioè al Ducato. Sergio si designava Nos Sergius in Dei nomine eminentissimus consul et dux e anche nobis memorato Sergio dei gratia consul et dux (ibid., pp. 18 s.). Il diploma fu vergato dal primarius Pietro e recava la sottoscrizione autografa del duca + Sergius cons et dux sub + (riproduzione fotografica in Cassandro, 1969, II, 1, p. 169). L’espressione pars militiae appartiene precisamente al vocabolario del sistema di spartizione dei diritti sulla Terra di Lavoro stabilito nei pacta con Arechi di Benevento nel 784 e tra il 784 e il 787. Fino almeno al 986, il lago di Patria era integralmente nel dominio capuano; la spartizione con Napoli venne dunque decisa tra il 986 e il 998, forse come parte di un accordo tra Napoli e Capua dopo l’assassinio del principe Landonolfo nel 993 e l’accesso di Laidolfo di Teano.
L’esistenza di diplomi ducali conservati dall’inizio del X secolo non consente tuttavia, nel caso di Sergio, di individuare i lineamenti di una storia politica del Ducato: la maggior parte dei testi riguarda enti religiosi, e dunque l’amministrazione interna del Ducato, la distribuzione dei beni fondiari e dei diritti. Il diploma per Pietro Gaietanus – forse da attribuire a Sergio III – dimostra l’esistenza di legami personali, privati, di servizio tra il duca e alcuni uomini del Ducato. Solo l’ultimo diploma riguarda la politica estera, e sembra indicare che, intorno al 990, anche in un contesto di politica soprattutto difensiva, Sergio era in grado di negoziare con Capua per trarne dei vantaggi territoriali.
Il bilancio politico del Ducato di Sergio è dunque esiguo e contraddittorio: se difese le coste e ottenne dei diritti sul Lago di Patria, non partecipò però alla spedizione di capo Colonna del 982; d’altro canto, alcune nuove difficoltà in politica interna ed esterna caratterizzarono gli ultimi anni della sua carica.
Fonti e Bibl.: Gregorii V. Synodus Papiensis, a cura di G.H. Pertz, in MGH, Leges (Supplementa tomi I. Constitutiones regum Germaniae), II, Hannoverae 1837, Addendum, pp. 171 s.; B. Capasso, Monumenta ad Neapolitani ducatus historiam pertinentia, I-III, Napoli 1881-1892; Ottonis II. et III., a cura di T. Sickel, in MGH, Diplomata regum et imperatorum Germaniae, II, Hannoverae 1893, p. 307; A. Hofmeister, Aus Capri und Amalfi. Der Sermo de virtute und der Sermo de transito s. Constantii und der Sarazenenzug von 991, in Münchener Museum für Philologie des Mittelalter und der Renaissance, IV (1924), pp. 233-272.
G. Cassandro, Il ducato bizantino, in Storia di Napoli, II, 1, L’Altomedioevo, Napoli 1969, pp. 1-408; C. Russo Mailer, Il ducato di Napoli, in Storia del Mezzogiorno, II, 1, Il Medioevo, Napoli 1988-1989, pp. 341-405; Th. Granier, Transformations de l’église et écriture hagiographique à Naples autour de l’An Mil, in Année Mille, an Mil, a cura di C. Carozzi - H. Taviani-Carozzi, Aix-en-Provence 2002, pp. 149-175; S. Cosentino, Storia dell’Italia bizantina (VI-XI secolo). Da Giustiniano ai Normanni, Bologna 2008; Th. Stasser, Où sont les femmes? Prosopographie des femmes des familles princières et ducales en Italie méridionale depuis la chute du royaume lombard (774) jusqu’à l’installation des Normands (env. 1100), Oxford 2008; A. Feniello, Napoli. Società ed economia (902-1137), Roma 2011; Th. Granier, Santi e reliquie tra terra e mare: il mare e il litorale nell’agiografia campana altomedioevale (secoli VIII-XII), in Ein Meer und seine Heiligen. Hagiographie im mittelalterlichen Mediterraneum, a cura di N. Jaspert - C.A. Neumann - M. Di Branco, Paderbon 2016, pp. 161-176 (in partic. pp. 168 s.).