sereno (agg.)
È originariamente connesso al significato di " chiaro ", " puro ", " senza nubi ", detto del cielo, sul prolungamento del latino serenus: " arma inter nubem caeli in regione serena / per sudum rutilare vident " (Virg. Aen. VIII 528-529); quindi anche dell'atmosfera, " Aer immotus et serenus " (Plin. Nat. hist. XVII XXXVII 5) e, per estensione, del giorno, della notte, " insidiis noctis... serenae " (Virg. Georg. I 426), di una stagione: " aestate serena " (Aen. VI 707), ecc.
La limpidezza e trasparenza dell'aria, contrapposta alle caligini infernali, segnano di letizia l'emergere di D. dall'Inferno al Purgatorio e ne connotano il risorgere alla speranza: Dolce color d'orïental zaffiro, / che s'accoglieva nel sereno aspetto / del mezzo, puro infino al primo giro, / a li occhi miei ricominciò diletto (Pg I 14); così, nell'esempio supremo di Pd XXIII 25, la chiarità luminosa del plenilunio accompagna parabolicamente, attraverso la similitudine, l'apparire di Cristo al pellegrino ultraterreno: Quale ne' plenilunïi sereni / Trivïa ride tra le ninfe etterne / che dipingon lo ciel per tutti i seni, / vid'i' sopra migliaia di lucerne / un sol.
Il vocabolo ha minor forza di suggestione, ma pari senso di vastità e purezza, in un altro paragone, che mira a lumeggiare l'illimpidimento della mente dantesca al risponder chiaro di Beatrice: Come rimane splendido e sereno / l'emisperio de l'aere, quando soffia / Borea, Pd XXVIII 79. Questa sfera semantica accoglie anche l'attestazione di Detto 242 Il su' danzar e 'l canto / val vie più ad incanto/ che di nulla serena, / ché l'aria fa serena: / quando la boce lieva, / ogne nuvol si lieva / e l'aria riman chiara.
Diverso, ma sempre in sede di valori propri, il caso di Pg VII 74 legno lucido e sereno, dove (meglio che all'ebano o al bosso) par si alluda alla pietra preziosa lycnite, lucida e " chiara " (cfr. Parodi, Lingua 371, e Petrocchi, ad l.; il Pézard interpreta qui s. come " bleu ". Per tutta la questione, v. LEGNO).
Espressa figurativamente mediante un accrescimento di fulgore, e quindi tale da trasportare il termine al limite del territorio metaforico, è la letizia che fa più s., più " luminosi ", i visi dei santi, in Pd XXXII 99 Rispuose a la divina cantilena / da tutte parti la beata corte, / sì ch'ogne vista sen fé più serena.
Del tutto traslata si presenta invece la serenità che il cielo volle indurre nel mondo allorché Cesare tolse per sé l'aquila imperiale: presso al tempo che tutto 'l ciel volle / redur lo mondo a suo modo sereno, / Cesare per voler di Roma il tolle (Pd VI 56): si tratta evidentemente della pace universale assicurata all'umanità dalla monarchia, di cui Cesare è il primo esponente; ma su tale direzione, a sollecitare la fantasia dantesca, si annuncia la pace spirituale derivante dall'opera redentrice di Cristo.
Una volta, sulla bocca di un dannato, quindi in chiaro contrasto con le tenebre infernali, suona l'espressione la vita serena (If VI 51) per indicare il mondo terreno, pieno di luce (troppo restrittivo il Pézard che intende: " la vie qu'ont pu connaître à Florence, vers 1283 "). La medesima espressione è usata anche da D. (" Là sù di sopra, in la vita serena ", / rispuos'io lui, " mi smarri' in una valle... ", If XV 49), anch'egli temporaneamente sommerso (si noti la tensione antitetica di Là sù di sopra) nell'aura morta.
Precisa il Bosco (D. vicino, Caltanissetta-Roma 1966, 100-101 n. 6): " Generalmente si pensa che al v. 49 il poeta chiami ‛ serena ' la vita terrena in relazione all'orrore della vita infernale; così come farà poco di poi (v. 57) Brunetto che la chiamerà ‛ bella '. Ma per Brunetto ciò va bene, non per Dante, che non può chiamar ‛ serena ', sia pure in contrapposto con l'infernale, una vita nella quale nello stesso momento dice d'essersi smarrito. ‛ Serena ' significherà qui, come in Inf., VI 51, ‛ illuminata dal sole '. Così il Del Lungo: ‛ illuminata dagli astri ' ".