SERENA DI LAPIGIO, Ottavio
– Nacque ad Altamura il 18 agosto 1837 da Gennaro, avvocato e noto studioso di diritto ed economia, appartenente a un casato patrizio risalente alla fine del XIV secolo, e da Emilia Giannuzzi, di antica famiglia altamurana.
Studiò per sette anni nel Regio liceo di Bari, avendo come docente di letteratura Giulio Petroni, per trasferirsi poi nel 1853 a Napoli, insieme al padre, dopo la morte della madre. Lì si addottorò in belle lettere e filosofia, entrando a far parte negli anni Cinquanta, grazie al genitore che fu promotore d’importanti riviste, del cerchio d’intellettuali liberali che frequentavano la casa di Saverio Baldacchini dove, avrebbe ricordato successivamente, maturò «gran parte della mia morale ed intellettuale educazione» (Per Ruggero Bonghi. In memoria, Sansevero 1895, p. 23). A Baldacchini e a sua moglie, Carolina De Curtis, madre di Ruggero Bonghi, dedicò dei versi e una ricerca su Amantea, città originaria dei Baldacchini, e sulla famiglia (Della città di Amantea e principalmente di una delle sue nobili famiglie, Napoli 1867). Scrisse anche versi (parte dei quali – Versi, Napoli 1864 – ricevettero un lusinghiero commento di Luigi Settembrini), racconti, recensioni e necrologi sulle riviste e le strenne napoletane più note in quegli anni: L’Iride, il Diorama, l’Antologia contemporanea, la Rondinella. Al momento dell’unificazione tornò per qualche tempo ad Altamura, divenendo, prima, segretario del Comitato insurrezionale di Terra di Bari e, poco dopo, del governo provvisorio ivi proclamato. Nel 1861 si laureò in giurisprudenza.
Cooptato nella segreteria del Consiglio generale della Pubblica Istruzione in Napoli, presieduto da Baldacchini, su raccomandazione dello stesso, per il tramite di Camillo De Meis, nel settembre si trasferì a Torino come segretario di gabinetto del ministro Francesco De Sanctis. In questa veste lavorò all’istituzione a Napoli di una scuola di applicazione per ingegneri, di cui sarebbe divenuto segretario. Dopo aver sposato nel 1862 la cugina Maria Priore (con la quale ebbe cinque figli: Maria, Gennaro, Emilia, Niccolò, Irene), pronipote di Luca de Samuele Cagnazzi, ritornò nel 1867 ad Altamura, dove collaborò con i principali fogli locali. Fu eletto così consigliere provinciale (1870), consigliere comunale (1871), sindaco di Altamura per due mandati (1870-75). Battuto per settanta voti nelle elezioni politiche del novembre del 1870, vinse nel 1874 nel collegio di Altamura. Da allora, con l’esclusione delle elezioni del 1876, fu eletto in collegi diversi (Altamura, Gioia, Bari) per sette legislature nelle fila della Destra, cui si mantenne sempre fedele, rappresentando, anche dopo il ‘diluvio universale’ del marzo del 1876, un riferimento tenace e combattivo tanto da meritarsi l’appellativo di ‘Saturno della consorteria barese’. Negli anni di governo della Destra e in quelli della resistenza ai ‘progressisti’ venne stringendo solide amicizie nel mondo politico e intellettuale moderato pugliese e meridionale: Raffaele (‘Fefello’) De Cesare (che fu sempre l’amico più intimo, destinatario di un cospicuo carteggio fitto di versi scherzosi), Vito Sansonetti, Nicola De Crescenzio, Alfredo Codacci Pisanelli, Ottavio Riccardo Spagnoletti, Giovanni Beltrani, Nicola Balenzano, Gaetano Semeraro, Francesco Lomonaco: un tessuto di politici, avvocati e giuristi, che, espressione di uno storicismo giuridico preorlandiano, aveva i suoi punti di riferimento nei più importanti esponenti della Destra meridionale (Silvio Spaventa, Bonghi, Giuseppe Pisanelli, Giuseppe Massari, Carlo De Cesare) e che costituì la base delle associazioni costituzionali meridionali, di cui Serena divenne rappresentante nel comitato centrale. Il loro legame con la realtà locale, gli ‘interessi regionali’, fu tuttavia a volte motivo di risentimento nei confronti dei capitani della Destra, in particolare di Bonghi, accusato di concepire la rappresentanza politica come ‘un’accademia di dotti’.
Non c’è dubbio che la carriera politica di questi rappresentanti di seconda generazione della Destra – una sorta di trait d’union con quella di Antonio Salandra – fu politicamente interrotta, almeno rispetto alle più rosee aspettative concepite. Anche Serena rimase perciò un personaggio stimato, ma di seconda fila sul piano nazionale.
Non fu casuale l’interruzione dell’attività parlamentare o il suo cumulo a vantaggio di incarichi di natura amministrativa: prefetto prima a Pavia (1888) e poi a Lecce (1890), consigliere di Stato con assegnazione alla IV sezione (1891), regio commissario straordinario a Barletta (1870) e a Napoli (1896). In queste cariche si distinse per capacità, indipendenza e imparzialità. Quando nel novembre del 1896 raggiunse la sua carica politica più alta, il delicato sottosegretariato agli Interni nel governo di Rudinì, Giuseppe Zanardelli si rassegnò alla nomina di un uomo della Destra ‘purissima’ perché anticlericale: come commissario a Napoli, infatti, aveva operato con energia contro la lista cattolica favorendo quelle laico-liberali. Tuttavia, nonostante egli si spendesse attivamente sul piano politico e legislativo, la sua figura in una certa misura strideva con l’ispirazione riformatrice che Antonio Starabba di Rudinì voleva far assumere al suo governo. In un discorso ad Altamura all’indomani della nomina si pronunciò a favore del voto plurimo per «commisurare l’influenza alla maggiore o minore capacità, al maggiore o minore censo» (Discorso pronunziato dal sottosegretario di Stato per l’Interno, on. Serena, Roma 1897, p. 5). Fu costretto a dimettersi, sostituito da Giorgio Arcoleo, un anno dopo (il 6 gennaio 1898), ricompensato, tuttavia, dalla nomina a senatore (20 gennaio) e dal riconoscimento del titolo di barone (10 febbraio).
In realtà, era stato soprattutto il suo orientamento politico a relegarlo ai margini dell’attività di governo dall’inizio degli anni Ottanta. Serena, infatti, si distaccò da Marco Minghetti, accostatosi ad Agostino Depretis, e dallo stesso Bonghi, che però difese strenuamente quando nel 1893 fu messo sotto accusa dal re Umberto I e da Giovanni Giolitti. Venne poi avvicinandosi alle posizioni di Spaventa sulla necessità di un sistema politico organizzato attorno a due partiti ben distinti per programmi e fisionomia e di uno Stato in grado di tutelare i cittadini dalla naturale tendenza di partiti e fazioni a corrompere il governo parlamentare. D’altra parte, l’indirizzo politico di Serena fu chiaro e coerente già all’indomani della caduta della Destra, disegnando un liberalismo oligarchico fondato su un regime parlamentare censitario e su una dialettica di partiti costituzionali, «vita dei governi rappresentativi»: intervenne sulla riforma elettorale contro la «tirannide delle maggioranze» in favore di uno scrutinio di lista di tipo proporzionale tale da tutelare le minoranze al di là del voto limitato: «tutti i partiti hanno diritto di essere rappresentati» (Sulla riforma della legge elettorale politica. Tornata del 20 giugno 1881, Roma 1881, p. 23). Fu tra i promotori più attivi delle associazioni costituzionali («avanzi – scriveva però – di un esercito disfatto nel 5 novembre 1876»: In morte del senatore cav. Antonacci. Parole pronunziate il dì 23 ottobre 1877 all’Associazione Costituzionale di Terra di Bari, Trani 1877, p. 3); rifiutò il trasformismo, o ‘confusionismo’, in nome di una nuova identità di Destra e Sinistra; combatté, però, le proposte di perequazione fondiaria e della popolazione come criterio del dazio consumo; sposò la politica di raccoglimento in Africa, ma si oppose con nettezza alla proposta di Sidney Sonnino di riaffidare al sovrano il potere di nomina e revoca dei ministri; fu infine parte attiva dell’orientamento antigiolittiano del Senato, avverso ad ‘avventate’ legislazioni sociali e ad atteggiamenti conciliativi verso i partiti sovversivi, nonostante fosse stato (1902) ipotizzato per lui il ministero dei Lavori pubblici per conquistare il favore della deputazione meridionale.
L’interesse dottrinale e personale per la storia, dalle vicende locali all’organizzazione della ricerca si manifestò fin dalla giovane età, allorché si occupò della storia della sua città, in particolare la resistenza del 1799 alle bande del cardinale Fabrizio Ruffo. Portò alla luce documenti e cronache inedite, e ancor oggi quelle ricerche costituiscono una fonte importante per gli studi su quegli avvenimenti. La convinzione di uno stretto legame tra la conoscenza delle vicende storiche e il tasso di civiltà di un Paese ebbe le sue iniziative più incisive nell’istituzione della Deputazione di storia patria di Terra di Bari (proposta già dal 1871) e, soprattutto, nella relazione al disegno di legge sugli archivi nazionali che costituì il suo intervento più limpido e culturalmente convinto (Relazione alla Camera dei Deputati sull’ordinamento degli Archivi Nazionali, 9 maggio 1882, Roma 1882). Il disegno, che completava i precedenti decreti, prevedeva che con l’Archivio centrale dello Stato fossero istituiti, seguendo l’esempio napoletano, archivi nazionali nei capoluoghi di ogni provincia, a disposizione degli studiosi, sancendo il principio della pubblicità degli atti amministrativi al termine della prescrizione trentennale.
Negli ultimi anni di vita, Serena diradò gli interventi al Senato, concentrandosi nel lavoro sulla giustizia amministrativa al Consiglio di Stato, dove nel 1907 fu nominato presidente della neonata V sezione contenziosa che a quella di legittimità abbinava la giurisdizione di merito. In occasione della sua inaugurazione (4 novembre 1907) pronunciò, sulla scia del pensiero di Spaventa, il suo ultimo importante discorso (Inaugurazione della V Sezione del Consiglio di Stato. Discorso di S. E. il Presidente della V Sezione, in Annuario del Consiglio di Stato, Roma 1908, pp. 117-120).
Morì a Roma il 7 gennaio 1914.
Scritti e discorsi. Oltre a quelli citati, si segnalano: Su una monografia della città di Altamura. Poche osservazioni, Napoli 1859; Alcuni fatti della rivoluzione del 1799, Napoli 1867; Discorso del comm. Serena pronunziato nell’assemblea generale tenuta dall’Associazione costituzionale di Terra di Bari il 23 marzo 1879, Trani 1879; Commemorazione del generale Giuseppe Garibaldi il giorno 17 giugno 1882 in Barletta, Barletta 1882; Discorso alla Camera dei Deputati del 18 maggio 1883 sull’indirizzo politico del Ministero, Roma 1883; Sulla legge di riordinamento dell’imposta fondiaria. Discorso pronunziato alla Camera dei deputati nella tornata del 30 novembre 1885, Roma 1885; Di un’antica Università degli Studi nelle Puglie. Memorie storiche pubblicate nel 1884 ed ora dall’autore rivedute e corrette, Altamura 1887; Relazione del r. commissario straordinario O. S. al Consiglio comunale di Napoli, Napoli 1896; Altamura nel 1799. Documenti e cronache inedite, Altamura 1899; Per l’inaugurazione di una lapide a Silvio Spaventa in Roma, Roma 1899; Disposizioni contro i matrimoni illegali, Roma 1900; La chiesa di Altamura, la serie dei suoi prelati e le sue iscrizioni, Trani 1903.
Fonti e Bibl.: Il cospicuo fondo Serena è conservato presso l’Archivio Biblioteca Museo civico di Altamura. Tra i corrispondenti più noti: i fratelli Michele e Saverio Baldacchini, Ruggero Bonghi, Quintino Sella, Giuseppe Pisanelli, Marco Minghetti, Giacomo Racioppi, Silvio Spaventa, Raffaele De Cesare, Scipione Volpicella, Riccardo Ottavio Spagnoletti. La gran parte degli scritti e dei discorsi sono posseduti dalla Biblioteca Sagarriga Visconti Volpi e dalla Biblioteca provinciale S. Teresa dei Maschi di Bari.
Notizie bibliografiche su Serena possono ricavarsi dalla biografia del padre Gennaro scritta da Carlo Padiglione, Della vita e scritti del cav. Gennaro Serena, Napoli 1864, e dalla raccolta collettanea di commemorazioni, necrologi, ricordi pubblicata all’indomani della morte (Per O. S., Lucera 1915), dove è tracciata una minuziosissima – anno per anno – ricostruzione della vita politica e familiare e di tutte le sue opere: scritti, discorsi, articoli su giornali e riviste, interventi parlamentari. Notizie sul sottosegretariato di Serena in M. Belardinelli, Un esperimento liberal-conservatore: i governi di Rudinì (1896-1898), Roma 1976, ad indicem. Il ruolo di Serena nella difesa di Bonghi è narrato da Benedetto Croce, Ricordi di anni lontani, in La Critica, XXXIX (1941), pp. 97-103. Per l’attività parlamentare: Camera dei Deputati, Portale storico, http://storia.camera.it/deputato/ottavio-serena-18370818#nav (3 aprile 2018); Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale I senatori d’Italia, II, Senatori dell’Italia liberale, sub voce, http://notes9.senato.it/Web/senregno. NSF/ S_l2?OpenPage.