SERDICA (anche Sardica)
Città romana che sorgeva a un dipresso sul luogo dell'odierna Sofia (v.).
Il concilio di Serdica. - Fu tenuto al tempo delle lotte ariane, allo scopo di mettere d'accordo i vescovi orientali, in maggioranza eusebiani, cioè filoariani, con gli occidentali, fedeli al simbolo ortodosso di Nicea. Ma, oltre che sulle questioni propriamente teologiche, i dissensi tra i vescovi delle due parti dell'impero, governate rispettivamente da Costanzo II e da Costante, vertevano sulle persone di S. Atanasio e di Marcello d'Ancira, condannati nei concilî orientali di Tiro e "della Dedicazione" in Antiochia, e riabilitati invece dal sinodo romano sotto papa Giulio I. La fissazione della data del concilio oscilla negli storici m0derni tra l'autunno del 343 (per la convocazione) e, più verosimilmente, secondo E. Schwartz, quello del 342. Parteciparono, a dire di S. Atanasio, 170 vescovi, con una lieve preponderanza degli Occidentali, compensata però dal fatto che gli Orientali si mantennero strettamente uniti e disciplinati. Il papa Giulio fu rappresentato dai preti Archidamo e Filosseno, e dal diacono Leone; la presidenza spettò a Osio di Cordova. Ma gli eusebiani, sostenendo che egli, e il vescovo Protogene di Serdica, non avrebbero dovuto comunicare con Atanasio, Marcello e Asclepa di Gaza, abbandonarono Serdica, ritirandosi nella vicina Filippopoli di Tracia, dove confermarono le condanne di quei tre vescovi, e pronunciarono quelle di Giulio di Roma, Osio di Cordova, Protogene di Serdica, Gaudenzio di Naisso e Massimino di Treviri.
Gli Occidentali, a loro volta, procedettero alla revisione dei processi li Atanasio, Asclepa e Marcello, che furono riabilitati, e condannarono i vescovi intrusi Gregorio di Alessandria, Basilio d'Ancira e Quinziano di Gaza, oltre ai capi del partito ariano, Stefano d'Antiochia, Acacio di Cesarea in Palestina, Menofante di Efeso, Narcisso di Neroniade, Teodoro di Eraclea, Ursacio di Singiduno, Valente di Mursa e Giorgio di Laodicea. Fu preparato anche un simbolo di fede; questo però non venne approvato, confermandosi invece quello di Nicea, benché rimanesse negli atti del concilio. Inoltre furono approvati varî importanti canoni, contro i trasferimenti dei vescovi e le intrusioni sulle elezioni a vescovi di laici, e soprattutto fissando in maniera più precisa i limiti della giurisdizione vescovile e i diritti dei metropolitani e della sede romana in materia di appelli. Inoltre, si venne a un accordo, mediante reciproche concessioni, tra le chiese di Roma e di Alessandria, sulla determinazione della Pasqua.
I canoni ci sono pervenuti in due redazioni, greca e latina, delle quali quest'ultima è da ritenere l'originale. Essi sono stati molto discussi in controversie, specie dal sec. XVII in poi.
Bibl.: Hefele-Leclercq, Hist. des conciles, I, ii, Parigi 1907, pp. 737-823; E. Schwartz, in Nachrichten Götting. Gesell. d. Wissensch., 1911, p. 469 segg.; id., in Zeitschr. f. die neutest. Wisesnsch., XXX (1931), pp. 1-35; C. H. Turner, Ecc. occid. monum. iuris, 2ª ed., I, fasc. 2, p. 3. V. arianesimo.