SERASSI
– Famiglia di organari lombardi, tra le più celebri e importanti d’Italia.
Originaria di Cardano di Gràndola in Val Menaggio, sul lago di Como, si stabilì a Bergamo verso il 1720 e lì condusse l’attività sino al 1895, costruendo oltre 800 organi.
La ditta operò sull’arco di sei generazioni. La guidarono i seguenti membri della florida dinastia di artigiani imprenditori (le informazioni biografiche sui più importanti tra loro – qui di seguito indicati senza date di nascita e morte – sono nella seconda parte della presente voce): 1ª generazione: Giuseppe; 2ª: i di lui figli Andrea Luigi e Giovanni Battista (Bergamo 1727-1808); 3ª: Giuseppe Antonio, figlio di Andrea Luigi; 4ª: la Fratelli Serassi costituita dai numerosi figli di Giuseppe Antonio, ossia Andrea (Bergamo 1776-1842/1843), Carlo, Alessandro, Giuseppe Federico, Giacomo e Ferdinando (Bergamo 1792-1831); 5ª: i figli di Alessandro, ossia Giuseppe jr (Bergamo 1823-1895), Carlo jr (Bergamo 1828-1878) e Vittorio (Bergamo 1829-1903); infine 6ª: Ferdinando jr, figlio di Carlo jr; per le tavole genealogiche v. Berbenni, 2012, I, pp. 49-53). A questa filiera di organari va aggiunto, nella seconda generazione, un altro figlio del capostipite Giuseppe, l’abate Pierantonio, insigne letterato e fautore dell’attività di famiglia (di cui v. la voce in questo Dizionario).
Sede storica della ditta fu casa Biffi Rivola, in via S. Tomaso 1402 (ora 21), acquistata nel 1727. Nel 1823 venne rilevato il palazzo Zanchi, in via Pignolo 1369 (ora 67), rimpiazzato nel 1843 da una residenza ancora più lussuosa, di nuova costruzione, in via Pelabrocco 1387 (viale Vittorio Emanuele II 69): la villa, che includeva terreni e le officine, fu venduta nel 1872 a seguito del fallimento. Fin dal Settecento, i Serassi acquistarono fabbricati e terreni (in particolare a Villa d’Almè, all’imbocco della Val Brembana, a nord del capoluogo) nonché appezzamenti boschivi nelle valli bergamasche. Dal 1804 al 1825 si dedicarono anche a una fervente attività tessile, acquisita dagli eredi di Bonifacio Andreotti, cognato del capostipite Giuseppe; ma già attorno al 1770 avevano intrapreso la coltivazione del baco da seta.
Nel momento di massima espansione, a metà Ottocento, la ditta contava una trentina di lavoranti, attestati a ventiquattro ancora nel 1863. Molti di questi, fin dai primi del secolo, si staccarono e fondarono ditte proprie (Damiani, Giudici, Bianchi, Foglia, Locatelli, Parietti ecc.). La mole del lavoro richiese di nominare due agenti: Attilio Mangili (dal 1818 al 1847) e Giambattista Castelli (dal 1846 al 1870, per un anno insieme a Mangili).
Sotto il profilo artistico, si osservano tre distinte fasi nel lungo percorso dei Serassi. La prima, all’incirca nel trentennio iniziale (1720-50), consistette sostanzialmente nell’assimilazione della scuola lombarda, che proprio a Como, con l’operato di Willem Hermans (1601-1683, dal 1648 in Italia) e Carlo Prati o Prata (ca. 1617-1700), aveva lasciato tracce cospicue.
Attorno alla metà del XVIII secolo, sulla spinta della pratica strumentale (anche nelle chiese) e dello sviluppo dell’orchestra, Giuseppe avviò una progressiva serie di innovazioni volte a superare la timbrica barocca e aperta su un nuovo ideale sonoro, votato all’imitazione dell’orchestra. Egli infatti, nell’organo del Santuario di Caravaggio (1747), «aggiunse la Flutta al naturale, il Fagotto e l’Oboe»; pochi anni dopo, Andrea Luigi «fece al naturale li Timpani, [...] li Clarinetti, il Violoncello, ed altri registri al naturale» (G. Serassi, Descrizione..., 1808, p. VIII). Tale insistenza sulla naturalistica verosimiglianza dei nuovi registri era segno di un preciso itinerario artistico, che continuò senza sosta per tre generazioni: tappe considerevoli furono tra le altre gli organi di S. Alessandro in Colonna a Bergamo (1781), della Chiesa ducale di Colorno (1796) e del Santuario del Crocifisso in Como (1808). Sessant’anni di ricerche tecniche e foniche, in coerenza con lo spirito della cultura illuministica e l’attitudine imprenditoriale lombarda, sfociarono nella definizione di un modello d’organo in grado di «imitare non solo qualunque Stromento da fiato e da arco, ma anche li tanto variati accenti della moderna Musica, come li piani, forti, sforzati, li crescendo, diminuendo ecc., per cui l’Organo può dirsi il vero rappresentante l’Orchestra» (G.P. Calvi, Istruzioni teorico-pratiche per l’organo e singolarmente sul modo di registrarlo, Milano 1833, p. 14).
Nel secondo decennio dell’Ottocento l’attività serassiana entrò in una terza lunga fase: il modello d’organo elaborato in precedenza venne, in sostanza, fissato e quindi perpetuato, pur con lievi varianti, sino a fine secolo. Ma se fin verso il 1850 esso rappresentava il culmine dell’organaria italiana, in seguito venne per due volte superato: prima dal rinnovato ‘organo-orchestra’ degli anni 1860-80 (Lingiardi, Bernasconi); poi, dopo il 1880, dalla prima generazione dell’organo ceciliano (Locatelli, Morettini, Inzoli). La scarsa propensione all’aggiornamento tecnico-stilistico da parte della ditta si sommò alle difficoltà economiche interne – nei rapporti familiari e nei confronti dei fornitori – che condussero alla mancanza di liquidità. Ne conseguì dapprima, nel 1870, l’abbandono della ditta da parte del gerente Castelli e delle migliori maestranze (tra di esse Giacomo Locatelli, attorno al quale sorse una nuova fabbrica, subito allineata con i più aggiornati ritrovati dell’organaria del tempo); poi, negli anni 1871-72, l’apertura del fallimento giudiziario, che permise di recuperare gran parte del debito, ma a prezzo della vendita di numerosi beni e di un forte ridimensionamento. In quegli anni, fu solo Carlo jr a preoccuparsi dell’impresa, mentre i fratelli Giuseppe jr e Vittorio si dedicavano ad altro. Senonché nel 1878, a soli 50 anni, Carlo jr morì, lasciando la ditta al figlio Ferdinando jr, ventitreenne: questi fu ancora in grado di assicurare alla famiglia gli ultimi momenti di gloria, mettendosi in società con l’ex allievo Casimiro Allieri (1848-1900), aprendo una filiale a Modica, in Sicilia, e quindi consentendo la prosecuzione dell’esercizio per almeno tre lustri. Nell’isola vennero installati vari strumenti, tra cui il cosiddetto organum maximum (a tre tastiere e 3386 canne) di Ragusa Ibla (S. Giorgio, 1882). Tuttavia altre difficoltà si affacciarono: nel 1885 la sede siciliana fu ceduta allo stesso Allieri, mentre nel 1894, a soli 39 anni, morì anche Ferdinando jr; restava Vittorio, unico rappresentante, che con atto del 12 novembre 1895 pose fine alla gloriosa storia dei Serassi, cedendo gratuitamente la ragione sociale Fratelli Serassi alla ditta Locatelli, la quale poté così valersi del titolo di Successore alla vecchia Ditta Fratelli Serassi.
L’attività serassiana venne in vari modi riconosciuta dai contemporanei. A seguito della costruzione dell’organo di S. Alessandro in Colonna, la Repubblica Veneta concesse l’esenzione quindicennale dai dazi di frontiera (Terminazione del 21 aprile 1784, ottenuta grazie anche ai buoni contatti dell’abate Pierantonio Serassi). Teorici della musica d’inizio Ottocento, come Carlo Gervasoni (Nuova teoria di musica, Parma 1812, pp. 51-53, 257) e Giovanni Paolo Schulthesius (Sulla musica da chiesa, in Atti dell’Accademia italiana di scienze, lettere ed arti, I, parte II, Livorno 1810, pp. 358 s.), additarono nei Serassi i più eminenti organari italiani. Gli stabilimenti furono visitati da duchi, principi e persino dagli imperatori d’Austria. Nel 1846 il Regio governo lombardo conferì il titolo di Imperiale Regia Fabbrica Nazionale Privilegiata; mentre in seguito all’installazione dell’organo di S. Lorenzo a Firenze (1865) i Serassi ottennero di includere lo stemma regio nella propria insegna. Il modello Serassi venne indicato come riferimento nazionale nei due principali metodi d’organo dell’epoca (Castelli, 1862; Maglioni, 1878). A corredo dei numerosi strumenti fiorirono componimenti poetici, ritratti, articoli di giornale e l’esteso carteggio (759 lettere, dal 1764 al 1890).
Giuseppe, nato a Cardano di Grandola l’11 ottobre 1693 da Carlo Andrea e dalla nobile Maria de’ Rossi, sposò Angela Maria Andreotti, sorella di Bonifacio, imprenditore tessile trasferitosi a Bergamo all’inizio del Settecento. Al 1720 risale la prima notizia di Giuseppe in Bergamo, organista nella vicina Seriate. Non è noto il percorso formativo, ma l’analisi degli strumenti rivela un’eccellenza di fattura fin dall’inizio. Risultano superstiti gli organi di Ambivere (santuario del Castello, 1723, parziale), di Sombreno di Paladina (1737) e del monastero dell’Annunziata in Zogno (1739), tutte località bergamasche. Morì a Crema il 1° agosto 1760.
Andrea Luigi, figlio di Giuseppe, nacque a Bergamo il 19 maggio 1725. Nel 1749 sposò Maria Catterina Bertarelli (1728-1756), originaria di Velzo di Grandola. Alla prematura scomparsa della consorte decise di farsi prete (1757). Sulla scia del padre, apportò all’organo significative innovazioni, tra cui il ‘tiratutto preparabile’ per consentire l’inserimento momentaneo di qualsiasi registro; l’idea venne suggerita dai fratelli Caniana, architetti e intarsiatori di Alzano Lombardo, nel 1776. Perfezionò e introdusse nuovi registri (Timballi, Tromba, Violoncello, Clarinetto); tra i suoi strumenti esiste ancora quello di Consiglio di Rumo (1761). Morì a Bergamo il 30 dicembre 1799.
Giuseppe Antonio, figlio di Andrea Luigi, nacque a Bergamo il 16 novembre 1750. Nel 1774 sposò Anna Maria Monaci (1757-1794) dall’unione con la quale nacquero 14 figli. Fu forse l’esponente più celebre della famiglia, sia per la capacità inventiva – insieme al padre e al figlio Carlo – sia per la cultura. Possedeva e conosceva i trattati di Costanzo Antegnati (L’arte organica, 1608) e di Dom Bédos de Celles (L’art du facteur d’orgues, 1766-1778). Dal 1802 al 1806 fu anche presidente del Consiglio comunale di Bergamo. Fu artefice di organi grandiosi, tra cui quelli di S. Alessandro in Colonna a Bergamo (1781, a tre tastiere, con la prodigiosa meccanica sotterranea lunga 33 metri, che permetteva di governare due organi situati in cantorie diverse una di fronte all’altra), della cattedrale di Parma (1787), di S. Tommaso a Torino (1788), del duomo di Guastalla (1794), della chiesa ducale di Colorno (1796) e di Urgnano (1798). La passione per la ricerca storica, mutuata dallo zio Pierantonio, lo portò a concepire una storia dell’organaria italiana, ch’egli dovette però abbandonare ripiegando su pubblicazioni più modeste ma comunque preziose, ossia la Descrizione dell’organo del Crocifisso di Como (Como 1808) e il piccolo trattato Sugli organi (Bergamo 1816), con l’annesso Catalogo degli organi fabbricati da’ Serassi di Bergamo (quest’ultimo poi aggiornato a più riprese da Castelli; facsimile in Mischiati, 1975). Adottò il somiere a vento ‘a borsini’ (Colorno), volto a perfezionare la tenuta dell’aria; altre migliorie (ideate insieme al figlio Carlo) furono l’unione-tastiere a pedale e l’ampliamento dell’estensione della tastiera, su esempio di quanto avveniva nei coevi pianoforti. Morì a Bergamo il 19 febbraio 1817.
Carlo, figlio di Giuseppe Antonio, nacque a Bergamo l’8 dicembre 1777. Considerato il miglior organaro di tutta la famiglia, gli si devono le invenzioni della Terza mano, la Gelosia per l’Espressione e il registro delle Trombe a squillo; introdusse la Banda turca e i pedaletti per l’inserimento dei registri. Tra i suoi organi spiccano quelli del Carmine a Venezia (1822), di S. Maria di Campagna a Piacenza (1823-38, commissionato da padre Davide da Bergamo), di S. Maria Maggiore a Trento (1827), di S. Caterina a Bologna (1828), della primaziale di Pisa (1832) e della chiesa del Gesù a Roma (1832). Nel 1829 venne aggregato all’Accademia filarmonica di Bologna nella classe dei suonatori. Morì a Bergamo il 4 agosto 1849.
Alessandro, figlio di Giuseppe Antonio, nacque a Bergamo il 13 novembre 1781. Nel 1822 sposò la nobile Caterina Cucchi (1806-1881), da cui ebbe otto figli. Pur continuando a lavorare per l’azienda fraterna (come «distinto costruttore delle canne di metallo»; Castelli, 1864, p. 11), nel 1831 si dissociò, primo segno della crisi nei rapporti familiari. Morì a Bergamo il 31 dicembre 1870.
Giuseppe Federico, figlio di Giuseppe Antonio, nacque a Bergamo il 21 febbraio 1786. Interamente votato al lavoro in fabbrica e all’esterno, venne elogiato per l’organo di Tivoli (1844); alla sua direzione si deve uno dei più famosi organi Serassi, ancora presente nella parrocchiale di Feletto, presso Torino (1826). Morì a Bergamo il 6 settembre 1849, un solo mese dopo il fratello Carlo, con il quale condivideva bravura e qualità.
Giacomo, figlio di Giuseppe Antonio, nacque a Villa d’Almè il 2 novembre 1790. Gli spettò primariamente la direzione interna della fabbrica, in particolare dopo la morte dei fratelli Carlo e Giuseppe Federico. Si distinse nella costruzione di importanti organi su tutto il territorio nazionale e in Sudamerica: nella cattedrale a Ragusa (1858), in S. Paolo fuori le mura a Roma (1858), in S. Agostino a Treviso (1858), nel teatro alla Scala di Milano (1861), a Guayaquil in Ecuador (1861), a Buenos Aires (in Nostra Signora di Monserrat e nella chiesa dell’Immacolata; 1867-68). Nell’inaugurazione dell’organo a tre tastiere in S. Lorenzo a Firenze (1865) Vittorio Emanuele II lo nominò cavaliere dell’ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro. Morì a Bergamo il 4 aprile 1877.
Ferdinando jr, figlio di Carlo jr, nacque a Bergamo il 13 gennaio 1855. Fu l’ultimo esponente della ditta, dal 1878 al 1894. Vista la schiacciante concorrenza al Nord, intuì – anche grazie alla collaborazione con Allieri – che sarebbe stato opportuno aprire una succursale in Sicilia: il che in effetti permise la costruzione di alcuni strumenti importanti (il già ricordato organum maximum di Ragusa Ibla; Tripoli, 1888-89). A Retignano di Stazzema, sulle Alpi Apuane, si conserva forse l’ultimo organo della ditta (1890). Morì a Bergamo il 31 luglio 1894.
Fonti e Bibl.: La bibliografia sui Serassi è compendiata in Berbenni, 2012.
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